Da un approfondimento disponibile sul sito di Ars (Agenzia regionale di sanità) Toscana e tratto anche da un report diffuso ieri dall’Istituto Superiore di Sanità, risulta che ad oggi esista una forte differenza di genere tra uomini e donne a proposito del rischio di infezione e di mortalità da Covid-19, totalmente a vantaggio delle donne.
In Cina i dati ufficiali dell’epidemia presentano un tasso di letalità al 4,7% negli uomini a fronte del 2,8% riscontrato nelle donne. I dati italiani confermano questo andamento: l’ultima analisi dell’ISS su un campione di 18.641 pazienti deceduti e positivi all’infezione in Italia, ha evidenziato che le donne decedute dopo aver contratto infezione da SARS-CoV-2 sono solo il 35,% dell’intero campione, pur avendo un’età più alta rispetto agli uomini (età mediane: donne 83 – uomini 79).
In Toscana, secondo quanto riportato nell’ultimo rapporto Ars sui dati della Piattaforma ISS alimentata dai Dipartimenti di Prevenzione, se per la numerosità dei casi esiste un equilibrio tra i due generi, gli uomini necessitano più frequentemente delle donne del ricovero ospedaliero (tasso di ospedalizzazione: 54,3 per 100.000 residenti vs 33,7) e della terapia intensiva (tasso di ricovero in terapia intensiva: 6,3 per 100.000 contro 1,6). I casi con un quadro clinico severo o critico sono il 28% tra gli uomini e il 18,1% tra le donne. La letalità nel campione toscano infine è il 7,6% tra gli uomini e il 3,8% tra le donne.
«Tutti questi dati confermano come anche in Toscana si propenda per delle conseguenze di salute del Covid-19 fortemente sbilanciate per genere – commenta Fabio Voller – cordinatore dell’Osservatorio di epidemiologia dell’Ars – Ricordiamo preliminarmente come le donne abbiano in Toscana e in Italia un’aspettativa di vita più lunga degli uomini, ma vivano più spesso gli ultimi anni di vita in una condizione di disabilità maggiore, e come invece le comorbidità come le patologie cardiovascolari affliggano maggiormente il genere maschile, un fattore spesso concorrente al Covid-19».
Ma quali sembrano essere i fattori che entrano direttamente in gioco?
- Negli uomini esiste una prevalenza di fumatori maggiore rispetto alle donne e, come sappiamo, il fumo rappresenta un fattore di rischio per contrarre la malattia e per sviluppare un quadro clinico più grave.
- Le donne sono più attente all’igiene personale e al lavaggio delle mani, che come sappiamo è un fattore che gioca un ruolo fondamentale nella contrazione del virus.
- Uomini e donne inoltre differiscono anche nella risposta immunitaria: le donne sviluppano maggiori risposte immunitarie verso patogeni, compresi i virus, motivo per cui sono meno suscettibili a contrarre infezioni da microrganismi.
- Nuove evidenze scientifiche mostrano che, tra uomo e donna, vi sono delle differenze nei meccanismi che stanno alla base della generazione dell’infezione. Differenze che possono essere sia di tipo ormonale che genetico.
Per quanto riguarda le differenze ormonali, sono proprio gli ormoni sessuali che agiscono come importanti modulatori delle risposte immunitarie.
Nelle donne in età fertile gli estrogeni sono in grado di aumentare la presenza del recettore ACE2, facendo sì che questo enzima, anche dopo l’infezione, riesca a svolgere la sua funzione di protezione, in particolare nei confronti dei polmoni. Viceversa, gli ormoni androgeni sembra che svolgano un ruolo opposto nell’influenzare l’espressione di enzimi cellulari coinvolti nelle fasi che seguono l’attacco del virus al recettore, favorendo le fasi successive dell’infezione delle cellule polmonari.
Infine non va dimenticata la differenza legata ai cromosomi sessuali, che sembra avere in ipotesi una maggiore espressione di quella proteina che può avere effetti protettivi nei polmoni per le donne rispetto agli uomini.
Si sottolinea infine – suggerisce Ars – come sia necessario, quindi, approfondire ed effettuare studi specifici, anche retrospettivi, per valutare il ruolo degli ormoni sessuali nelle differenze di genere riscontrate durante questa pandemia.