Terapia intensiva

Coronavirus, i nuovi contagi potrebbero scendere. Occhio a Milano e a chi è sceso al Sud

«La curva dei contagi in Italia a breve dovrebbe scendere. Le misure aggressive e drammatiche che il Paese ha intrapreso tendono a distruggere il tessuto connettivo e sociale in cui il virus si propaga. Lo abbiamo visto in Cina. L’effetto è visibile in due settimane, ma se questa curva sembra ci sollevi, purtroppo è la prima battaglia di una guerra. E ci saranno altre battaglie».
Lo ha detto Alessandro Vespignani del Science Intitute Network di Boston, ospite di IMezz’ora in più su Rai 3.

Molto dipenderà dagli altri paesi

«Quali saranno queste battaglie – ha aggiunto – dipenderà anche dagli altri paesi, perché mandiamo via il virus dall’Italia non lo mandiamo via dal mondo. Bisogna tenere la guardia alta e fare più controlli e più tamponi, cosa che sarà possibile perché ci saranno meno casi, intervenire sui viaggi e sulla mobilità. C’è un resto del mondo – insiste – come ad esempio l’India, che ha miliardi di abitanti e che anche lei vivrà la sua epidemia. Questa è la prima battaglia di una lunga guerra e questo virus non ha paragoni in termini di impatto, forse con la Seconda guerra mondiale».
Infine, secondo l’esperto è probabile che «venga infettato dal 30 al 60% della popolazione di un Paese, prima che si smorzi il virus, questi numeri fanno paura ma quello che stiamo facendo è sparpagliarli per non far collassare il sistema sanitario. Dobbiamo guardarli in questa ottica».

Fari puntati su chi è sceso al Sud

«Il pericolo c’è ed è bene che ci si prepari. Le epidemie non sono fisse e i virus viaggiano. Quello che è successo l’altra domenica chiaramente preoccupa perché decine di migliaia di persone si sono spostate da aree ad alta incidenza verso aree a bassa incidenza: il sud è a rischio di catene di trasmissione che prima non avrebbe avuto». Così il direttore del dipartimento di Malattie infettive dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss), Gianni Rezza, ospite di Mezz’ora in più su Rai 3.
«A questo punto – ha proseguito – è necessario costruire, prepararsi non solo per la ricettività ospedaliera, dal punto di vista delle terapie intensive e sub-intensive, ma anche aumentare la sorveglianza, intercettare le prime catene di trasmissione. C’è una finestra di opportunità entro cui è possibile interrompere la trasmissione, che può consentire di non far accadere al sud quello che è accaduto al nord. Ma la finestra è ora, era ieri, era l’altro ieri. Bisogna intervenire subito per arginare le infezioni».

Grande scommessa ruota su Milano

«Siamo già in una situazione molto complessa, soprattutto in alcune aree del Paese e della Lombardia. La grande scommessa, perdonatemi se lo dico, è vedere quanto riusciamo tenere fuori Milano e l’area metropolitana da una manifestazione di massa» della Covid-19.
Così Massimo Galli, responsabile di Malattie infettive all’ospedale Sacco di Milano, in prima linea contro l’emergenza Covid-19, e ordinario dell’università Statale del capoluogo lombardo, ospite in collegamento telefonico a Mezz’ora in più su Rai3. L’esperto invita infatti a considerare «tutto quello che comporterebbe” questa evenienza “a carico degli ospedali».
«Non chiedo misure più drastiche. Chiedo che si completi una serie di azioni di contenimento a livello dei territori in senso stretto». Quella contro il coronavirus «è una battaglia che vinciamo negli ospedali, ma questi sono retrovie. Finché continuano a ricevere malati dal campo di battaglia è evidente che non potranno che collassare un giorno o l’altro», aggiunge.
«Il discorso è che la battaglia va vinta sul territorio. C’è da fare ancora qualcosa in più secondo me, soprattutto nelle aree in cui abbiamo una quantità sempre maggiore di nuovi casi, per completare la valutazione in termini epidemiologici, per seguire i contatti e fare in modo che possano essere quarantenanti. Questo tipo di cose a cui non possiamo rinunciare se vogliamo finire presto» con l’emergenza.

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