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Coronavirus: «Nel sangue cellule spia per evitare effetti mortali»

Nel sangue dei malati di Covid-19 circolano delle cellule spia che potrebbero aiutare a scongiurare le complicanze mortali dell’infezione. Sono i progenitori endoteliali (Epc), quelli da cui derivano i ‘mattoncini’ che rivestono la parete interna dei vasi sanguigni, e a svelarne il possibile ruolo chiave come biomarcatore da misurare e monitorare è uno studio dell’Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano.

I risultati della ricerca, sostenuta anche da Fondazione Airc e coordinata da Francesco Bertolini e Patrizia Mancuso, rispettivamente direttore e vice direttore del Laboratorio di Ematoncologia Ieo, sono diffusi sulla piattaforma Medrxiv. 

«Un nuovo tassello si aggiunge al complesso puzzle dei meccanismi di attacco del virus Sars-CoV-2 – spiega Bertolini – È ancora poco ciò che sappiamo su cosa succede a livello cellulare quando avviene il contagio, su come il virus si diffonde all’interno del nostro corpo, su quali organi attacca per primi e perché. Noi abbiamo studiato il sangue dei pazienti affetti da Covid e abbiamo dimostrato che, sin nelle fasi iniziali della malattia, c’è un aumento significativo di progenitori endoteliali (Endothelial Progenitor Cells, Epc), le cellule normalmente deputate alla formazione, alla riparazione e al rimodellamento dei vasi. Dunque questi progenitori sembrano essere fra i primi bersagli del virus, che pare anche in grado ucciderne una parte rilevante».

Un recente studio svizzero aveva già dimostrato la presenza di particelle virali nelle cellule endoteliali dei vasi dei pazienti Covid, precisano dall’Ieo, ma non si aveva idea di quando avvenisse questa invasione. 

«Per capire e curare Covid-19 – prosegue Bertolini – è fondamentale determinare in quale fase del suo sviluppo avviene l’attacco virale a un determinato organo; nel nostro caso, alle cellule endoteliali. Queste cellule, una volta uccise dal virus, potrebbero infatti essere la causa sia delle complicanze trombotiche, comuni in questa malattia, sia di altre complicanze quali ad esempio le lesioni cutanee da coronavirus, recentemente descritte come un’altra delle possibili manifestazioni dell’infezione. Queste complicanze possono derivare dai tentativi di riparazione dell’albero vascolare, basati sulla mobilizzazione dei progenitori endoteliali che dal midollo osseo e dai tessuti adiposi attraversano il sangue periferico per giungere in soccorso ai vasi colpiti. In questo tragitto i progenitori possono a loro volta essere infettati dal virus e soccombere».

Le complicanze vascolari e trombotiche sono una delle cause più importanti della mortalità da nuovo coronavirus, finora difficilmente prevedibili, osservano gli scienziati Ieo. «La possibilità di misurare i progenitori endoteliali nel sangue – conclude Bertolini – si candida dunque a diventare un biomarcatore per la scelta della terapia più appropriata nelle fasi iniziali della patologia, per ridurne le complicanze fatali. Il nostro prossimo passo è studiare questa ipotesi, misurando queste cellule in tutte le fasi della malattia, nel corso della terapia e durante il processo di guarigione, per capire come correlino con la severità delle complicanze e il successo della terapia». 

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