Una famiglia su cinque in Italia è in grave difficoltà economica per l’emergenza Covid-19 e il 40% dei nuclei teme la disoccupazione, subito o il prossimo anno, con la paura concreta di ridurre le proprie entrate. Lo rileva una società di ricerca del gruppo Cerved, Innovation Team. La società, attiva nella gestione del rischio di credito, monitorerà ogni mese l’impatto e l’evoluzione della crisi Covid-19 su 500 nuclei familiari, stratificati per reddito, composizione e area geografica.
Le conseguenze dell’epidemia e del lockdown sulle disponibilità economiche delle famiglie italiane, secondo le prime interviste, si stanno facendo sentire: una su 5 (21,2%) accusa un impatto molto pesante sul reddito, quota che sale al 32,2% nella fascia meno abbiente (fino a 20.000 euro netti all’anno), e quasi la metà (47,8%) ha dovuto intaccare i risparmi, il 18,6% in maniera consistente. Solamente il 25,4% ha avuto contraccolpi trascurabili. Secondo le famiglie, la crisi non sarà passeggera e le aspettative per il 2021 sono anche peggiori.
Il 37,5% delle famiglie teme molto (il 23,2% moltissimo) la chiusura dell’azienda o la perdita del lavoro per almeno uno dei componenti, percentuale che sale al 41,2% se si ragiona sul prossimo anno. Idem per la perdita di reddito: il 43,6% crede che subirà una forte riduzione delle entrate (il 47,3% se si ragiona sul 2021), pur continuando a lavorare, e il 45% pensa di non poter mantenere i risparmi (53% tra i redditi bassi). Il segmento però che sta pagando il prezzo più alto in tutti gli ambiti esaminati è quello delle famiglie con reddito basato sul lavoro autonomo.
Il 31% di queste ha avuto un crollo delle entrate (contro il 21,2% della media) e il 34,9% ha dovuto intaccare in modo consistente i risparmi (contro il 18,6%). Ciò si traduce, per il 50-60% di questi nuclei familiari, in una visione più negativa del futuro: una su due è molto preoccupata per la possibile chiusura dell’attività (50,1%) o per la perdita del lavoro (48,6%), quasi il 60% teme una consistente perdita di reddito (58,1%) o di non riuscire a mantenere i propri risparmi (57,4%).
La crisi ha poi determinato notevoli cambiamenti nelle capacità di consumo: solamente il 15,7% delle famiglie crede di potere affrontare la crisi con serenità, mentre il 22,4% (il 30% tra le meno abbienti) prevede di dover rinunciare anche a spese per bisogni primari come la salute, la cura dei familiari e l’istruzione. Già nell’ultimo anno, il 52,2% (che diventa addirittura il 68,5% nelle fasce con reddito più basso) non ha fatto ricorso a prestazioni in ambito sanitario, anche importanti (17,9%), ma oltre la metà (55%) le ha posticipate a causa dell’emergenza sanitaria, sia per paura del contagio che per non sovraccaricare gli ospedali.
Ma ci sono anche alcuni aspetti positivi: il lockdown ha dato un forte impulso all’adozione dello smart working, destinato a cambiare l’organizzazione del lavoro in modo permanente e a diventare la modalità principale per il 22,9% degli intervistati, mentre il 47,5% lo utilizzerà in modo parziale ma sistematico. Il 57,5% di chi lo ha sperimentato lo giudica un’esperienza positiva e il 49,7% è soddisfatto di come ha potuto condurre le attività ordinarie, mentre solo il 34,1% lo valuta altrettanto efficace nello sviluppo di nuovi progetti. (AdnKronos)