Mentre la campagna di vaccinazione in Italia procede fra regioni più o meno virtuose e qualche polemica, il vaccino anti Covid diventa terreno di scontro con no vax e scettici, che escludono di ricorrere al siero studiato per contrastare la pandemia. Ma cosa rischia il lavoratore che si rifiuta di vaccinarsi? A rispondere è il sito d’informazione legale laleggepertutti.it.
Il punto di partenza è che sarà “molto difficile che un’azienda riesca a licenziare un lavoratore che non ha fatto il vaccino anti-Covid con la scusa che può contagiare gli altri. Le probabilità di giustificare quel provvedimento sono veramente scarse. Ad oggi, infatti, non c’è scritto da nessuna parte che sia obbligatorio vaccinarsi e non c’è alcuna legge che imponga di farlo nemmeno a chi svolge una particolare mansione che lo porta a contatto con gli altri”, spiega laleggepertutti.it, che aggiunge quindi come “punire un lavoratore con la massima pena per non aver fatto qualcosa che non è obbligatorio fare sarebbe inammissibile”.
Ma non è tutto: “L’assenza di una norma che preveda l’obbligo del vaccino – continua il sito d’informazione legale – impedisce il licenziamento anche dal punto di vista della salute e la sicurezza sul luogo di lavoro. Se un dipendente rifiuta il siero, il suo datore, come abbiamo visto, non può cacciarlo via ma, semmai, deve aumentare le precauzioni all’interno dell’azienda per garantire quanto richiesto dal Codice civile in materia, appunto, di tutela degli altri lavoratori. C’è, infine, un’altra questione da non sottovalutare: il dipendente – si legge – non è tenuto a dire al suo datore se ha fatto o meno il vaccino. Motivo in più per non poterlo licenziare”.
Attualmente, spiega però laleggepertutti.it, “non è stata emanata alcuna legge volta a rendere obbligatorio il vaccino contro il Covid-19, ciò nonostante si parla di una patente sanitaria che autorizzerà i vaccinati a viaggiare o a partecipare a manifestazioni pubbliche come concerti o ad andare a cinema. E già si parla della possibilità per le aziende di licenziare chi non si vaccinerà”.
Sul tema, sottolinea quindi il sito di informazione legale, “gli esperti del diritto si sono già divisi in due categorie. Secondo alcuni, la risposta è affermativa: è legittimo il licenziamento del dipendente che non si vaccina. E ciò perché l’articolo 2087 del Codice civile stabilisce che ‘Il datore di lavoro è obbligato ad adottare tutte le misure suggerite da scienza ed esperienza, necessaire per garantire la sicurezza fisica e psichica delle persone che lavorano in azienda’. Secondo altri invece, in assenza di un’apposita norma di legge, il datore di lavoro non potrebbe di fatto procedere al licenziamento per non essersi il lavoratore sottoposto a un vaccino non obbligatorio”.
Tuttavia, continua laleggepertutti.it, “l’articolo 20 del Testo unico sicurezza sul lavoro (ossia il Decreto legislativo n. 81 del 2008) stabilisce un vero e proprio obbligo di cooperazione da parte del lavoratore nel rispetto e nell’osservanza delle prescrizioni a tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Questo apre la porta a diversi scenari: non solo una corresponsabilità in caso di incidenti sul luogo di lavoro, sia che riguardino la propria persona ma soprattutto se coinvolgono altri dipendenti o perfino soggetti terzi e, in secondo luogo, un’inevitabile responsabilità disciplinare in caso di inosservanza agli obblighi dettati”.
“Sempre il testo unico sulla sicurezza del lavoro – si legge ancora – stabilisce l’obbligo del datore di lavoro di allentare il dipendente qualora sopraggiunga una inidoneità alla mansione per varie ragioni, quale anche un’invalidità derivante da fattori esterni, come un incidente automobilistico per esempio. Su questa norma si basa la tesi in favore del licenziamento per chi si sottrae all’obbligo vaccinale (che comunque ancora non esiste): il lavoratore sarebbe inidoneo a qualsiasi attività, poiché potenzialmente infetto, dunque deve essere licenziato”. (AdnKronos)