Buona la produzione di olio in Toscana, che chiude questo 2018 con un più 30% rispetto all’annata precedente, quella considerata disastrosa perché ferma a quota 100 milioni di litri. «Siamo ancora lontani dai livelli di dieci anni fa, quando si toccavano punte di 200 milioni di litri, ma già quest’anno siamo in ripresa», commenta Ritano Baragli, vicepresidente di Confcooperative-FedAgriPesca Toscana.
La Toscana è una delle poche regioni italiane che può vantare un segno più sulle stime produttive, con punte in alcune zone della regione che arrivano fino ad un incremento del 50%. «Questa diversificazione da zona a zona è colpa del vento gelido dello scorso febbraio, che ha danneggiato drasticamente alcune varietà di piante come il Frantoio, mentre ha lasciato intatte altre varietà più resistenti – spiega Baragli – Per fortuna le condizioni climatiche sono state poi favorevoli e hanno favorito una buona maturazione».
La qualità «è buona, abbiamo diverse punte di eccellenza. Le olive sono sane e anche il temutissimo attacco della mosca è stato ben contrastato».
Risultati positivi per le aziende che però rischiano di essere vanificati da una situazione che si sta delineando in Toscana. «È a rischio la coltura di olivi che fa bello il paesaggio toscano, quello collinare – spiega il vicepresidente di FedagriPesca – questo a causa della concorrenza con impianti specializzati, soprattutto nelle zone costiere pianeggianti, che consentono la raccolta meccanizzata delle olive. Nel prossimo futuro, e parlo di 3-4 anni, si creerà una differenza molto forte di redditività degli oliveti tra le zone interne collinari e le zone pianeggianti. Per questo è necessario un’azione politica incisiva. Chiediamo alla Regione Toscana il sostegno per avviare interventi mirati per mitigare queste differenze, penso ai terrazzamenti o ai muretti a secco, altrimenti il rischio è che gli oliveti in collina vengano abbandonati».