L’8 febbraio 1587 avviene l’esecuzione tramite decapitazione della regina di Scozia, la quarantaquattrenne Maria Stuart, fatta giustiziare con l’accusa di cospirazione per assassinare la cugina, la regina d’Inghilterra Elisabetta I.
Maria Stuarda nacque nel palazzo di Linlithgow, nel Lothian Occidentale, l’8 dicembre 1542, dal re Giacomo V di Scozia e dalla sua seconda moglie, la duchessa francese, e vedova del ciambellano di Francia Luigi II d’Orleans Longueville, Maria di Guisa, che alcuni anni prima era stata oggetto di scandalo per il suo rifiuto di divenire la quarta moglie del sovrano inglese Enrico VIII, zio da parte di madre di re Giacomo.
Sei giorni dopo la sua nascita, il 14 dicembre del 1542, divenne regina di Scozia, poiché suo padre era morto all’età di trent’anni, probabilmente di colera, anche se i suoi contemporanei ritenevano che la sua morte fosse stata causata dal dolore per la sconfitta scozzese contro gli inglesi, nella battaglia di Solway Moss.James Hamilton, conte di Arran, secondo a Maria nella linea di successione al trono, fu reggente in suo nome fino al 1554, quando venne sostituito dalla regina madre, che continuò la reggenza fino alla propria morte, avvenuta nel 1560.
Grazie al suo matrimonio già combinato con l’erede al trono francese Francesco, a cinque anni d’età Maria fu inviata in Francia nel 1548 per trascorrere i suoi successivi tredici anni alla corte dei Valois, dove i suoi parenti, i Guisa, regnavano incontrastati sugli ultimi membri di questa dinastia. Enrico II si offrì di proteggerla e allevarla.
Maria, che tutte le fonti storiche dell’epoca concordano nel descrivere come una bambina vivace, bella, dotata di un carattere amabile e intelligente, aveva davanti a sé un’infanzia promettente e fu molto favorita alla corte francese, dove fu allevata dalla nonna Antonia di Borbone-Vendôme, appartenente al ramo cadetto della casa regnante. Ricevette la migliore istruzione possibile e alla fine dei suoi studi aveva padronanza del francese, del latino, del greco, dello spagnolo, dell’italiano in aggiunta alla sua nativa lingua scozzese. Imparò anche a suonare due strumenti, il liuto e il virginale, e fu istruita nella prosa, nella poesia, nell’equitazione, nella caccia con il falcone e nel ricamo. La bellezza di Maria fu decantata da molti suoi contemporanei: dotata di un’altezza straordinaria, ben un metro e ottanta, aveva per conformazione fisica il portamento solenne che era apprezzato in una sovrana. Il 24 aprile 1558 si sposò con il delfino Francesco a Notre-Dame de Paris. Diversamente dalla giovane sposa, dotata di un’istruzione eccellente e di una viva intelligenza, Francesco era ritenuto immaturo per la sua – pur giovanissima – età e assai poco promettente. Il 1º luglio del 1559, durante i festeggiamenti per la pace di Cateau-Cambrésis, Enrico II, mentre partecipava a una giostra, rimase ferito dalla scheggia di una lancia. Quando il 10 luglio Enrico II morì, Maria divenne la regina consorte di Francia accanto al marito divenuto re come Francesco II.
Dopo appena due anni di matrimonio, il 5 dicembre 1560, Francesco II morì a causa di una grave infezione a un orecchio che gli aveva procurato un ascesso cerebrale. La diciottenne vedova Maria, indossato il lutto bianco, visse in solitudine i quaranta giorni rituali del lutto regale, poi si trasferì in Lorena presso i suoi zii. La suocera di Maria, Caterina de’ Medici, divenuta reggente per il figlio minorenne Carlo IX, riteneva che due regine vedove fossero di troppo e, quando la Stuarda rientrò a corte, le ordinò di ritornare in Scozia per sistemare la grave crisi che si stava verificando nel suo paese. Infatti, il Parlamento scozzese, senza l’assenso della sovrana, aveva ratificato la modifica della religione di Stato passando da quella cattolica a quella protestante.
In Scozia Maria fu una sovrana molto tollerante e questo non fece altro che aumentare il potere dei Lord protestanti, che riuscirono a rivoltarle contro il paese, approfittando della sua turbolenta vita privata. Scappata in Inghilterra, pensava di poter essere aiutata dalla regina protestante Elisabetta I d’Inghilterra, sua cugina, che invece la imprigionò per quasi vent’anni.
In questi due decenni la regina di Scozia divenne il fulcro e l’anima del cattolicesimo inglese e molti complotti furono organizzati in suo nome per assassinare Elisabetta e innalzare Maria al trono. Fu uno di questi complotti che finì per vederla implicata e per il quale fu condannata a morte. Il capo di questo complotto cattolico che vedeva in Maria una martire, era Sir Anthony Babington: il piano era quello di uccidere Elisabetta e di porre sul trono la regina di Scozia. Maria, che aveva sempre tenuto in scarsa considerazione i piani della piccola nobiltà locale, si sentì rassicurata sul conto di Babington da parte del suo segretario personale Nau. Perciò, intraprese una corrispondenza col giovane, che il 14 luglio le inviò l’esatto piano di fuga e di assassinio di Elisabetta. Il capo dei servizi segreti di Elisabetta, Walsingham, che aveva già decrittato la lettera di Babington, aspettò la risposta di Maria, che l’avrebbe indiscutibilmente resa colpevole di alto tradimento. Maria, confusa e indecisa sul da farsi, chiese un parere di Nau, che le consigliò di lasciar perdere, come aveva sempre fatto, simili piani. Maria alla fine decise di rispondere e il 17 luglio scrisse una missiva in cui indicava con esattezza le condizioni necessarie per liberarla, ma non dette una reale risposta sull’attentato a Elisabetta. In questo modo, la colpevolezza di Maria non era assicurata, motivo per cui Phelippes, il decrittatore di Walsingham, ci aggiunse un poscritto relativo all’assassinio della regina inglese. Due giorni dopo l’invio, la lettera era nelle mani di Walsingham e Phelippes, e il 29 luglio raggiunse Babington. Quest’ultimo, dunque, fu arrestato il 14 agosto e condotto nella Torre di Londra, dove confessò l’intero piano. Maria fu così implicata nel complotto e condannata a morte.
L’8 febbraio 1587, il giorno fissato per l’esecuzione, presso il castello di Fotheringhay, Maria, come riferiscono le fonti, entrò nel salone con aria tranquilla, indossando un abito scuro e un lungo velo bianco, simile a quello di una sposa. Quando il boia le presentò le sue scuse, ella gli disse: “Vi perdono con tutto il mio cuore, perché spero che ora porrete fine a tutte le mie angustie“. Sul patibolo le sue dame, Elizabeth Curle e Jane Kennedy, l’aiutarono a spogliarsi, rivelando un sottabito rosso cremisi, il colore della passione dei martiri cattolici, appositamente scelto dalla regina, che davanti ai protestanti inglesi voleva morire da martire cattolica. Una volta bendata e posizionata la testa sul ceppo pronunciò in latino le parole: “Signore, nelle tue mani affido il mio spirito“.
La decapitazione fu, stando ai testimoni, particolarmente brutale: la testa della regina si staccò dal corpo solo con un secondo colpo di scure. Dopo la morte, la sovrana subì l’umiliazione della ostensio davanti alla folla. Inoltre, quando gli esecutori si avvicinarono al corpo senza vita per prendere gli ultimi ornamenti rimasti, prima che venisse imbalsamato, la gonna di Maria incominciò a muoversi e dal di sotto uscì il piccolo cane della regina, che ella era riuscita a nascondere sotto le lunghe vesti.
La regina di Scozia moriva all’età di quarantaquattro anni. Elisabetta, morta nubile, non ebbe figli e il figlio di Maria, Giacomo Stuart, di religione protestante, divenne re d’Inghilterra, designato da Elisabetta sul letto di morte.
Immagine d’apertura: Scipione Vannutelli, Maria Stuarda si avvia al patibolo, 1861, Firenze, Galleria d’arte moderna
Bibliografia e fonti varie
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