Verso il settantunesimo anniversario della Liberazione di Prato.
A metà luglio 1944 i tedeschi iniziarono il sabotaggio delle fabbriche pratesi, azione che si protrarrà per tutto il mese successivo; gli industriali, coadiuvati dai lavoratori e da forze della Resistenza fecero tutto quanto era in loro potere per salvare il più possibile i macchinari. A titolo di esempio leggiamo la testimonianza di Angiolo Menicacci: “Nello stabilimento del conte Galletti alla Briglia, che era provvisto di un sottosuolo di 50 metri per 20 chiamato “l’inferno”, al quale si accedeva tramite una botola aperta sul pavimento del locale soprastante, il comitato clandestino di fabbrica convinse la direzione a nascondere nel sottosuolo tutte le macchine che vi potevano entrare. Sopra la botola venne fatto il pavimento con mattonelle vecchie per non destare sospetti”.
Episodi simili avvennero in molte altre fabbriche, su proposta delle maestranze o per iniziativa degli stessi industriali, senza il cui consenso ad ogni modo nessuno ovviamente avrebbe avuto la facoltà di spostare alcunché: dal Lanificio di Casarsa alla ditta Bruno Calamai, a quella dei fratelli Menichetti, che, come abbiamo visto, fu distrutta. Il capitolo di storia che vede gli operai in prima fila nel tentativo di salvare i macchinari dalla distruzione è uno dei più importanti ed eroici di quei tempi difficili, a Prato e nel resto dell’Italia occupata.
Oltre alle fabbriche furono minati e fatti saltare ponticelli di scarsa rilevanza e ponti importanti: il 31 luglio il ponte ferroviario de La Macine, il 1° agosto il ponte ferroviario del Serraglio e quello de La Pietà, il 1° settembre i ponti del Mercatale e della Vittoria.
Non mancarono i tentativi di violenza contro le donne: il 29 luglio, una giovane maestra, Bruna Nerucci, resistendo a un nazista che la voleva violentare, aveva disarmato lo stesso e lo aveva ucciso con la sua pistola; il 2 agosto, a San Giusto, Miretta Biagioni, di ventiquattro anni, per resistere ad alcuni tedeschi che le erano penetrati in casa e volevano violentarla, fu ferita gravemente e morì dissanguata all’ospedale.
Tra le uccisioni va ricordata anche quella di Wilmar Parrini di Tizzana, partigiano, antifascista e perseguitato politico. Il 27 luglio 1944 era sul Montalbano, a Buriano di Carmignano, dove aveva consegnato fondi raccolti a Prato a un gruppo di partigiani operanti in quella zona. Passarono due tedeschi in motocicletta e un tale sparò loro senza colpirli. Intuendo il pericolo, il Parrini cercò di fuggire, ma fu colpito a morte dal fuoco dei tedeschi. Inoltre il 5 agosto, ad Artimino, dopo il ferimento per motivi personali di un soldato tedesco da parte di un mugnaio sfollato, i nazisti trucidarono cinque persone.
Giuseppe Gregori