Con 3 bambini su 4 che non hanno il posto al nido il raddoppio del bonus baby sitter a 1.200 euro è una boccata d’ossigeno per le famiglie che non hanno a chi affidare i figli durante l’orario di lavoro. È quanto emerge da una analisi dell’Unione europea delle cooperative (Uecoop) su dati Istat in riferimento alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del DL Rilancio che prevede risorse alle famiglie anche per la gestione della prole a casa, negli asili o nei centri estivi per uscire dall’emergenza Covid-19. L’assistenza ai bambini è una spesa che nel triennio – spiega Uecoop – ha registrato un aumento del 27% con risposte diversificate sul fronte dei servizi a livello nazionale per quei 3,4 milioni di bambini che hanno un’età compresa fra gli 0 e i 6 anni. Se infatti – sottolinea Uecoop – ci sono regioni, dalla Valle d’Aosta all’Umbria, dall’Emilia alla Toscana, con una dotazione sopra la media europea del 33% altre invece non raggiungono neppure questo target.
L’asilo è ormai un servizio essenziale per la conciliazione tra vita familiare e lavoro – evidenzia Uecoop – considerato che ogni anno fra gli oltre 49mila mamme e papà che lasciano il proprio posto di lavoro il 36% lo fa proprio per incompatibilità fra i propri impegni di professionali e le esigenze di cura dei figli, il 27% per l’assenza di parenti di supporto e il 9% l’elevata incidenza dei costi di assistenza al neonato fra asilo nido e baby sitter e o per il mancato accoglimento dei figli al nido. In 7 casi su 10 sono le mamme a dire addio al lavoro, mentre il resto è rappresentato dai papà che però fanno registrare un trend in crescita costante e sono più che triplicati negli ultimi cinque anni.
Una situazione che sempre più spesso porta il welfare privato a integrare quello pubblico grazie ad accordi aziendali nei quali ai primi 4 posti dei servizi più richiesti ci sono proprio quelli che riguardano la scuola e l’istruzione dei figli (79%), la salute (78%), l’assistenza (78%) e la previdenza (77%) secondo un’analisi di Uecoop su dati Assolombarda. Per rispondere a questa domanda di assistenza – sottolinea Uecoop – oltre ai servizi tradizionali pubblici e privati che rappresentano l’80% dell’offerta, stanno crescendo offerte alternative come gli asili aziendali per i figli dei dipendenti con il 2% del totale o i mini nido con “tate” le cosiddette “tagesmutter” che seguono piccoli gruppi di bambini in grandi appartamenti attrezzati pari all’1% diffusi soprattutto nelle grandi città e a livello regionale in Trentino Alto Adige.
Tutti questi servizi – continua Uecoop – sono spesso realizzati insieme a cooperative in grado di offrire personale già formato e locali adatti ma è urgente – conclude Uecoop – potenziare l’offerta per mettere il servizio sull’intero territorio nazionale al livello della media europea. Di fronte alla situazione di difficoltà che stanno vivendo le famiglie – sottolinea Uecoop – le cooperative sociali con servizi di assistenza ai minori si stanno organizzando con protocolli sanitari che consentano di svolgere le attività in sicurezza per i bambini, i genitori e gli stessi operatori. Per la Fase 2 di nido e materne – continua Uecoop – l’idea è organizzare un sistema a turni per classi e operatori in modo da gestire gli spazi nella maniera più razionale e sicura. Le cooperative che si occupano di servizi socio-assistenziali, socio-sanitari ed educativi in Italia – conclude Uecoop – sono circa 7000 e danno lavoro a oltre 300 mila persone.