Il 21 marzo 1804 viene emanato il Codice Napolenico, redatto una commissione per volontà di Napoleone Bonaparte.
Lo scopo nel redigere il codice era quello di dar vita a un testo che ponesse fine in maniera definitiva alla tradizione giuridica dell’Ancien Régime, caratterizzata dalla molteplicità giurisprudenziale e dal frantumato particolarismo giuridico che affondava le proprie radici nell’ormai frusto e farraginoso sistema del diritto comune.
Il Codice Napoleonico confermava le principali conquiste della rivoluzione francese, come l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge o l’abolizione del feudalesimo, ma soprattutto di proteggere il diritto di proprietà, che era particolarmente importante per i ricchi borghesi. Creato da una commissione con il compito di raccogliere in un unico corpus giuridico la tradizione giuridica francese; corpus che portò, il 21 marzo del 1804, alla promulgazione, da parte di Napoleone Bonaparte, del “Code civil des Français“.
Il codice si ispira al diritto consuetudinario della tradizione franco-germanica, caratteristico del nord della Francia (dei pays de droit coutumier), ma prende, come ulteriore modello di riferimento, il diritto romano (Corpus iuris civilis) prevalente al centro-sud del paese (nei pays de droit écrit), così come interpretato dai giuristi medievali (glossatori e commentatori) della parte meridionale del paese. In questo senso i primi giuristi positivistici dell’epoca ritennero la codificazione il trionfo della ragione giuridica di stampo illuminista, in grado di trasfondere il diritto naturale e consuetudinario nei codici, plasmando i principi, fumosi e generici, del diritto precedente.
La commissione incaricata era composta da quattro grandi giuristi: il presidente della Corte di Cassazione François Denis Tronchet, il giudice della medesima corte Jacques Maleville, l’alto funzionario amministrativo (commissario di Governo) Jean-Étienne-Marie Portalis e Félix-Julien-Jean Bigot de Préamenau, membro del vecchio Parlamento di Parigi soppresso dalla Rivoluzione, sotto la direzione di Jean-Jacques Régis de Cambacérès. In soli quattro mesi (dall’agosto al novembre 1800) fu presentata una bozza inviata alla Corte di Cassazione con lo scopo di ottenere osservazioni in merito.
Fu chiesto il parere anche del Consiglio di Stato, presieduto da Napoleone Bonaparte. Infine il testo fu inviato al Parlamento per l’approvazione, non prima della discussione all’interno del Tribunato. Grazie al prestigio personale dell’imperatore si riuscirono a superare gli ostacoli rappresentati dalle Corti e l’ostruzionismo dell’apparato burocratico. Le vicende personali di Napoleone influirono su alcuni aspetti specifici, quali divorzio e adozione.
Immagine d’apertura: il codice napoleonico nel Museo storico del Palatinato a Spira
Bibliografia
- Code civil des Francais, Parigi, 1804.
- Codice napoleonico, in Dizionario di storia, Istituto dell’Enciclopedia Italiana
- Codice di Napoleone il grande pel Regno d’Italia. Edizione fiorentina secondo la edizione originale ed ufficiale di Milano colle citazioni delle leggi romane, Firenze, Guglielmo Patti, 1806.
- Codice di Napoleone il Grande (PDF), Firenze, Molini, Landi e Comp., 1806. Traduzione italiana.
- Onofrio Taglioni, Codice civile di Napoleone il Grande col confronto delle leggi romane, Milano, 1809.