Tic, tic, tic.
Come di consuetudine ascolto ciò che mi farà star bene.
Rifletto senza far rumore sulla mia quotidiana preoccupazione.
«Buongiorno, come va?» irrompe una voce medica.
«Alla grande!» rispondo con impeto profondamente positivo ma debole sonoro.
«Molto bene, dunque possiamo cominciare.»
Mescoliamo i sorrisi a confermarci che siamo d’accordo.
Ci siamo. Ora posso raccontarvi le mie sensibili emozioni.
Tutto intorno è bianco, giallo, caldo e circondato da persone di tutte le età.
Nelle mie lunghe e lentissime ore dedico particolare e attento pensiero alle mie figlie. Ascolto con orecchie stanche ciò che la mia emotività sprigiona in giorni come questi.
Tutto è emozione vera. Eh sì, pensieri, quotidianità, sogni, tutto è viva sensazione.
In questi giorni il mio corpo deve vivere ciò di cui non posso fare a meno ma sono sempre libera di dare colore al mio tempo.
Tutti noi possiamo dipingere le nostre giornate con tinte brillanti, scure, calde o fin troppo opache.
Siamo noi che permettiamo alla nostra mente di essere libera e sempre noi a voler ascoltare solo ciò che ci interessa. Beh, questo poco male. Ma se qualcuno vi chiedesse: «Cosa dobbiamo fare domani?» di rispondere non avreste tempo, non avreste alcuna volontà di udire il respiro delle anime che vi circondano.
Di nuovo un “ma”. Ma se un giorno, il Signor Improvviso arrivasse a bussare alla porta?
Lui arriva quando crede e come vuole. A volte in punta di piedi, quasi come un bimbo a farvi premio di un cioccolatino, altre volte spavaldo, arrogante, senza dare modo di preparare valigie, animi e famiglia per far fronte al suo pessimo, inaspettato, viscido dono.
Qui sprigioni il tuo coraggio e così raggiungi quella vetta di salvezza, anche solo col pensiero, la preghiera, la pazienza, lasciando spazio all’immaginazione di come sarà la discesa dopo questa faticosa salita.
Non sono parole quelle che scrivo, sono emozioni che in queste pagine voglio cercare di animare e che se rimanessero nel cuore di voi lettori, sarebbe fantastico.
La vita ci permette di danzare strofe melodiche, cupe, amaramente stonate, e come umili compositori ci mettiamo lì a dirigere al meglio, quando possiamo, il nostro brano di vita musicale.
Note filosofiche abbracciano ricordi cullati da tramonti estivi facendo assaporare l‘odore salino di malinconiche immagini del passato. Poi, improvvisamente, un raggio di sole scioglie le tenere sensazioni di bambina che con gelosia custodisci.
«Tutto bene? Come ti senti?»
«Qui scende senza fermarsi mai, ma forse troppo lentamente?»
«No no, non preoccuparti, scende con il giusto ritmo.»
Bene, un altro momento per ascoltarmi, un altro stato di libertà. La libertà di danzare, di esprimermi, di reagire, di ascoltare il rumore del silenzio che grida a tal punto da prendere forma, da diventare invisibile materia palpabile.
Io volutamente combattiva così da poter essere io stessa immagine di cascate di pensieri, volteggianti su atmosfere realistiche. Ma siamo qua e per assurdo destino, conduciamo esperienze.
Sono trascorse le mie ore colorate di tinta medicale. Fragile e coraggiosa, coccolo gesti futuri da intraprendere, diventando con ambizione la segretaria della mia agenda.
Sì! Quegli appunti, quegli impegni, quei doveri che diventano piaceri, un corallo attaccato all’ultima goccia d’oceano. Fantasticamente cerco di annusare quella condizione abituale che ogni tanto sono costretta ad abbandonare.
Tutto questo per esprimere con parole la sensazione che oggi siamo attenti a consumare energie per comunicare in tempo reale con i social e intanto perdiamo il privilegio di prestare attenzione alla melodia della vita, vivendo solo, quando possibile, metà emozione.
Madri, padri, figli, amici, colleghi e mondo intero. Con estrema tenerezza è necessario rispettare le esperienze di vita, facendo tesoro di ciò che ci circonda e formulando così con gli altri un passaggio algebrico di serenità, attenzione, insegnamento.
Con tenero affetto dedico queste semplici emozioni alle mie figlie Ginevra e Gemma, che mi hanno permesso di diventare la persona che sono.