Nonostante le polemiche sorte durante la costruzione dell’Expo 2015 con sede a Milano – polemiche note sia a chi ha deciso di informarsi, sia a chi ha preferito rimanerne all’oscuro – è difficile prepararsi a ciò che poi effettivamente si andrà a vedere con i propri occhi, una volta entrati dal sorvegliatissimo ingresso. Quella che dovrebbe essere una esposizione mondiale, risulta più che altro un parco a tema culinario, un qualcosa che ha puntato su tutto tranne che sull’innovazione.
Il tema scelto per questo evento, è “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita” , il che potrebbe implicare tante cose che non riguardano necessariamente gli alimenti, ma più in generale le fonti di sostentamento del nostro ecosistema. Eppure, sembra che quest’idea non sia balzata nella testa quasi di nessuno e che chiunque abbia preferito puntare sulla nutrizione, argomento di grande interesse da diversi anni a questa parte.
Quello che ne è uscito, purtroppo, è una sorta di grande e sfacciata fiera culinaria, non dissimile a quelle che si possono trovare in ogni cittadina in determinati momenti dell’anno, quelle con gli stand provenienti dall’est Europa oppure – in quelle più fornite – dall’America latina o dalla penisola Iberica. Questa è la sensazione che trasmette l’Expo 2015, con una serie di installazioni dozzinali che invece di mostrare le materie prime, il cibo vero, simulano un ipotetico mercato del pesce, una macelleria e un mercato ortofrutticolo. L’intero Expo vive di simulazioni davvero poco curate, che ricordano tristemente le opere di una qualche classe scolastica, privando il visitatore della possibilità di vedere o toccare le materie prime. Solo in alcuni padiglioni sono presenti sementi e affini – prevalentemente quelli africani e arabi – anche se vengono conservati sottovuoto e sotto vetrinette, in confezioni che lasciano intendere a chiunque quanto sia elitario anche solo il pensiero di poterle acquistare.
Altri padiglioni, hanno allestito un percorso interattivo – e spesso parecchio ipocrita – che tende a autoelogiare la propria nazione e l’impegno che la stessa mette nell’avere a cuore i temi sociali di maggior spicco, come ad esempio la malnutrizione.
Altro elemento sfavorevole a questa fiera gastronimica a larga scala, è il fatto che qualsiasi cosa si desideri assaggiare richiede lo sborsamento di ulteriori soldi, per mangiare nei vari ristorantini presenti in ogni padiglione, senza dimenticare che sempre in tali padiglioni è presente anche una boutique con manufatti prestigiosi che possono essere ammirati e – ovviamente – acquistati.
Quello che è possibile vedere, quindi, quando si entra nei vari settori è ciò che la creatività della nazione ha partorito per rimanere nel tema assegnato, vari cibi e bevande tipiche del paese e spesso e volentieri gioielli o indumenti che l’alta sartoria o gioielleria della nazione specifica, ha prodotto.
Questa, ovviamente, l’impressione generale di qualcuno che si è presentato all’Expo con una certa voglia di venir istruito su ciò che ogni nazione ha da offrire, ma in termini un po’ meno superficiali rispetto a quelli che invece vengono presentati in questa esibizione. Per concludere in bellezza l’esperienza, è impossibile non parlare dell’intrattenimento serale offerto da alcuni padiglioni, che sembrano farsi una guerra a suon di scalmanati DJ che alzano il volume della musica, accavallandosi senza pietà e richiamando il pubblico a suon di insegnamenti preziosi e unici, come la parola più conturbante da usare con le ragazze della nazione del proprio padiglione, così da non essere più un “pesce lesso” e avere la possibilità di “rimorchiare” con più facilità. L’Expo 2015, decide di salutare i propri avventori in questo modo, con una ventata di frivolezza globale e disimpegno sociale, ma con la possibilità di passare un sabato sera “esotico”.
Giorgia Santini