Si è svolta nell’Auditorium del Consiglio regionale la lezione dell’ex senatore e docente di Diritto del lavoro intitolata ‘Il miracolo sconosciuto di Don Lorenzo Milani. La parola e la scuola’. In apertura, i saluti del presidente dell’Assemblea legislativa toscana, Antonio Mazzeo: “Facciamo arrivare ai giovani i messaggi forti di don Milani, che sono anche messaggi di speranza”
di Ufficio stampa, 12 gennaio 2024
Firenze – “L’intendimento originario di tutta l’opera di don Milani è di natura essenzialmente teologico-evangelica, l’amore per il prossimo come manifestazione di Dio su questa terra, ed etica: non c’è una sola parola di argomento politico, detta o scritta da lui, che non si collochi nell’ambito di un discorso eminentemente etico e di fede cristiana”. È questo uno dei passaggi più importanti della lezione, aperta anche agli studenti – erano presenti in sala studenti del Liceo Machiavelli di Firenze e del Liceo artistico Petrocchi di Pistoia – che Pietro Ichino, docente di Diritto del lavoro ed ex senatore, ha tenuto oggi pomeriggio su Don Lorenzo Milani nell’auditorium del Consiglio regionale della Toscana. La lezione, intitolata ‘Il miracolo sconosciuto di Don Lorenzo Milani. La parola e la scuola’, è stata il cuore dell’evento organizzato dal Premio internazionale Ceppo nel quadro delle iniziative della Festa della Toscana 2023 (“I Care”, la Toscana dei valori umani e della lotta alle disuguaglianze a 100 anni dalla nascita di don Milani”), che il Consiglio regionale ha voluto dedicare al sacerdote di Barbiana nel centenario della nascita per ricordare il suo insegnamento.
“Don Lorenzo Milani è stato un grande educatore e un grande toscano – ha detto il presidente del Consiglio regionale, Antonio Mazzeo –. Per raccontarlo abbiamo scelto tante personalità con altrettanti punti di vista differenti. Ho avuto la possibilità di leggere in questi giorni in libro di Pietro Ichino, che contiene un messaggio forte di don Lorenzo Milani: l’educazione, la formazione, la scuola sono il modo per superare le disuguaglianze. Le persone si misurano rispetto a quanto sanno conoscere Sono contento che siano presenti le ragazze e i ragazzi di due scuole, perché questo messaggio dobbiamo farlo arrivare prima di tutto a loro”. Mazzeo ha voluto ringraziare Ichino “per essere venuto in Consiglio regionale e per essersi fatto portatore di questi messaggi di don Milani, che sono anche messaggi di speranza. La Toscana è sempre stata terra di grandi ideali e di progresso. Ha sempre lavorato per costruire una società più giusta. Per riuscirci serve che alcuni valori fondamentali siano condivisi da tutti”.
Nella sua lezione, Ichino ha messo in evidenza l’attualità del messaggio di don Lorenzo Milani attraverso il ricordo diretto dei suoi incontri di ragazzino con il sacerdote. Nel 1959 il Priore di Barbiana e i suoi primi sei allievi, di età intorno ai dieci anni, vennero ospitati per una settimana a Milano dalla famiglia di un altro ragazzo della stessa età, Pietro Ichino, che con loro partecipò alla visita della città e di due grandi sue fabbriche, sotto la guida e con il commento dello stesso don Lorenzo. Ne seguì un legame profondo e una frequentazione assidua tra di loro, fino alla morte del sacerdote ma anche in seguito, con i ragazzi di Barbiana che ne hanno custodito l’eredità, di cui restano numerosi documenti: dai temi scritti dai sei primi allievi sulla loro esperienza milanese subito dopo il ritorno a Barbiana, alla corrispondenza tra don Lorenzo e con i genitori di quel ragazzo. Il quale nel corso di quell’esperienza rimase colpito nel vedere prodigiosamente avverarsi sotto i propri occhi una massima paradossale appartenente alla cultura ebraica che accomunava la sua famiglia a quella dei Milani, proprio nella testimonianza sconvolgente del sacerdote esiliato nella sperduta pieve di montagna, che sull’esilio stesso fondava il senso della propria vita.
Ichino aveva 18 anni quando don Lorenzo Milani morì, nel 1967. Ha parlato del rapporto fra Don Milani e la sua famiglia nel libro “La casa nella pineta” (Giunti 2018), nel quale in appendice sono riprodotte le lettere dei ragazzi di Barbiana che raccontano questa esperienza. Ma nella primavera del 1962 la famiglia Ichino riceve un’altra visita dell’amico don Lorenzo Milani. Indicando i libri e il benessere che si respira in quel salotto milanese, il priore si rivolge a Pietro, tredicenne: “Per tutto questo non sei ancora in colpa; ma dal giorno in cui sarai maggiorenne, se non restituisci tutto, incomincia a essere peccato”. Marchiato a fuoco da questo monito, che pur nella sua radicalità racchiude in sé molti altri insegnamenti familiari, Pietro Ichino rifiuterà di intraprendere la carriera di avvocato al fianco del padre amatissimo per dedicarsi al movimento operaio, per ritrovarsi cooptato nel palazzo del potere, ma poi per farsene cacciare, per studiare il diritto del lavoro nell’epoca drammatica della fine delle ideologie, del terrorismo rosso.
“Tuttora la figura e l’opera di don Milani sono oggetto di discussione e di critica, in particolare per quanto concerne la scuola di Barbiana e Lettera a una professoressa”, ha detto Ichino, aggiungendo che alcuni imputano alla sua influenza il degrado della scuola italiana post-Sessantotto, ma, ha spiegato, “questa è la conseguenza di una riforma della scuola gravemente carente sotto il profilo della formazione dei docenti e del monitoraggio dei risultati dell’insegnamento”. Inoltre “mi sembra davvero sbagliato sostenere che – morto don Milani – della Scuola di Barbiana non sia rimasto nulla; la nostra scuola dell’obbligo è in gran parte figlia di quella esperienza, quantomeno nel suo intendimento fondamentale, cioè quello della costruzione della parità delle opportunità. Che poi questo intendimento sia stato e venga tuttora di fatto diffusamente tradito per il modo in cui la scuola media unificata effettivamente funziona, per come i suoi dirigenti e i suoi insegnanti interpretano la loro missione, questo davvero non può essere imputato a don Milani”. Don Milani, ha detto ancora Ichino a margine dell’incontro, “viveva molto profondamente la scelta di parità sociale, era un vero comunista, più di tanti altri, ma il suo era un comunismo etico, non fondato su dottrine politiche, ma su una spinta fondamentalmente evangelica”.
Il presidente del Premio Ceppo Paolo Fabrizio Iacuzzi, che ha preso parte all’incontro anche in rappresentanza di Giunti editore, insieme al giurato del Premio Ceppo, Filiberto Segatto, ha ricordato che “Il premio Ceppo ha cominciato a lavorare con i ragazzi delle scuole di Firenze e Pistoia su un progetto educativo, per il quale il professor Ichino è un testimone importante: aveva l’età di questi ragazzi quando conobbe don Milani nella sua gita a Milano. Anche la radice etica della scelta personale di Ichino, influenzata da don Milani, è molto importante da trasmettere”.
L’evento si è svolto con la compartecipazione del Consiglio Regionale della Toscana – Festa della Toscana 2023 e del Comune di Pistoia, con il sostegno della Fondazione Caript e il contributo di Giunti Editore.
Prima dell’evento in Auditorium, il presidente Antonio Mazzeo, ha ricevuto Pietro Ichino nel suo studio per un breve incontro privato, al termine del quale Ichino ha firmato il Libro degli ospiti del Consiglio regionale.