Folli ad Aspra

C’era. Come sempre. E nella stessa posizione d’ogni giorno, appoggiato alla cancellata, la mano sinistra in tasca, l’altro pollice dentro la cintura. C’era nonostante il freddo intenso, all’ingresso del paese, immediatamente prima della curva, dove il corso Baldassare Scaduto, verso il quale finchè lo si vedeva erano rivolti i suoi occhi, dove il rettifilo aveva fine, strumento ed ostacolo d’una fuga agognata e irrealizzabile. O che da lì attendesse l’arrivo della sua consolazione? E aveva infatti, come sempre, il volto della sofferenza, della pena. Come se piangesse.

Io non so se più tardi, quando venne giù la neve, spettacolo inusuale per la gente nostra, che coprì di bianco la rena della spiaggia e di bianco riempì le barche, e il freddo divenne ancora più intenso, io non so se ci fosse ancora. Mi avevano detto che questa era la sua follia, chi sa che cosa passa per la testa a uno così, di starsene dal mattino fino a sera, fosse inverno o anche estate, a guardare la lunga strada. Ma non faceva male a nessuno, se si andava a scommetterlo ti rispondeva e magari parlava pure un po’. Io l’ho visto lì arrivando ad Aspra alle otto del mattino, o andando via dopo le ore d’ufficio, o recandomi alla condotta alle quattro del pomeriggio o lasciandola già con il buio. Chi giunge ad Aspra è sicuro di vederlo un giovane con il volto rosso (per il freddo?), appoggiato alla cancellata, immediatamente prima della curva, com’è sicuro di vedere il fumo grigio dell’alta ciminiera, appena oltrepassata la curva, già all’altezza della colonia Cirincione.

Biagio Napoli

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