Un ospedale d’emergenza, nuovo, con 500 posti letto a Prato. Sorgerà dentro quello scatolone, il Creaf, da diversi anni al centro di polemiche e indagini della magistratura, quale centro di ricerca mai decollato. L’annuncio, con relativo sopralluogo, è del presidente della Toscana, Eugenio Giani.
Il governatore sta proseguendo il giro per individuare le strutture che porteranno a 1.500 i posti letto per i pazienti covid. I sopralluoghi vedono Giani impegnato insieme alla protezione civile regionale e ai vertici delle aziende sanitarie per individuare i siti dove riorganizzare le degenze covid e dare respiro agli ospedali, alle prese con la crescita dei contagiati con necessità di ricovero.
Nell’elenco dei possibili siti figura per primo il Creaf di via Galcianese, a Prato, non distante dall’ospedale della città toscana. Eugenio Giani lo ha visitato proprio questa mattina: un’ex fabbrica poi polo tecnologico, di proprietà della Regione, recentemente ristrutturato, al momento vuoto e in grado di ospitare, con i dovuti accorgimenti, fino a 500 posti letto, nel giro di un mese.
«Non c’è tempo da perdere. La curva epidemiologica tende a salire, stiamo cercando di potenziare le postazioni Covid e partiamo dagli immobili di nostra proprietà, alcuni già ristrutturati come l’ex Creaf, in modo che nell’arco di un mese possano essere allestiti 400/500 posti letto in più – spiega Giani nel corso del sopralluogo – È già uno spazio idoneo e ristrutturato con condizionamento d’aria e riscaldamento. Si tratta di creare le paratie necessarie per i nuovi posti letto, che andranno a integrare l’offerta della nostra rete ospedaliera. Dobbiamo essere pronti a offrire le risposte che serviranno, se la situazione dovesse peggiorare. Vista l’eccezionalità dell’emergenza sanitaria che stiamo vivendo – prosegue Giani – ritengo che questa modalità di intervento nel territorio della Asl centro, possa essere replicata anche nella Asl Sud Est e nella Nord Ovest, in modo da creare 1.000/1.500 posti letto in più rispetto a quelli attualmente disponibili nei nostri ospedali, che lavorano senza sosta. Gli immobili che stiamo valutando sono strutture reali, non sono ospedali da campo, ed è, quindi, chiaro che qui potranno essere posizionate anche delle terapie intensive, se lo scenario epidemico dovesse costringerci a farlo».