seduta solenne ricordo

Giorno del Ricordo: Mazzeo, Laterina luogo simbolo dell’esodo giuliano-dalmata

Il presidente del Consiglio regionale: “Sì a un museo che ricordi la tragedia delle foibe”. In sala le assi dei giacigli dei profughi nelle baracche del Centro di raccolta che li ospitò negli anni del dopoguerra. Gli interventi del sindaco Jacopo Tassini e di Maria Claudia Valdini, figlia di un esule istriano

di Sandro Bartoli, 10 febbraio 2024

Firenze – Per celebrare il Giorno del Ricordo, il Consiglio regionale della Toscana si trasferisce nel Teatro comunale di Laterina, dove questa mattina si tiene la seduta solenne. Il presidente dell’Assemblea legislativa, Antonio Mazzeo, rivolge in apertura il saluto e un ringraziamento al sindaco di Laterina Pergine Valdarno, Jacopo Tassini, per aver concesso di svolgere qui la celebrazione. A Laterina sono infatti conservate le baracche del campo profughi degli esuli giuliano-dalmati, costretti a lasciare le loro case in Jugoslavia solo perché italiani. Le baracche saranno visitate al termine della seduta, con la deposizione di una corona. Nel ventesimo anno dall’inizio della celebrazione del ‘Giorno del Ricordo’, richiama le parole dell’allora presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, “un grande toscano”, che disse: ‘Questi drammatici avvenimenti formano parte integrante della nostra vicenda nazionale. Devono essere radicati nella nostra memoria. Ricordati e spiegati alle nuove generazioni’. Ora che l’era dei testimoni sta finendo, dovrebbe prevalere la voce della storia. Le istituzioni sono chiamate a farsi amplificatori di memoria, non dobbiamo voltarci dall’altra parte”.

Il Novecento, prosegue Mazzeo, “sarà ricordato, purtroppo, come il secolo delle atrocità, delle guerre, dell’odio razziale, degli stermini di massa. La prima e la seconda guerra mondiale, la Shoah, le Foibe rappresentano episodi di inaudita violenza. Sono il prodotto della guerra, della disumanità delle scelte, non del caso”. Cita il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, “che ieri ha detto: un muro di silenzio e di oblio, un misto di imbarazzo, di opportunismo politico e talvolta di grave superficialità si formò intorno alle terribile sofferenze di migliaia di italiane e di italiani massacrati nelle foibe o inghiottiti nei campi di concentramento, sospinti in massa ad abbondonare le loro case, i loro averi, i loro ricordi, le loro speranze, le terre dove avevano vissuto di fronte alla minaccia dell’impoverimento e dell’imprigionamento, se non in alcuni casi dell’eliminazione fisica”. Ricorda come anche la Toscana “fu toccata da questo dramma. Si stima infatti che circa 2mila persone furono portate qui a Laterina. Quello che era un campo di concentramento militare e di prigionia, si trasformò dal 1948 al 1963 in Centro di raccolta profughi dell’esodo giuliano-dalmata. Un luogo di sofferenza che mi piacerebbe, così come è accaduto per tanti altri luoghi della memoria nella nostra regione, potesse trasformarsi in un museo in grado di diventare testimonianza indelebile del pericolo rappresentato dai totalitarismi e dall’odio etnico”.

Oggi, dice ancora il presidente dell’Assemblea toscana, “rinnoviamo ai familiari delle vittime, ai sopravvissuti, agli esuli e ai loro discendenti il senso forte della solidarietà e della fraternità di tutti gli italiani e di tutte le cittadine e i cittadini della Toscana. Non una mera celebrazione, ma l’occasione per ribadire l’impegno delle istituzioni ad essere in prima fila per tenere viva, sempre e oltre ogni distinzione di parte, la fiamma della memoria”. Questa giornata “ci richiama una volta di più anche alla necessità di lavorare per costruire un’Europa più forte, più unita, più solidale”. E richiama la tragedia attuale della guerra in Ucraina, che “ci riporta indietro nella costruzione di una comune appartenenza europea. Oggi siamo a pieno titolo cittadini europei. Siamo italiani in quanto europei. La cultura delle frontiere chiuse, degli egoismi nazionali, dei muri che dividono ha tuttavia ancora troppo spazio. È vero – conclude il presidente –: il dolore che provocò e accompagnò l’esodo delle comunità italiane giuliano-dalmate e istriane ha tardato ad essere fatto proprio dalla coscienza della Repubblica e un contributo prezioso perché queste vicende tornassero alla luce nella loro drammaticità lo hanno dato proprio le associazioni degli esuli”. Un contributo “fondamentale per contribuire a quella ricostruzione della memoria che resta condizione per affermare pienamente i valori di libertà, democrazia, pace che sono e resteranno sempre alla base della nostra Toscana”.

“Per noi è un onore ospitare oggi la seduta solenne del Consiglio regionale in una giornata di giusto ricordo – dichiara il sindaco Jacopo Tassini –. Questa tragedia per troppo tempo è rimasta nell’ombra, ma non a Laterina. Qui a Laterina sono rimasti molti profughi per tanto tempo, nel ’48-49 c’erano circa tremila persone provenienti dal Venezia-Giulia, dall’Istria e dalla Dalmazia. Questo campo rappresenta una testimonianza importante. Nella nostra popolazione è rimasta una memoria viva di quei fatti. I laterinesi – spiega il sindaco – hanno vissuto quel dramma fin da subito, tutti erano ben coscienti di quello che queste persone avevano vissuto. Si sono creati legami di solidarietà. Quelle persone erano semplicemente nostri connazionali che ebbero la sfortuna di trovarsi a vivere in quei territori. Furono sradicati dalla propria terra. È dovere morale di tutti noi farsi carico di quella dolorosa pagina di storia italiana, rimasta per troppi anni coperta da un vergognoso silenzio”. Il sindaco indica “alcune assi poste al centro della sala: facevano parte dei giacigli dove dormivano i profughi, ci si leggono ancora le scritte lasciate da alcuni di loro. Le abbiamo portate qui per rendere più vivo il ricordo”. L’auspicio, dice ancora Jacopo Tassini, “è la creazione di un museo all’interno delle baracche rimaste, che divenga un centro di ricordo. Ci attiveremo perché possa diventare un segno e un monito per le generazioni future”. Auspicio raccolto, come detto, dal presidente Mazzeo: “Non è facile trovare risorse, ma ciascuno dovrà fare la propria parte”.

Per Maria Claudia Valdini, figlia di un esule istriano, giunto dalla costa orientale dell’Istria, “da una città che oggi si chiama Labin, prima si chiamava Albona”, ha letto un passo del libro ‘L’Istria di Gina’, di Giuseppe Crapanzano. “La terra dov’ero nata era diventata irriconoscibile”, racconta Gina che vedeva il suo desiderio di ricongiungersi al marito, subito mandato in Italia, fortemente ostacolato dai “comunisti che avevano preso il comando”. Maria Claudia Valdini ha sentito fin da piccola i racconti del padre, “la sua storia e le storie delle persone. La nostra famiglia è stata divisa, la nostra è una storia di lontananza e di forza per mantenere i rapporti familiari e amicali. Questi venti anni di celebrazione rappresentano per noi un ricordo importante. Sono onorata di essere oggi qui”. Maria Claudia Valdini oggi vive a Firenze. “Mio padre era corrispondentesi di un giornale degli esuli, si è impegnato molto conservando le foto, con i suoi scritti a mantenere il ricordo”.

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