Nell’attesa che si compia o no la sua precognizione riguardo il disastro chiamato Brexit, mi rileggo i racconti di Gerry Adams.
Era il 1994 quando i racconti di Gerry Adams uscirono per l’editore Gamberetti. Allora ne leggevo di autori irlandesi, ma non ero convinto dell’acquisto; il libro di un politico, pensavo. Certo un politico mica come tanti, Gerry Adams era presidente del Sinn Féin ed era stato membro del Parlamento di Londra senza occupare mai il suo seggio, non riconoscendo l’autorità britannica sull’Irlanda del Nord. Ma era pur sempre un politico… Sarà mica come quando i nostri politici si mettono a scrivere e se ne escono con romanzi che, sprechiamoci pure una bella definizione di Ambroce Bierce, «hanno con la letteratura lo stesso rapporto delle vedute panoramiche nei confronti dell’arte». Non era il caso di questi racconti, usciti nella stessa collana assieme a un libro di racconti di Joseph O’ Connor, I veri credenti, volume che sarà riproposto da Einaudi nel 1996.
Quella mattina mio padre mi guardò ed io capii dalla sua espressione che sapeva cosa stavo pensando. Le sue labbra erano screpolate e bianche e se le mordeva continuamente mentre, con lo sguardo fisso, guardava intorno a sé, gli alberi del sagrato ed il cielo, come se stesse aspettando che gli succedesse qualcosa di strano.
Joseph O’Connor. I veri credenti
“Pa’, – disse Ruth – ho freddo.”
“Lo so, tesoro – rispose mio padre – ma pensa alle persone in Africa, nel deserto. Pensa a quanto darebbero per esser qui adesso.”
“Non m’importa delle persone che vivono in Africa,” disse Ruth. “Magari adesso fossi là, invece che qui.” Mio padre rise sommessamente.
“Anch’io, se vuoi sapere la verità,” rispose
Nella stessa collana anche Ronan Bennett, con il volume La seconda prigione, scrittore ed ex militante dell’IRA, due volte incarcerato per cospirazione, entrambe le volte con accuse poi rivelatesi infondate, nel secondo caso il suo processo acquistò sulla stampa una certa notorietà come «il processo a persone non identificate che, in luoghi non identificati, progettavano attentati contro altre persone non identificate».
Uscire dal carcere non è che l’inizio. Evadere dal proprio passato, questa è la vera sfida
Ronan Bennett. La seconda prigione
Dello stesso Bennett la prefazione ai racconti di Gerry Adams. «Venticinque anni di conflitto nel nord dell’Irlanda hanno generato una vasta produzione letteraria … Molti scrittori rivendicano con orgoglio di esaminare il conflitto razionalmente, umanamente e senza pregiudizi, di disapprovare con eguale intensità entrambe le due fazioni … L’argomentazione addotta è che l’arte è rappresentata più efficacemente quando è distaccata dagli eventi che l’autore descrive e quando guarda con scetticismo alla motivazione umana se questa si discosta dal puro interesse personale. Convinzioni, impegno, solidarietà umana e di classe vengono considerate aree riservate all’ideologo ingenuo o spaccone … Come scrittore Gerry Adams rifugge da ogni convenzione».
Gerry Adams è infatti impegnato politicamente, Bennett ne ricorda il grave attentato subito nel 1984 e la vita fatta di scarsa libertà di movimento, indossando spesso il giubbotto antiproiettile, una vita in cui scrivere narrativa ci appare subito impossibile e un miracolo che questi racconti abbiano visto la luce, dove l’autore ci rende la sua comunità nel quotidiano più spicciolo, uno si aspetterebbe un immediato connotato politico di queste storie, vi troviamo invece le vite ordinarie della gente di West Belfast, la ragione più vera della sua vocazione alla politica.
Nel riprendere in mano questo volume, sono due i racconti che ho subito voglia di rileggere…
«Mi auguro che d’ora in avanti guarderete con occhi più comprensivi quella processione di scommettitori che va frettolosamente avanti e indietro tra il pub e la sala corse. Gettate uno sguardo tollerante su di loro. Perchè se spariscono non vedremo più gente così».
Il racconto si intitola Una puntata sicura e lo sguardo tollerante mi richiama alla mente come Piero Chiara ci faceva guardare ai suoi nottambuli giocatori di carte luinesi.
L’altro racconto parla di Hurling, uno sport più irlandese dell’irlanda, una specie di hockey giocato 15 contro 15, e Gerry Adams ci racconta di una squadra giovanile che passa il confine per andare a Dublino e giocarsi le finali per il titolo nazionale. Ho ripensato a dove mi era capitato di vedere una volta questo sport, un film, Il vento che accarezza l’erba di Ken Loach, la storia di una famiglia irlandese lacerata prima dalla guerra contro l’egemonia britannica quindi dalla guerra civile. Le mazze da gioco (hurleys) diventano le prime armi da utilizzare per i giovani repubblicani che, nel film di Loach, passano alla lotta clandestina.
Anche in questo racconto, È solo un gioco, Adams tiene la politica e il confltto sullo sfondo, non c’è bisogno di esplicitarlo il conflitto, i suo personaggi lo respirano, fin dalla nascita fa parte del loro panorama, ma basta poco, la trasferta per una partita, e la prospettiva sulle loro vite acquista ben altra evidenza…
“Lì i – ragazzini di Belfast – vennero rifocillati con del buon cibo e tempestati di domande di circostanza su come loro e le loro famiglie riuscissero a tirare avanti con gli – scontri -.
Per la prima volta alcuni ragazzi osservarono gli avvenimenti quotidiani della loro città natale attraverso gli occhi di simpatizzanti esterni e, per la prima volta, si domandarono effettivamente come riuscissero loro e le loro famiglie a tirare avanti.”
Il giorno dopo, con uno sguardo rinnovato, sperimentano cos’è lo spirito di squadra, nella vittoria e, soprattutto, nella sconfitta, “hanno vinto, ma non ci batteranno mai.. Giocare come una squadra va a braccetto col sentirsi una comunità, non è mai solo un gioco per nessuna squadra di questo mondo, figurarsi per dei ragazzi di Belfast.
Gerry Adams. Strade di Belfast. Gamberetti Editrice – 1994.
Lorenzo Mercatanti