C’era una volta in una stalla,un bue ed un asino.I due erano amici di vecchia data, si volevano un gran bene, e dividevano insieme sia le cose belle che le tristi pene. Vivevano in una stalla molto accogliente, il cibo non mancava mai e i due animali erano trattati in modo molto amorevole dai loro padroni, due anziani contadini che avevano dato loro dei nomi. Geppo,così si chiamava l’asino, era il più vecchio, ma nonostante ciò, ancora in salute e pieno di energie. Macho invece era il nome del bue, datogli sia in riferimento alla sua imponente stazza, massiccia e prestante, nonché al fatto che così pareva loro di non sminuire la sua indubbia virilità, soprattutto quando lo dovevano mungere. Sì perché, pare impossibile, ma dovete sapere che, dopo poco la sua castrazione, successe un evento tanto incredibile quanto inspiegabile. Al povero Macho, gli spuntarono le mammelle ed una volta al mese, per due o tre giorni, i due anziani dovevano tirargli via il latte, altrimenti erano dolori. Macho,nonostante fossero passati alcuni anni dall’inizio della faccenda, non aveva ancora del tutto accettato questa strana metamorfosi che era avvenuta in lui. Si sentiva un diverso, un disgraziato e, si vergognava assai della sua condizione. Geppo da amico quale era l’aveva fin da subito confortato, cercando nella sua innata saggezza di trovare una spiegazione profonda e spirituale alla sua diversità. Così era giunto alla conclusione che sicuramente dietro a tutto ciò vi era la mano di Dio, il quale certamente aveva in serbo per lui qualcosa di speciale ed unico. «Bè», ribatteva Macho: «Unico di sicuro! Io sono l’unico bue che fa il latte come una mucca!».E così cadeva in depressione, passando giorni senza dir parola e mangiando pochissimo. Solo la comprensione, la pazienza e l’affetto di Geppo e dei padroni, riuscivano a risollevarlo, scrollandogli di dosso quello stato di apatia in cui si avvolgeva. Un giorno, di mattina presto, sentirono un gran via vai fuori dalla stalla. Quando furono ben svegli, tesero gli orecchi per capire meglio cosa stesse succedendo, ma il gran trambusto e l’andirivieni di gente impediva loro di capire. Di una cosa erano certi: qualcosa era successo e, a loro non rimaneva altro che attendere per saperlo. Nel pomeriggio si fece viva la moglie del contadino, la quale dopo aver provveduto a riassettare la stalla, riempire la mangiatoia col cibo fresco,si avvicinò stancamente ai due inseparabili amici e parlò loro: «Miei cari, ho una triste notizia da darvi, il vostro amato padrone, questa notte ha avuto un infarto ed ora non è più con noi. Io come potete ben vedere sono ormai vecchia e malandata, da sola non ce la posso fare ad occuparmi di tutto, sapete bene che di figli non ne abbiamo avuti, e dei nostri parenti che vivono in città, nessuno di loro è interessato a trasferirsi qua per prendersi cura sia di me che di tutto il resto, quindi non mi rimane che vendere ed andare a finire i giorni che mi rimangono da vivere in una casa di riposo in città. Ho già parlato col fattore nostro confinante, e lui ha accettato di comprare tutti i beni. Mi si spezza il cuore a lasciarvi, ma capite bene che non posso fare altrimenti». Detto questo,accarezzò dolcemente la testa dei due animali e con le lacrime agli occhi uscì dalla stalla. Macho e Geppo si guardarono negli occhi con una espressione che non aveva bisogno di tante parole, lo sgomento era stampato sui loro musi, per un po’ rimasero in silenzio, poi Macho parlò: «Poveri noi,hai visto come tratta i suoi animali quel tipo? É una persona avida e autoritaria, come faremo a resistere noi che siamo abituati ad essere trattati come figli dai nostri padroni?». Geppo replicò: «L’importante è rimanere uniti,solo così potremo farcela a superare ogni difficoltà.La nostra amicizia sarà la nostra forza!». «Certo, hai ragione come sempre Geppo». Rispose così l’amico, sempre più convinto della loro inossidabile amicizia, un po’ meno per quanto riguardava il resto, poiché contro il volere ed il potere dell’uomo pensava, loro ben poco potevano fare. La trattativa per la vendita si concluse in breve tempo e prima di lasciare la casa l’anziana padrona, in un freddo pomeriggio d’inverno, eravamo agli inizi di Dicembre, si presentò davanti ai due animali. «Sono venuta a salutarvi, domani mattina partirò e noi non ci rivedremo pù.Comprendo il vostro smarrimento e le vostre paure riguardo la vostra sorte, ed è proprio per questo che ho deciso di farvi scegliere se restare col nuovo padrone, oppure andarvene riacquistando la libertà. Vi do’ un’ora di tempo per decidere, quando tornerò mi farete sapere». Senza dire altro si avviò verso la porta e uscì dalla stalla. Sul muso dei due amici era visibile lo stupore, quando si ripresero un poco, Macho chiese all’amico cosa ne pensasse di tutto ciò. «Secondo me ci ha fatto questa proposta perché sa bene quanto noi in che mani ci lascia e, con questo suo gesto è come se ci volesse dire: meglio affrontare un destino incerto,che una condanna sicura!». «Sì, sì», ribattè Macho, «come al solito hai ragione, allora quando ritornerà le diremo che scegliamo la libertà. Ma una volta fuori di qua poi dove andremo?» Chiese preoccupato Macho. «Una volta fuori,saranno le stelle a guidarci». Rispose Geppo in tono pacato e sicuro. Come promesso passata l’ora la donna ritornò, chiese loro cosa avessero deciso e i due amici risposero all’unisono «La libertà!» «Bene». E senza aggiungere altro gli fece uscire dal loro recinto. «Buona fortuna», disse loro con le lacrime agli occhi. Geppo e Macho già sulla porta, anch’essi con gli occhi umidi la ringraziarono ed uscirono per sempre da quella stalla e da quella vita. Geppo, con il muso rivolto verso il cielo in quella fredda serata, scrutava le stelle sperando di vedere quella che avrebbe fatto loro da guida. «Eccola!», esclamò all’improvviso tutto eccitato «E’ lei!». Macho, seguendo lo sguardo di Geppo la individuò subito, d’altra parte come poteva essere altrimenti. Non solo era la stella più grande e splendente che avesse mai visto, ma al suo passaggio lasciava anche una scia che pareva una coda. «Andiamo, seguiamola, lei ci condurrà verso la nostra nuova casa!». Disse Geppo soddisfatto. Macho non replicò all’ordine dell’amico, si fidava ciecamente di lui, era l’asino più intelligente, colto e saggio che avesse mai conosciuto, quindi senza fiatare si avviò al suo fianco. Il viaggio durò circa una settimana. Quell’anno per fortuna l’inverno era mite, quindi non ebbero problemi a trovare acqua e cibo. Geppo si accontentava di mangiare anche ortiche e piante spinose pur di lasciare a Macho l’erba più fresca. In quanto a dissetarsi, negli ultimi giorni avendo piovuto abbondantemente, si abbeveravano nelle pozze formatesi nel terreno più basso o nei piccoli corsi d’acqua che attraversavano la campagna. Geppo aveva compreso che la stella si dirigeva verso sud e più precisamente verso la città di Betlemme. Macho seguiva l’amico senza porre troppe domande,alla sera però, una volta trovato un posto ben riparato esternava all’amico tutti i suoi timori. Geppo l’ascoltava pazientemente e, alla fine, come al solito riusciva a tranquillizzarlo, d’altra parte con il suo carattere ostinato, testardo e risoluto non poteva che essere così. Una sera giunsero davanti ad una grotta la quale aveva una ampia apertura circolare, all’interno vi era un buio pesto e i due animali pur ammirandone la fattezza esterna, avevano timore a entrarvi anche pensando che poteva essere già abitata, ma una volta assicuratisi che fosse vuota si decisero ad entrare. Una volta dentro il buio era così fitto che non riuscivano a vedersi neppure tra di loro. Ad un tratto qualcosa cambiò, quell’opprimente oscurità sembrò attenuarsi ed un chiarore dapprima molto lieve, poi poco a poco sempre più vivido si sparse dentro la grotta illuminandola in ogni sua parte. Quando Geppo e Macho riuscirono a vedersi non poterono nascondere il loro sbalordimento per quello che era successo. Già, ma cosa era successo, balbettarono increduli. «Forse», disse Geppo «Questo è il segno che il nostro viaggio è concluso e qualcosa di straordinario avverrà!!». Detto questo, si diresse verso l’uscita per esserne certo e una volta fuori, alzando gli occhi al cielo vide che la stella alla quale si erano affidati, si era abbassata così tanto che pareva una lampada appesa al soffitto. Ecco spiegato quell’incredibile chiarore. Ritornato dentro insieme all’amico guardarono meglio la grotta e constatarono che pur non essendo molto profonda era comunque accogliente e spaziosa. Su di un lato poi scolpita nella roccia vi era una mangiatoia stracolma di fieno. Stupefatti ed increduli i due animali vi si avvicinarono con timore, temendo che tutto ciò fosse solo una illusione dettata dalla fame e da tutta quella serie di avvenimenti così incomprensibili. Quando i loro musi furono sopra a quel fieno che emanava una fragranza pari al pane appena sfornato, vi si fiondarono sopra senza ritegno. Dopo la scorpacciata, si interrogarono, sforzandosi di trovare delle risposte plausibili, ma alla fine decisero di lasciar perdere e si adagiarono per dormire. Ad un tratto, parve loro di sentire dei passi seguiti da dei bisbigli sommessi, tesero gli orecchi e quando videro delle ombre comparire all’entrata della grotta, balzarono in piedi all’istante. Un uomo ed una donna ben presto si delinearono davanti a loro. La donna giovane e bella che pareva una Madonna era in avanzato stato di gravidanza, l’uomo al suo fianco sembrava più vecchio, forse a causa di quella folta barba che gli incorniciava il viso, nonostante ciò ispirava fiducia. «Salute a voi», si presentarono «io sono Maria e questo è mio marito Giuseppe. Come potete vedere sono in attesa di un figlio, che dovrebbe nascere proprio questa notte. Noi siamo diretti a Betlemme, ma sento che sono cominciate le doglie e nonostante la città non sia molto lontana, non ho abbastanza forze per riuscire ad arrivarci. Questa grotta ci è parsa un riparo perfetto per far nascere nostro figlio, così siamo entrati, non siamo di disturbo vero?». Geppo e Macho rimasti incantati da cotanta bellezza e dolcezza si riscossero presentandosi: «Io sono Geppo e il mio amico si chiama Macho, anche noi siamo in viaggio, in cerca di una casa da dove iniziare una nuova vita». Così, raccontò loro da dove venivano, del loro viaggio e di come seguendo la grande stella erano capitati in quella grotta che pareva magica. Quando ebbe finito, rivolse alla coppia uno sguardo implorante, nessuna parola avrebbe espresso meglio il suo significato, il quale non era altro che un grande desiderio di ritrovare presto una nuova famiglia. I due sposi commossi da quelle parole, sorrisero e dissero che potevano unirsi a loro, avendo ora che stava per nascere il loro bambino bisogno più che mai di un aiuto. «Davvero,possiamo?» replicò Macho che cominciava ad avvertire i sintomi del gonfiamento delle mammelle, presto si sarebbero riempite di latte. «Ah che vergogna», pensava fra sé. «E se mi rifiutassero perchè sono diverso? Povero me, perché Dio mi ha castigato così!». Giuseppe nel frattempo, aveva preparato il giaciglio per la notte. Dopo poco che si erano tutti coricati a Maria si ruppero le acque. Il marito subito si prodigò ad aiutare la moglie, riempì un recipiente d’acqua prese dei panni puliti, poi si rivolse ai due animali e chiese loro di avvicinarsi in modo che con il loro fiato riscaldassero il punto dove Maria avrebbe partorito. Geppo e Macho prontamente si avvicinarono e sistemandosi con discrezione alle sue spalle cominciarono ad espirare aria calda creando intorno un piacevole tepore. Ben presto si ruppero le acque e il bambino nacque. Biondo e paffutello il piccolo fece sentire la propria voce, rompendo la quiete della notte. Adagiato sul corpo della madre rivendicava con potenti vagiti il diritto ad essere sfamato, così Maria lo attaccò al seno che però era privo di latte. Il panico si stava impadronendo dei due sposi quando una voce si levò risoluta: «Ce l’ho io il latte che vi serve!» gridò Macho. Giuseppe e Maria guardarono il bue allibiti, nel trambusto non si erano accorti che esso aveva due mammelle gonfie di latte, così senza perdere tempo, Giuseppe prese un’ampia brocca e cominciò a mungere Macho. Maria, imbevette un panno pulito nel latte appena munto e lo avvicinò alla bocca del piccolo il quale voracemente cominciò a succhiare. Quando fu sazio,si addormentò all’istante. I due sposi con le lacrime agli occhi si avvicinarono a Macho esternandogli tutta la loro gratitudine,per aver salvato la vita del loro bambino. Geppo che fino a quel momento era rimasto in silenzio, si avvicinò all’amico e con commozione così gli parlò: «Sono orgoglioso di averti come amico, tu che di questa diversità prima ti vergognavi, ora ne devi andare fiero. Tu che credevi fosse un castigo, ora sai invece che è un dono che Dio ti ha voluto fare. Sei stato prescelto per salvare una vita e, dimmi c’è forse qualcosa più prezioso di questo?». Macho era senza parole,tutti gli accadimenti svoltisi nell’arco di poco tempo lo avevano scombussolato, ma non a tal punto da non capire che lui non era uguale ai suoi simili, solo perché era diverso lo scopo della propria esistenza. D’ora in avanti forte di questa certezza, avrebbe affrontato la vita a testa alta, perché non aveva niente di cui vergognarsi anzi… Nel frattempo la grande stella luminosa che pareva poggiata sul tetto della grotta, aveva richiamato l’attenzione e la curiosità di molta gente la quale assiepatasi davanti all’ingresso della grotta e guardando dentro, ebbero modo di vedere, un uomo e una donna inginocchiati che pregavano attorno al loro bambino che dormiva beato, mentre alle loro spalle facevano capolino un bue ed un asino.
Paola Tagliaferri