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IL CORAGGIO DI CAMBIARE

documento dell’Area ” per il partito del lavoro ” interna ad ART 1 MDP


In un’ appassionata lettera aperta a tutti gli iscritti di Articolo 1 il compagno Speranza tenta in questi giorni di precisare, o come suppongono i più diffidenti, di lasciare ipotizzare una correzione di rotta ad un passo dal nuovo precipizio davanti al quale si sta trovando l’organizzazione politica della quale noi tutti facciamo ancora parte. Vacillando paurosamente, l’asse politico sul quale non da oggi l’ha proiettata, sembra spingersi verso una riedizione aggiornata del nostro ultimo Congresso Nazionale. In buona sostanza ricollocare formalmente Articolo 1 su di una linea apparentemente molto più accorta e prudenziale rispetto all’ ipotesi di rientro nel PD ed allo stesso tempo confermare il suo pieno coinvolgimento in un progetto del quale, ad oggi, si ha una sola certezza: finire l’ipotetico percorso costituente con lo svolgimento delle irrinunciabili elezioni primarie per l’elezione del nuovo segretario della soggettività che scaturirà dal processo avviato. Si tratterebbe dunque di un ritorno alle acrobazie del nostro ultimo Congresso Nazionale e cioè negare il reingresso nel PD evitando allo stesso tempo di opporsi con decisione all’evidenza delle intenzioni e delle contraddizioni altrui. Come si fa, infatti, ad accettare sin dall’inizio del percorso ciò che è stata una delle principali ragioni per le quali siamo usciti dal PD? Come si fa a consegnare al voto dei passanti, e non degli iscritti, l’elezione dei suoi massimi dirigenti e con essi della linea politica che quella soggettività sarà chiamata ad esprimere? Il vero tema allora non è soltanto quello dell’accelerazione o meno dei tempi di svolgimento delle primarie ma il merito di questa scelta statutaria del PD, la conferma preventiva e quindi inamovibile di questa regola di vita interna anche per la nuova soggettività che dovesse nascere. Una regola, è bene ricordarlo, nata per allargare la partecipazione democratica in occasione delle consultazioni elettorali finita poi per essere utilizzata nella regolazione dei conti interni alle varie correnti e nell’apertura agli esterni, ai cosiddetti ” passanti ” per la scelta dei dirigenti di un altro partito. Del resto, l’elezione di Matteo Renzi segretario non scaturì forse anche da questa sconcertante pratica? Ed ancora, come può considerarsi accettabile che venga sottaciuta da parte nostra l’assunzione dello status di iscritto al PD proprio nella fase in cui è ancora in corso il tentativo Costituente e quindi prima ancora di sapere a quale risultato si potrà giungere? E laddove non bastasse viene anche da domandarsi perché mai, come si usa dire, a dare le carte e le regole di questo processo sia il PD? Quando si afferma che si partecipa con pari dignità e salvaguardando la propria autonomia, perché mai debba essere il partito più grande numericamente a dettare tempi, modalità e regole agli altri soggetti politici e sociali partecipanti? Davvero si può pensare che in una navigazione come è stata la nostra in questi anni possano oggi bastare i rassicuranti tempi lunghi del processo per persuadere tutta la nostra comunità a ripetere la fallimentare esperienza elettorale del listone? No. Non ci siamo. Non bastano più messaggi tranquillizzanti per venire fuori dal pasticcio in cui siamo stati cacciati. Il risultato delle elezioni politiche, il fallimento di quel listone che ha portato gli elettori della sinistra a dividersi ulteriormente in più direzioni, quanto sta accadendo nelle regioni dove già si è andati e dove si andrà a breve al voto, la profonda crisi di identità e le lacerazioni che stanno attraversando il PD, le ultime posizioni assunte anche dal segretario Enrico Letta sull’aggravamento del conflitto armato in Ucraina, sembrano insegnare nulla. Eppure c’è una strada che insieme, uniti possiamo riprendere: quella per la quale siamo nati e cioè quella della vera ricostruzione e riorganizzazione della sinistra italiana. Quella di porre fine ad un interclassismo fuori tempo che portandoci per mano verso la presunzione della vocazione maggioritaria ci ha condotti nella realtà a perdere anche la rappresentanza del lavoro e degli strati sociali tradizionalmente e storicamente legati alla sinistra italiana. Quella di riprendere il cammino della costruzione di quel “Campo largo” di alleanze, unico in grado di porci seriamente in concorrenza con la nuova destra uscita vincitrice dalle urne. Nella sostanza quella di riprendere a svolgere quel ruolo di cerniera tra Forze della sinistra politica e sociale ed il Movimento 5 Stelle. Un ruolo indispensabile che soprattutto noi possiamo svolgere, che può davvero avviare un robusto processo unitario destinato nel tempo a ridisegnare gli assetti politici ed il quadro delle alleanze. Quello che c’è non basta più ed il PD oggi non è più il baricentro della modernizzazione e del riscatto . Sappiamo benissimo che lavorare per cambiare davvero comporta spendersi con coraggio , perseveranza e per tempi non brevi. Ma di certo scorciatoie rinunciatarie non possono costruire un futuro né per noi né per le generazioni che a noi seguiranno.

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