Il 29 marzo 1516 il Senato della Serenissima Repubblica di Venezia stabilisce che tutti i residenti ebrei della città dovessero risiedere nel Ghetto Novo, stabilendo così il primo ghetto d’Europa, in cui gli ebrei sono obbligati a risiedere.
La presenza ebraica a Venezia è attestata già prima dell’anno mille, anche se bisognerà aspettare il tardo Trecento per poter apprezzare un insediamento consistente e stabile. Sino all’istituzione del ghetto gli ebrei, pur sottoposti a varie restrizioni, potevano vivere in qualsiasi luogo della città.
L’area dove sorse più tardi il quartiere ebraico era denominata “Ghetto” almeno dagli inizi del XIV secolo, poiché vi si trovavano le fonderie pubbliche per la fabbricazione delle bombarde. Già allora questi spazi erano distinti in due parti, dette rispettivamente Ghetto Vecchio e Ghetto Nuovo.
Verso l’inizio del Quattrocento le fonderie smisero di funzionare e l’area del Ghetto Nuovo fu affidata ai fratelli Da Brolo, che intendevano edificarvi un complesso residenziale, comprendente venticinque case da affittare e una chiesa. Attorno al 1460 insorse un litigio tra le parrocchie di San Geremia e San Marcuola attorno alla pertinenza ecclesiastica del nuovo quartiere; alla fine il progetto fu abbandonato e l’area rimase disabitata per diversi decenni.
Nella stessa Venezia esisteva già qualcosa di simile a quello che sarebbe diventato il ghetto: dal XIII secolo esisteva infatti il fondaco dei tedeschi. Si trattava di un singolo edificio (esistente ancor oggi, ai piedi del Ponte di Rialto), in cui i mercanti tedeschi (ovvero quelli provenienti dall’Europa centrale come ungheresi e boemi) venivano rinchiusi di notte. Anche gli Ottomani avevano un fondaco, dove poter vivere appartati, con luogo di culto e hammam.
Tra il XIII e il XVI secolo, in tutta l’Europa gli ebrei vennero perseguitati e cacciati (dall’Inghilterra nel 1290, dalla Francia nel 1394, da molte città tedesche nel 1470, dalla Spagna nel 1492, dal Portogallo nel 1497) e molti di loro trovarono rifugio proprio a Venezia. Una nuova ondata di arrivi si ebbe all’inizio del Cinquecento, quando gli sconvolgimenti della guerra della Lega di Cambrai portarono numerosi ebrei a riversarsi dalla terraferma alla laguna.
Nel corso del Cinquecento vennero edificate varie sinagoghe, una per ogni gruppo di omogenea provenienza. Così sorsero la Schola Grande Tedesca, la Schola Canton (rito ashkenazita), la Schola Levantina, la Schola Spagnola (di rito Sefardita) e la Schola Italiana di rito italiano. Gli edifici costituiscono tuttora un complesso architettonico di grande interesse.
Via via la comunità ebraica si consolidava economicamente ed era ricca di fermenti culturali. Agli ebrei ashkenaziti il governo veneziano concesse quale occupazione, oltre all’esercizio della medicina e alla strazzeria, il mestiere di prestatori di denaro, cioè di fatto un’attività creditizia che ai cristiani era impedita da motivi religiosi, in quanto si riteneva contrario alla morale lucrare interessi su somme date a pegno. Rimangono numerosissime testimonianze letterarie ed epistolari di questa attività, in quanto andare in ghetto a contrarre un prestito o a riscattare degli oggetti tenuti per garanzia faceva parte degli usi abituali. Le attività di prestito su pegno avvenivano in deroga al divieto corrente della pratica del prestito contro interessi, ed è ricordato anche nel Mercante di Venezia di Shakespeare.
Questa crescita esponenziale della comunità ebraica destò sospetti e preoccupazioni da parte dei residenti cristiani. Il 29 marzo 1516 il Senato mise mano alla questione, stabilendo che tutti gli ebrei dovessero obbligatoriamente risiedere nella località del Ghetto Nuovo. Nacque così un’istituzione, che verrà poi ampiamente applicata anche nel resto d’Europa. La legge stabiliva che “tutti li Zudei che de presente se attrovano abitar in diverse contrade de questa città, debbano abitar unidi“.
Tutto ciò non impedì la crescita demografica della comunità, favorita anche da consistenti ondate immigratorie da tutta l’Europa. Per ricavare un numero sufficiente di alloggi si dovette provvedere all’espansione in verticale degli edifici; tutt’oggi le costruzioni del Ghetto, caso unico a Venezia, si caratterizzano per la notevole altezza, sino ad otto piani. Ciononostante, le autorità veneziane si trovarono costrette, in due occasioni, ad ampliare il Ghetto Nuovo: nel 1541 venne aggiunto il Ghetto Vecchio, concesso ai cosiddetti ebrei Levantini, giunti dalla penisola Iberica e dall’impero Ottomano; nel 1633 venne aperto il Ghetto Novissimo, una piccola area a est del Ghetto Nuovo, composta da appena due calli. Anche queste aree dovettero essere provvedute di ingressi sorvegliati.
L’istituzione del ghetto fu abolita in età napoleonica, quando con la caduta della Repubblica e l’avvento di Napoleone, le porte del ghetto furono eliminate, così come l’obbligo di residenza.
Immagine d’apertura: immagine della zona del Ghetto Nuovo di Venezia
Bibliografia
- Riccardo Calimani, Anna-Vera Sullam, Davide Calimani, Ghetto di Venezia, Milano, Mondadori, 2014. ISBN 978-88-918-0105-0
- (EN) Cristiana Facchini, The City, the Ghetto and Two Books. Venice and Jewish Early Modernity, in Questioni di storia ebraica contemporanea., n. 2, Fondazione CDEC, Ottobre 2011
- Ariel Toaff, “Getto – Ghetto,” The American Sephardi 6:1/2 (1973): 71-77.
- Sandra Debenedetti-Stow, “The etymology of “ghetto”: new evidence from Rome”, Jewish History, Volume 6, Issue 1 – 2, Mar 1992, Pages 79 – 85, DOI 10.1007/BF01695211
- DIETRO LE PAROLE – GLOBALIZZAZIONE di Francesco Varanini
- Europe The Venice Ghetto on europeforvisitors.com
- (in French) Alice Becker-Ho, Le premier ghetto ou l’exemplarité vénitienne, 2014
- (in English) Alice Becker-Ho, The First Ghetto or Venetian Exemplariness, 2016 (unpublished)