il golem, il risveglio

Il golem, il risveglio

A un tratto gli occhi di Michele si fecero enormi e illuminati. Qualcosa aveva destato sgomento. Preso dalla furia della fretta lasciò cadere il telefono mentre Roberto continuava a fare esempi e a chiedersi come sarebbe stato se i libri potessero realmente alzarsi dallo scaffale e andarsene in giro, magari a governare il mondo in sella ad una motocicletta, con una spada leggendaria e altri mille pensieri. Michele corse in soggiorno, dove stava il tavolino rubicondo intagliato e basso e notò, con estrema sorpresa, che erano presente delle confezioni dei dvd di alcuni classici svedesi e russi: uno che narrava di una partita a scacchi a più riprese, l’altro che narrava di un pazzo venuto in Italia e darsi fuoco. Questo è impossibile, pensò Michele. Non può essere, ero sicuro di averli riportati la settimana scorsa, come ho fatto a non accorgermene per due giorni interi? Dio santo! Che disastro, devo rimediare immediatamente…Il volto di Michele si era fatto madido di sudore, con delle gocce che arrivavano sulla punta del naso pronte a cadere in una pioggia di sito nauseabondo. Senza asciugarsi, prese e uscì dalla porta la quale, strappò di netto parte della cravatta rimasta impigliata nell’interapedine e rimase lì, mezza appesa in procinto di cadere o rimanere bloccata come un Prometeo in attesa; si recò verso la biblioteca, lasciando il fratello intento a parlare del come e del quando i libri arrivassero a conquistare l’intera galassia e di come parlassero solo attraverso le frasi dentro loro stessi, lasciando poca (o tanta?) immaginazione riguardo un possibile dialogo tra Edmond Dantes e Serafino Gubbio o Jaromil sperduto nell’essenza della madre…

La bicicletta non era adoperabile, bisognava portarla a riparare e forse in queste occasioni la macchina che Roberto aveva pensato per Michele risultava dunque necessaria. Doveva sbrigarsi o avrebbe trovato la biblioteca chiusa e avrebbe dovuto aspettare il giorno seguente con un drastico rimando del fare la spesa. Si mise a correre più che poteva, rimpiangendo ora la dannata bicicletta, ora la maledetta macchina (incredibilmente). Correva a zig zag con un fare da fenicottero ubriaco (ma ce ne sono? Già il fenicottero di per sè è un animale grazioso e sbilenco). Nonostante la biblioteca fosse lontana dall’abitazione, riuscì ad arrivare un pelo prima della chiusura. Tutto sudato, puzzolente, nauseato dalla sfiancante corsa appena conclusa, entrò e si mise a bofonchiare qualcosa di irrimediabilmente incomprensibile.

Aquino Simone

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