Il 13 dicembre 1294 Pietro da Morrone, eletto papa il 29 agosto dello stesso anno col nome di Celestino V, rinuncia al pontificato, una scelta a cui secondo molti allude Dante Alighieri nella Divina Commedia, in cui egli indica tra gli ignavi un anima che “fece per viltade il gran rifuto“
Pietro da Morrone, penultimo dei dodici figli di Angelo Angelerio e Maria Leone, modesti contadini, nacque tra il 1209 e il 1215.
Da giovane, per un breve periodo, soggiornò presso il monastero benedettino di Santa Maria in Faifoli, chiesa abbaziale che, tra le dodici della diocesi di Benevento, era una delle più importanti. Mostrò una straordinaria predisposizione all’ascetismo e alla solitudine, ritirandosi nel 1239 in una caverna isolata sul Monte Morrone, sopra Sulmona, da cui il suo nome.
Nel 1240 si trasferì a Roma, presumibilmente presso il Laterano, dove studiò fino a prendere gli ordini sacerdotali. Lasciata Roma, nel 1241 ritornò sul monte Morrone, in un’altra grotta, presso la piccola chiesa di Santa Maria di Segezzano. Cinque anni dopo abbandonò anche questa grotta per rifugiarsi in un luogo ancora più inaccessibile sui monti della Maiella, in Abruzzo, dove visse nella maniera più semplice che gli fosse possibile.
Si era allontanato temporaneamente dal suo eremitaggio del monte Morrone nel 1244 per costituire una Congregazione ecclesiastica riconosciuta da papa Gregorio X come ramo dei benedettini, denominata “dei frati di Pietro da Morrone“, che ebbe la sua povera culla nell’Eremo di Sant’Onofrio al Morrone, il rifugio preferito di Pietro, e che soltanto in seguito avrebbe preso il nome di Celestini.
Nell’inverno del 1273 si recò a piedi in Francia, a Lione, dove stavano per iniziare i lavori del Concilio di Lione II voluto da Gregorio X, per impedire che l’ordine monastico da lui stesso fondato fosse soppresso. La missione ebbe successo poiché grande era la fama di santità che accompagnava il monaco eremita, tanto che il Papa gli chiese di celebrare una messa davanti a tutti i Padri Conciliari dicendogli che « […] nessuno ne era più degno».
I successivi vent’anni videro la radicalizzazione della sua vocazione ascetica e il suo distaccarsi sempre più da tutti i contatti con il mondo esterno, fino a quando non fu convinto che stesse sul punto di lasciare la vita terrena per ritornare a Dio. Ma un fatto del tutto inaspettato stava per accadere. Papa Niccolò IV morì il 4 aprile 1292; nello stesso mese si riunì il conclave, che in quel momento era composto da soli dodici porporati. Numerose furono le riunioni dei padri cardinali nell’Urbe, ma sempre tenute in sedi diverse: a Santa Maria sopra Minerva, a Santa Maria Maggiore e sull’Aventino presso il monastero di Santa Sabina. Nonostante ciò, il Sacro Collegio non riusciva a far convergere i voti necessari su nessun candidato.
I porporati, nonostante le laboriose trattative, non riuscivano ad eleggere il nuovo Papa, soprattutto per la frattura che si era creata tra i sostenitori dei Colonna e gli altri cardinali. I mesi si susseguivano inutilmente e il permanere della sede vacante aumentava il malcontento popolare che si manifestava attraverso disordini e proteste, anche negli stessi ambienti ecclesiastici.
Si giunse così alla fine del mese di marzo del 1294, quando i cardinali dovettero registrare un evento che, probabilmente, contribuì, forse in maniera determinante, ad avviare a conclusione i lavori del Conclave.
Nel frattempo, Pietro da Morrone aveva predetto “gravi castighi” alla Chiesa se questa non avesse provveduto a scegliere subito il proprio pastore. La profezia fu inviata al Cardinale Decano Latino Malabranca, il quale la presentò all’attenzione degli altri cardinali, proponendo il monaco eremita come Pontefice; la sua figura ascetica, mistica e religiosissima, era nota a tutti i regnanti d’Europa e tutti parlavano di lui con molto rispetto. Il Cardinale Decano, però, dovette adoperarsi molto per rimuovere le numerose resistenze che il Sacro Collegio aveva sulla persona di un non porporato. Alla fine, dopo ben 27 mesi dall’inizio del Conclave, emerse all’unanimità il nome di Pietro da Morrone, il quale prese il nome di Celestino V; era il 5 luglio 1294.
Uno dei primi atti ufficiali del breve pontificato di Celestino V fu l’emissione della cosiddetta Bolla del Perdono, bolla che elargisce l’indulgenza plenaria a tutti coloro che confessati e pentiti dei propri peccati si rechino nella Basilica di Santa Maria di Collemaggio, nella città dell’Aquila, dai vespri del 28 agosto al tramonto del 29. Fu così istituita la Perdonanza, celebrazione religiosa che anticipò di sei anni il primo Giubileo del 1300, ancora oggi tenuta nel capoluogo abruzzese. In pratica, Celestino V istituì a Collemaggio un prototipo del Giubileo, e forse sia lui sia Bonifacio si ispirarono alla leggenda della “Indulgenza dei Cent’Anni” di cui si avevano testimonianze risalenti a Innocenzo III.
Il nuovo Pontefice si affidò, incondizionatamente, nelle mani di Carlo d’Angiò, nominandolo “maresciallo” del futuro Conclave. Ratificò immediatamente il trattato tra Carlo d’Angiò e Giacomo d’Aragona, mediante il quale fu stabilito che, alla morte di quest’ultimo, la Sicilia sarebbe ritornata agli angioini.
Dietro consiglio di Carlo d’Angiò, fissò la sede della Curia nel Castel Nuovo di Napoli, dove fu allestita una piccola stanza, arredata in modo molto semplice e dove egli si ritirava spesso a pregare e a meditare. Di fatto il Papa era così protetto da Carlo, ma anche suo ostaggio, in quanto molte delle decisioni pontificie erano direttamente influenzate dal re angioino.
Probabilmente, nel corso delle sue frequenti meditazioni, dovette pervenire, poco a poco, alla decisione di abbandonare il suo incarico. In ciò fu sostenuto anche dal parere del cardinal Benedetto Caetani (il futuro Bonifacio VIII) esperto di diritto canonico, il quale riteneva pienamente legittima una rinuncia al pontificato.
Circa quattro mesi dopo la sua incoronazione, nonostante i numerosi tentativi per dissuaderlo avanzati da Carlo d’Angiò, il 13 dicembre 1294 Celestino V, nel corso di un concistoro, diede lettura della rinuncia all’ufficio di romano pontefice, il cui testo originale andato perduto ci è giunto attraverso l’analoga bolla di Bonifacio VIII.
Celestino V fu il primo papa che volle esercitare il proprio ministero al di fuori dei confini dello Stato Pontificio e il sesto, dopo Clemente I, Ponziano, Silverio, Benedetto IX e Gregorio VI a rinunciare al pontificato; dopo di lui l’11 febbraio 2013 rinuncerà anche Benedetto XVI a causa dell’età avanzata.
Immagine d’apertura: Celestino V in un trittico di epoca medievale
Bibliografia e fonti varie
- Jacopo Stefaneschi, Opus Metricum, dell’uomo di Curia e, dal 17 dic. 1295, cardinale Iacopo Caetani Stefaneschi, testimone oculare dell’elezione e del pontificato di Celestino V. Fu scritto, in tre parti, tra il 1294 e il 1314; è pubblicato in F. X. Seppelt, Monumenta Coelestiniana, Paderborn 1921, pp. 3 ss. e riedito con correzioni (anche peggiorative) da R. Morghen, Il cardinale Iacopo Gaetani Stefaneschi e l’edizione del suo Opus metricum, in Bull. dell’Ist. stor. italiano per il Medio Evo, XLVI (1931), pp. 1 ss.
- (DE) Martin Bertram, Die Abdankung Papst Cölestins V. und die Kanonisten, in “Zeitschrift der Savigny-Stiftung für Rechts-geschichte”, Kanonistische Abteilung, 56, 1970: 1-101.
- (EN) John R. Eastman, Giles of Rome and Celestine V: The Franciscan Revolution and the Theology of Abdication, “The Catholic Historical Review”, 76, 1990: 195-211.
- Ludovico Gatto, Tra Celestino e Bonifacio VIII. Note su un’inedita vita celestina, “Bollettino dell’Istituto Storico Italiano per il Medio Evo e Archivio Muratoriano”, 69, 1957: 303-317.
- Ludovico Gatto, Eleonora Plebani, Celestino V, pontefice e santo, Roma, 2006.
- Ludovico Gatto, Eleonora Plebani, Celestino V: cultura e società (Ferentino, 17 maggio 2003). Roma, 2007.
- Valerio Gigliotti, La renuntiatio papae nella riflessione giuridica medioevale secc. XIIIXV): tra limite ed esercizio del potere, in «Rivista di Storia del diritto italiano», LXXIX (2006), Roma, Fondazione Sergio Mochi Onory per la Storia del diritto italiano 2007, pp. 291–401.
- Valerio Gigliotti, Fit monachus, qui papa fuit: la rinuncia di Celestino V tra diritto e letteratura, in “Rivista di storia e letteratura religiosa”, 44. 2008: 257-323.
- Valerio Gigliotti, La rinuncia alla tiara nel medioevo: tra scientia Dei e scientia iuris, in “Luoghi del giure. Prassi e dottrina giuridica tra politica, letteratura e religione”. Atti della Giornata di Studio, Bologna, Università degli Studi, Facoltà di Giurisprudenza, Sala delle Feste, 30 maggio 2008, a cura di B. Pieri e U. Bruschi, Bologna, Gedit Edizioni 2009, pp. 219–265.
- Paolo Golinelli, Celestino V. Il papa contadino, Milano, Mursia, 2006, ISBN 9788842535744.
- (DE) Peter Herde, Die Herkunft Papst Cölestins V. Grundwissenschaften und Geschichte, Festschrift für Peter Acht, a cura di W. Schlögl-P. Herde, Kallmünz 1976: 169-188.
- (DE) Peter Herde, Papst Cölestin V. und die Abtei Montecassino, “Bibliothek-Buch-Geschichte. Kurt Köster zum 65. Geburtstag”, a cura di J. von Pflug, Frankfurt a. M. 1977: 387-403.
- (DE) Peter Herde, Papst Cölestin V (Peter vom Morrone), Stuttgart, 1981.
- (DE) Peter Herde, Zur neuzeitlichen Ikonographie Papst Cölestins V, “Mattia Preti und Carl Ruthart. Intuition und Darstellung. Erich Hubala zum 24. März 1985”, a cura di F. Büttner-Ch. Lenz, München 1985: 165-182.
- Peter Herde, Celestino V e la spiritualità francescana, “Schede Medievali”, 12-13, 1987: 11-24.
- Peter Herde, Celestino V e Bonifacio VIII di fronte all’eremitismo francescano, “Eremitismo nel francescanesimo medievale” Atti del XVII Convegno Internazionale, Assisi, 12-13-14 ottobre 1989, Perugia 1991: 95-127.
- Peter Herde, Celestino V, in “Storia della Chiesa, XI, La crisi del Trecento e il papato avignonese (1274-1378)”, a cura di D. Quaglioni, Milano 1994: 93-127.
- Peter Herde, I papi tra Gregorio X e Celestino V: il papato e gli Angiò, in “Storia della Chiesa” 11, 1994: S. 23-91.
- John N.D. Kelly, Gran Dizionario Illustrato dei Papi, Casale Monferrato (AL), Edizioni Piemme, 1989 ISBN 88-384-1326-6.
- Peter Herde, CELESTINO V, papa, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 23, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 1979. URL consultato il 22 marzo 2015.
- (FR) Jean Leclercq, La rénonciation de Célestin V et l’opinion théologique en France du vivant de Boniface VIII, in “Revue d’Histoire de l’Église de France”, 25, 1939: 183-192.
- Giorgio Leocata, Il Papa rubato, L’Aquila, 1989.
- Claudio Rendina, I papi, Roma, Ed. Newton Compton, 1990.
- Ignazio Silone, L’avventura di un povero cristiano, Mondadori, Milano 1998.
- (LA) Celestino V, Opuscula omnia, Neapoli, ex typographia Octauij Beltrani, 1640.
- Il processo di canonizzazione di Celestino V. I. A cura di Alessandra Bartolomei Romagnoli e Alfonso Marini, Firenze, 2015
- Il processo di canonizzazione di Celestino V. 2. A cura di Alfonso Marini, Firenze, 2016.