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Il Primo Maggio degli Avatar (Fabio Demi)

Il 29 aprile, subito dopo aver finito il turno sul tapis roulant, Fd1225 prese la decisione. Dopo 19 anni e mezzo passati senza mai saltare neanche un giorno di lavoro, si sarebbe regalato un primo maggio di riposo. L’Agenzia generale per l’energia dava questa opportunità ai suoi dipendenti, ma lui non ne aveva mai approfittato. Preferiva accumulare i punti. Stavolta però, giunto a sei mesi dalla fine del contratto, stabilì che poteva permetterselo. Tornato nella sua stanza, spedì una mail all’Ufficio comunicazioni dell’Agenzia. L’Ufficio rispose che il giorno di permesso, senza contare gli eventuali extra, gli sarebbe costato quindicimila punti e che, se avesse confermato la prenotazione, avrebbe ricevuto un programma di iniziative organizzate per rendere gradevole la giornata libera. Fd1225 ci pensò un attimo, non era abituato a spendere, poi inviò la conferma. Subito dopo l’Ufficio comunicazioni mandò il depliant per eventuali adesioni.
Fd1225 lo lesse con una certa emozione. Dopo quasi vent’anni trascorsi a correre e camminare sul tapis roulant, con le giornate sempre uguali, scandite da una monotonia paranoica, anche la semplice prospettiva di trascorrere un giorno differente gli sembrava qualcosa di eccezionale. Aveva passato metà della sua vita in quell’alienante casermone con cinquemila tapis roulant, dove tutto era regolato da orari rigidissimi: il turno di lavoro per la produzione di energia, la pausa pranzo alla mensa, il riposo serale, ogni tanto la visita medica. Pochissimo il tempo per socializzare. Quelli come lui li chiamavano “gli schiavi del ventiduesimo secolo” ma a Fd1225 questa definizione non piaceva. La trovava inesatta. Lui, quando aveva vent’anni e, solo al mondo, vedeva buio nel suo futuro, aveva fatto quella scelta liberamente. Sapeva cosa avrebbe comportato firmare il contratto ventennale con l’Agenzia generale per l’energia: sei ore al giorno sul tapis roulant, con vitto, alloggio, ogni genere necessario (comprese le medicine) e ogni servizio non gratuiti bensì scalati dal compenso giornaliero; possibilità di uscire fuori dal casermone solo in caso di rescissione del contratto. Aveva accettato, e non se ne era pentito. Gli aveva dato fastidio soltanto il fatto che gli avessero imposto di cambiare le generalità, conservando le iniziali del nome e del cognome e aggiungendo il numero del suo tapis roulant.
Quei diciannove anni e mezzo, anche se le giornate scorrevano tutte uguali, gli erano sembrati passare velocemente. Il lavoro era andato bene: il fisico reggeva, mai un infortunio, la sua produzione quotidiana era fra le più alte del casermone. Aveva ricevuto anche un paio di lettere di encomio. Piuttosto, ora che il contratto stava per scadere, bisognava pensare al dopo. Cosa avrebbe fatto una volta raggiunti i quarant’anni, età massima per lavorare sui tapis roulant dell’Agenzia? Non c’era nulla di sicuro. Pare che l’Agenzia ad alcuni dipendenti particolarmente bravi proponesse un impiego in misteriosi uffici, di cui si sentiva parlare ma dei quali non si sapeva niente. Altrimenti, bisognava tornare fuori, con tutte le difficoltà del caso. Complicato reinserirsi nella società dopo averla abbandonata per vent’anni, ritrovandola, oltretutto, stravolta dai disastri del clima. Ma Fd1225 si era imposto di non pensare troppo al domani. Aveva messo da parte una bella scorta di punti che, al cambio, gli avrebbero garantito un gruzzolo importante. E tanto gli bastava.
Nel programma c’erano tre alternative, due economiche e una costosa. Ma quelle meno care gli apparvero impraticabili. Si trattava addirittura di uscire fuori dal casermone, in deroga al contratto, nonostante che le previsioni meteo calcolassero una temperatura minima di 43 gradi e una massima di 56. Abituato all’aria condizionata del casermone, che imponeva una temperatura fissa compresa tra i 22 e i 24 gradi, non avrebbe sopportato la differenza. E poi, andare fuori per vedere cosa? Il casermone si trovava alla periferia della città, l’Agenzia metteva a disposizione un mezzo per raggiungere o il centro (prima opzione) o i quartieri sulla costa (seconda opzione). Ma con quel caldo aveva poco senso passeggiare in centro e vedere il letto vuoto del fiume. Fd1225 ricordava benissimo che, quando entrò nel casermone, un po’ d’acqua c’era ancora, ma una decina d’anni fa il fiume era scomparso definitivamente, eliminato dal progressivo aumento della temperatura. L’acqua se n’era andata e non era più tornata. Le piogge, molto rare, non potevano rimediare alla grande siccità. Al posto del fiume, dopo aver bonificato la fanghiglia intrisa di sostanze inquinanti, erano stati piantati migliaia di alberi, che in gran parte erano seccati nel giro di poco tempo. Il paesaggio era irrimediabilmente cambiato. Una cosa del genere era avvenuta sulla costa dove il mare, anche a causa dell’essiccamento della foce del fiume, si era ritirato di un paio di chilometri. La nuova linea del litorale aveva costretto i proprietari dei bagni ad abbandonare gli stabilimenti balneari, che erano stati distrutti. Con quelle temperature, il sole era diventato un nemico insopportabile. In compenso, così aveva raccontato a Fd1225 un giovane entrato nel casermone tre o quattro anni fa, alcuni imprenditori avevano ottenuto l’autorizzazione a costruire piscine sotterranee, proprio laddove una volta c’era il mare. Nelle città gli architetti avevano messo a punto ardite soluzioni per creare villaggi nel sottosuolo. La vita stava lasciando la superficie terrestre per trasferirsi nella luce artificiale del mondo di sotto.
Le due gite furono scartate da Fd1225. Costavano poco, tremila punti, ma questo gli sembrò un pregio insufficiente. La terza proposta invece destò la sua attenzione. L’Agenzia aveva deciso di riprendere una tradizione in voga nei secoli precedenti, e cioè il corteo del primo maggio, festa dei lavoratori. I dipendenti avrebbero potuto partecipare con il loro Avatar, che poteva essere rivestito con abiti d’epoca e portare una serie di accessori. I cinque Avatar più belli sarebbero stati premiati. I dipendenti potevano scegliere anche la posizione dell’Avatar nel corteo, le prime file costavano di più. Prezzo: 25mila punti per la sola partecipazione. La sfilata sarebbe stata seguita sul video centrale delle pareti-schermo delle stanze dei dipendenti che aderivano. Durata del corteo, circa un’ora. E alla fine un concerto con musica degli anni Duemila. Fd1225 vinse velocemente gli ultimi dubbi. Iscrisse il suo Avatar al corteo, in fin dei conti sollevato dal fatto che non sarebbe uscito dal casermone e, dalla sua camera, avrebbe tranquillamente manovrato l’Avatar. Si addormentò soddisfatto.
Il giorno dopo, 30 aprile, andò al lavoro in anticipo. Voleva finire il suo turno prima possibile per avere il tempo di comprare gli accessori per l’Avatar. Durante il periodo di camminata sul tapis roulant, non resistette alla voglia di raccontare al suo vicino, Ag1224, che si era preso il primo maggio di libertà e che partecipava alle iniziative dell’Agenzia. Ma Ag1224, che invece avrebbe lavorato regolarmente, tagliò corto e disse una frase che a Fd1225 dispiacque molto. “Ti sembra normale, amico mio – sibilò Ag1224 – spendere i tuoi soldi per vestire l’Avatar, cioè qualcosa che non esiste, per un corteo virtuale che si svolge solo su uno schermo? Può essere questa l’unica soddisfazione della tua vita?”. Fd1225, profondamente colpito, smise subito di chiacchierare. Come poteva sostenere, Ag1224, che l’Avatar non esisteva? Certo, non era di carne e ossa, ma per anni gli aveva fatto compagnia. Bastava premere un pulsante e lui appariva su una parete-schermo della sua stanza. Quando l’Agenzia mandava in onda un programma d’intrattenimento o una partita di calcio, il suo Avatar e quelli degli altri servivano per fare il pubblico. Potevano anche recitare o cantare, se volevano, e facevano il tifo. Era come essere sul palco o allo stadio. E poi, a turno venivano utilizzati per la pubblicità dei prodotti che l’Agenzia vendeva ai dipendenti. Di recente il suo Avatar aveva fatto il testimonial per le scarpe da corsa, e lo spot aveva avuto un discreto successo. Che c’era di strano o di sbagliato? Fd1225 sospettò che Ag1224 stesse complottando contro di lui.
Tornato nella sua stanza, si collegò con l’Ufficio comunicazioni per avere le istruzioni sulla preparazione dell’Avatar. Semplicissimo: bastava scegliere i vestiti ed, eventualmente, altri accessori e gadget. Come al solito, l’importante era pagare. Fd1225 si ricordò di aver letto che tanti, ma tanti anni prima, gli operai che lavoravano nelle fabbriche venivano chiamati anche tute blu. Il nome gli piaceva. Dunque andò sul catalogo generale e osservò le offerte. Scelse una tuta blu da duemila punti e spese altri cinquecento punti per un berretto, sempre blu. Poi comprò un paio di stivali e, in omaggio a un personaggio storico che lo aveva affascinato in gioventù, Giuseppe Garibaldi, acquistò una camicia rossa. Così l’Avatar era a posto. L’Agenzia però proponeva anche le bandiere e Fd1225, preso da un inusuale attacco di consumismo, comprò pure una bandiera tricolore. Spesa totale: diecimila punti. Ma Fd1225 non era ancora contento. Si accorse che l’Agenzia offriva anche la possibilità di marciare nella prima fila del corteo sostenendo uno striscione con la scritta “Viva il Primo Maggio”. Uno sfizio interessante ma costoso. Altri cinquemila punti. Fd1225 fece due conti e pensò che il budget gli consentiva ancora qualche margine di spesa. Inviò dunque la richiesta ma il sistema la rifiutò perché ormai la prima fila era esaurita. Con grande disappunto, Fd1225 scoprì che non c’era posto nemmeno nelle undici file successive. Dovette accontentarsi della tredicesima fila, ma solo perché un altro dipendente rinunciò proprio in quel momento e Fd1225 fu svelto a prenotare. Altrimenti sarebbe scivolato in ventiquattresima fila. E le adesioni continuavano. Si prevedeva una grossa partecipazione, probabilmente almeno duemila dipendenti. Fd1225 ne fu contento. E fu ancora più contento quando, sulla parete-schermo laterale di sinistra, richiamò in visione l’Avatar con i vestiti nuovi. Davvero un figurone. La tuta blu era perfetta, la camicia rosso fiammante donava un eccellente gioco cromatico, esaltato anche dalla bandiera. Fd1225 pensò come sarebbe stato bello se avesse vinto un premio. Di solito era pessimista ma stavolta sentiva di potercela fare.
La mattina dopo Fd1225 non stava più nella pelle per l’emozione. La partenza del corteo era prevista per mezzogiorno, ma l’Agenzia aveva fatto sapere ai partecipanti che il collegamento sulle pareti-schermo sarebbe iniziato alle 11. Fd1225 andò a mensa e, dopo la colazione, sperimentò per la prima volta la piacevole sensazione di non dover lavorare. La trasmissione iniziò in perfetto orario. Ogni Avatar aveva una telecamera personalizzata che permetteva di seguirlo costantemente. L’immagine veniva proiettata su metà  della parete-schermo di destra. Trovò bellissimo l’abbigliamento del suo Avatar, anche confrontandolo con gli altri, che non avevano vestiti significativi, mentre la sua tuta blu aveva un senso preciso. Di bandiere invece ce ne erano tante, la maggior parte con il tricolore italiano ma parecchie erano rosse. Fd1225 pensò che avessero lo stesso significato della camicia rossa che aveva scelto per il suo Avatar, cioè che fossero tutti ammiratori di Garibaldi, anche se la cosa gli sembrò strana. Il suo dubbio ebbe subito una risposta. Sullo schermo apparve una comunicazione con la quale l’Agenzia invitava i dipendenti interessati a rimuovere la bandiera rossa dall’Avatar. Fd1225 fece una ricerca rapida sull’Enciclopedia e non trovò nulla. Allora gli venne in mente un programma pirata che qualche anno fa gli era stato dato di nascosto da un collega e che serviva per accedere a quelle che venivano chiamate memorie riservate. Fd1225 non aveva mai sentito l’esigenza di utilizzarlo e poi non gli andava di fare qualcosa d’illegale. Ma ora la curiosità era troppa. In pochi secondi attivò il programma pirata e scoprì che le bandiere rosse erano i simboli del comunismo, un’ideologia rivoluzionaria nata nel diciannovesimo secolo e che aveva avuto un largo seguito per decine e decine di anni. Gli sembrò curioso che nelle sue letture non si fosse mai imbattuto in questo fenomeno storico e la lacuna gli confermò quanto peraltro tutti sapevano, cioè che sui programmi di studio ufficiali c’erano tante omissioni e che i libri consultabili regolarmente erano funzionali agli interessi del potere costituito. La cosa non aveva mai turbato Fd1225, che non si sentiva portato per la contestazione del sistema.
Nessuno obbedì alla raccomandazione dell’Agenzia, che minacciò di annullare il corteo. Nelle prime file ci furono tafferugli fra Avatar, perché chi aveva la bandiera tricolore voleva che i vessilli rossi sparissero per poter fare la sfilata. La tensione era talmente forte che quasi usciva dagli schermi. A Fd1225 parve di udire dei rumori sospetti anche nei corridoi del casermone. Poi le bandiere rosse furono riposte e tornò la calma fra gli Avatar.
Fd1225 però era nervoso. Non pensava di trovarsi coinvolto in una questione politica, cosa che aveva sempre accuratamente evitato in vita sua. Sperava di divertirsi vedendo sfilare il suo Avatar, e per questo aveva speso un bel po’ di punti, ma ora cominciava a pentirsi. Se fosse stato sul tapis roulant sarebbe stato più tranquillo. A mezzogiorno, quando comparve sulla parete-schermo l’avviso che il corteo poteva iniziare, dette di malavoglia, con il comando vocale, l’ordine all’Avatar di camminare. Il serpentone del corteo era inquadrato da una telecamera aerea, che spesso indugiava sulla prima fila, dove campeggiava, come previsto, lo striscione “Viva il Primo Maggio”. Lo sventolio delle bandiere era uno spettacolo, e Fd1225 si rasserenò un po’. Ma improvvisamente vide una certa agitazione nella fila dietro al suo Avatar. Qualcosa non andava. La fila si fermò e divise il corteo in due. Con mossa fulminea gli Avatar estrassero uno striscione. Da dove era venuto fuori? Fd1225 non se lo seppe spiegare ma pensò che fosse un’iniziativa simpatica. Grande fu la sua sorpresa quando lo striscione venne srotolato e poté leggere la scritta. Una scritta per lui sconvolgente: “Agenzia ladri e sfruttatori”. La trasmissione delle immagini fu subito sospesa, le pareti-schermo diventarono nere e gli Avatar non risposero più ai comandi. L’Agenzia aveva provocato un black out per oscurare la contestazione. Ma dopo un paio di minuti la trasmissione tornò e gli Avatar erano manovrabili. Lo striscione era ancora lì, inquadrato dalle telecamere. Poi il collegamento saltò nuovamente, e poco dopo fu ripristinato. Una snervante altalena come se dietro chissà quale cabina di regia ci fosse una lotta fra chi voleva che la trasmissione continuasse e chi voleva censurarla. Fra un’immagine frammentaria e l’altra, disturbata dalle interferenze, Fd1225 assisteva allibito a scene che mai avrebbe pensato di vedere. Avatar mascherati si aggiravano per il corteo scompaginando le file. Urlavano, agitavano le aste delle bandiere per usarle come corpi contundenti su alcune figure vestite di nero di cui Fd1225 ignorava l’identità e la funzione. L’audio a tratti era insopportabile perché si sentivano dei boati mentre bagliori rossi si levavano dall’area nord est della parete-schermo. Il video era sfuocato, sembrava che ci fosse del fumo e Fd1225 non riusciva a guidare l’Avatar. Aveva perso l’orientamento. La parete-schermo centrale, mentre trasmetteva quell’inferno, pareva muoversi. Fd1225 cominciò ad avere paura fino a quando non si spense tutto e l’intero palazzone piombò in un silenzio irreale. La sua stanza era al buio. Le pareti-schermo rimasero spente per più di un’ora e la porta della stanza di Fd1225 non poteva essere aperta. Poi la luce tornò e con essa sulla parete-schermo centrale apparve un comunicato dell’Agenzia. Diceva che i responsabili della cospirazione erano stati individuati ma che certamente c’erano dei complici. Così, in attesa che le indagini garantissero una maggiore chiarezza, l’Agenzia faceva sapere che gli Avatar di tutti i partecipanti al corteo erano stati disattivati a tempo indeterminato e che tutte le iniziative del primo maggio erano annullate.
Fd1225 era molto arrabbiato. Prima se la prese con quelle teste calde che avevano organizzato una protesta così clamorosa e pensò che dovevano essere stati i giovani del terzo piano, che erano entrati tre o quattro anni fa e che, a quanto si diceva, producevano poco e spargevano in giro discorsi poco trasparenti. Poi fu tentato di mandare una protesta all’Ufficio comunicazioni perché lui non c’entrava nulla, dunque rivoleva il suo Avatar e i punti spesi. Ma poi rifletté. Forse questa storia avrebbe potuto avere ripercussioni negative sul suo futuro, la scadenza del contratto era troppo vicina per rischiare di prendere decisioni avventate. Era più conveniente non fare nulla e fra qualche giorno chiedere un colloquio al dirigente del suo nucleo produttivo. Si stese sul letto, preoccupato per la sorte del suo Avatar. Stava per addormentarsi quando qualcuno aprì la porta ed entrò nella stanza. Erano uomini vestiti di nero, gli stessi che Fd1225 aveva notato al corteo degli Avatar. Non ebbe neanche il tempo di reagire. Lo presero e lo portarono via.

 

Fabio Demi

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