All’inizio del giugno 1944, Faraoni, tramite l’amico vice capo stazione, venne a sapere che il carico di esplosivo dislocato sul binario morto della stazione di Carmignano stava per essere spedito; a questo punto, il gruppo decise di agire nella notte dell’11 giugno. Bogardo andò a Colle, nella casa di Brunetto Fiaschi, dove Cantini aveva un recapito, ma non lo trovò: Cantini era andato ad accompagnare Mario Martini, fuggito il giorno prima dalle mani delle SS e dei fascisti che lo avevano catturato, in una nuova residenza, in località Cave di Bindino, nel Pistoiese e tardò a tornare. Dopo aver atteso qualche ora, si fece consegnare dallo stesso Fiaschi, la cui cantina era stata trasformata in deposito di armi, sette metri di miccia e un ordigno esplosivo a tempo e poi partì verso il luogo dell’appuntamento con i suoi compagni.
L’appuntamento era fissato per le 0,30, a mezza collina nei pressi di Poggio Alla Malva, in località Cavaccia. È probabile che ci sia stato qualche disguido e che qualcuno sia giunto con qualche minuto di ritardo; ma l’azione ebbe inizio quando tutto il gruppo si fu riunito. Ciascuno aveva il proprio compito: dovevano essere immobilizzate eventuali sentinelle, poi Naldi e Bogardo sarebbero saliti su un vagone, avrebbero aperto alcune casse di tritolo, avrebbero innescato la miccia e la bomba a tempo, mentre Spinelli e Banci si sarebbero allontanati verso la citata Cavaccia con una cassa di tritolo asportata per far saltare, nei giorni successivi, il ponte del Mulino. Bogardo ci tenne a fare le cose per bene, perché non voleva un fiasco come il mancato crollo del Ponte dei Bini.
L’operazione fu resa più semplice dall’assenza di sentinelle, sicché ci fu il tempo di fare le cose con la tranquillità che le circostanze concedevano. Chi era stato assegnato a un compito di vigilanza, come Faraoni, vide chiaramente Bogardo, il fratello Alighiero e Ariodante Naldi salire sul vagone e ebbe l’impressione che fosse passato un tempo enorme senza vederli ridiscendere e fuggire. Tutto ad un tratto vide una fiammata e fu l’inferno, uno scoppio incredibile, un’abetaia distrutta, case scoperchiate, il terreno intorno sconvolto dallo scoppio.
Bogardo, Alighiero e Naldi furono dilaniati dall’esplosione, Spinelli e Banci, investiti dall’esplosione generale e da quella della cassa che avevano asportato, subirono ferite che per il primo furono fatali, mentre il secondo riuscì a salvarsi. Era accaduto, molto probabilmente, che Bogardo, dopo aver aperto alcune casse di tritolo lo aveva sparso nel vagone con della balistite che, assieme all’altro ordigno, aveva causato l’esplosione del vagone, innescando per simpatia quella degli altri oltre alla cassa di tritolo che Spinelli e Banci avevano con sé, causando la tragedia in pochi attimi.
Giuseppe Gregori