Il 22 giugno 1940 nella foresta di Compiègne, un piccolo comune nel dipartimento dell’Oise nella regione dell’Alta Francia, viene firmato l’armistizio tra la Germania nazista e la Terza Repubblica Francese, armistizio firmato nello stesso vagone dello stesso treno in cui la Germania imperiale nel 1918 aveva firmato l’armistizio con le forze dell’Intesa nella prima guerra mondiale. Per questo l’evento è anche noto come “seconda Compiègne“.
Già prima della caduta di Parigi (il 14 giugno 1940) numerosi ambienti politici e militari spinsero affinché il governo francese, nel frattempo ritiratosi a Bordeaux, siglasse una pace separata con la Germania. Il 7 giugno il Maresciallo Maxime Weygand, a capo dell’esercito francese, consigliò al governo francese di firmare al più presto un armistizio, affermando che “la battaglia della Somme è perduta”.
Il primo ministro francese in carica, Paul Reynaud, era però contrario a qualsiasi resa, dichiarandosi invece disposto a combattere senza sosta fino alla sconfitta dei tedeschi. Tuttavia la situazione militare era ormai disperata; ciò diede peso alle pressioni degli ambienti militari, sempre più favorevoli a una resa.
Per impedire tale resa, il primo ministro inglese Winston Churchill propose agli alleati la creazione di un’unione anglo-francese che avrebbe dovuto fronteggiare i tedeschi. Il gabinetto francese tuttavia discusse la proposta dello statista britannico e la respinse. A causa di questa bocciatura, Paul Reynaud si sentì costretto alle dimissioni, ponendo così le basi per la resa definitiva ai tedeschi. Al suo posto venne nominato l’anziano Maresciallo Philippe Pétain, assai più incline a porre fine alla guerra.
D’altra parte la situazione a molti appariva realmente disperata. Entro il 22 giugno, le forze armate tedesche (Wehrmacht) avevano perdite di 27.000 morti, più di 111.000 feriti e 18.000 dispersi. Le perdite francesi eramo invece di ben 92.000 morti e più di 200.000 feriti. Il Corpo di Spedizione Britannico aveva subito 68.000 vittime.
Il Maresciallo Pètain, che avrebbe guidato il governo collaborazionista di Vichy, espresse così ai francesi le sue motivazioni per l’armistizio
«Francesi! Ho pregato il nemico di sospendere le ostilità. Il governo ha nominato ieri i plenipotenziari incaricati di accogliere le condizioni dei nemici. Ho preso questa decisione così grave per il cuore di un soldato perché ci è stata imposta dalla situazione militare. Noi speravamo di poter offrire resistenza sulla linea della Somme e dell’Aisne. Weygand stava procedendo al raggruppamento delle nostre forze armate. Il suo stesso nome era garanzia di vittoria. Ma la linea ha ceduto alla pressione nemica e le nostre truppe sono state costrette a ritirarsi. La richiesta dell’armistizio era inevitabile sin dal 13 giugno. La sconfitta vi sorprende. Voi pensate al 1914 e al 1916 e ne ricercate i motivi. Ve li indico io stesso. Il 1º maggio 1917 noi avevamo ancora sotto le armi 3.280.000 uomini, sebbene noi avessimo già alle spalle tre anni di lotta sanguinosa. Alla vigilia dell’attuale battaglia le nostre forze contavano 500 mila uomini in meno. Nel maggio del 1918 combattevano 85 divisioni inglesi, nel maggio 1940 erano, viceversa, solo 10. Nel 1918 avevamo l’appoggio di 58 divisioni italiane e 42 americane. La nostra inferiorità in fatto di munizioni era ancora maggiore di quella in uomini. L’aviazione francese era rispetto a quella nemica in un rapporto di 1 a 6. Troppo pochi uomini, troppe poche armi, troppo pochi alleati, ecco i motivi della nostra sconfitta. Il popolo francese non contesta di avere subito una sconfitta. Ogni popolo ha conosciuto successi e insuccessi. Nel modo di reagire ad essi si riconosce la sua debolezza o la sua grandezza. Trarremo la lezione della lotta che abbiamo perduto. Da quando abbiamo vinto la cupidigia ha cacciato via lo spirito di sacrificio. Abbiamo chiesto più di quanto abbiamo meritato. Volevamo sottrarci agli sforzi. Ora siamo stati sopraffatti dalla calamità. Sono stato con voi nei giorni della gloria. Come capo del governo sono e rimango con voi anche nei giorni di lutto. Resistete con me, la lotta rimane la stessa. Ne va della Francia, del suolo della Francia e dei suoi figli» |
Quando Adolf Hitler ricevette la notizia dal governo francese che desiderava negoziare un armistizio, scelse subito la foresta di Compiègne come sede dei negoziati. Poiché Compiègne era stato il luogo dell’armistizio del 1918 che pose fine alla prima guerra mondiale con la resa della Germania, Hitler usò questo luogo come momento supremo di vendetta per la Germania sulla Francia. Hitler decise che la firma dovesse avvenire nello stesso vagone ferroviario, il Vagone di Compiègne, dove i tedeschi avevano firmato l’armistizio del 1918.
Generale Charles Huntziger, capo della delegazione francese Generale Wilhelm Keitel, delegato tedesco
Hitler aveva una serie di ragioni per accettare un armistizio. Voleva assicurarsi che la Francia non continuasse a combattere dal Nord Africa francese e che la Marina francese fosse fuori dalla guerra. Inoltre, lasciare in carica un governo francese avrebbe sollevato la Germania dal gravoso compito di amministrare il territorio francese, in particolare quando era ancora in corso il conflitto con la Gran Bretagna. Infine, poiché la Germania non aveva una marina sufficiente per occupare i territori francesi d’oltremare, l’unico ricorso pratico di Hitler per negare l’uso britannico di essi era quello di mantenere uno stato francese formalmente indipendente e neutrale.
Secondo il libro di William Shirer Ascesa e caduta del Terzo Reich, il generale francese Charles Huntziger, capo della delegazione francese, si lamentò di come le condizioni di armistizio imposte alla Francia fossero più dure di quelle imposte alla Germania nel 1918. Prevedevano l’occupazione tedesca dei tre quinti della Francia a nord e una linea che attraversa Ginevra e Tours e si estende fino al confine spagnolo, in modo da consentire alla Kriegsmarine della Germania nazista l’accesso a tutti i porti della Manica e dell’Atlantico. Tutte le persone a cui era stato concesso l’asilo politico dovevano essere consegnate e tutti i costi di occupazione dovevano essere sostenuti dalla Francia, circa 400 milioni di franchi francesi al giorno. Le condizioni permettevano inoltre il mantenimento di un esercito francese ridotto ai minimi termini. Una delle poche concessioni di Hitler era inoltre che la Marina francese dovesse essere disarmata ma non data ai tedeschi, poiché Hitler si rese conto che tirare troppo la corda avrebbe potuto portare la Francia a combattere usando l’impero coloniale. Una regione non occupata del sud, la Zone libre, fu lasciata relativamente libera per essere governata da un’amministrazione francese di nicchia con sede a Vichy, che amministrava anche le zone occupate, sebbene con severe restrizioni.
Questo era stato previsto per durare fino a quando fosse stato negoziato un trattato di pace finale. All’epoca, sia i francesi che i tedeschi pensavano che l’occupazione sarebbe stata una situazione provvisoria e sarebbe durata solo fino a quando la Gran Bretagna non avesse raggiunto un accordo, cosa che si credeva imminente. Si stabilì quindi anche che i soldati francesi sarebbero rimasti prigionieri di guerra fino alla cessazione di tutte le ostilità. Quasi 1.000.000 di francesi furono così costretti a trascorrere i successivi cinque anni nei campi di prigionia (circa un terzo dei 1.500.000 prigionieri inizialmente catturati furono rilasciati o scambiati come parte del programma di lavoro forzato Service du Travail Obligatoire dai tedeschi, prima della fine della guerra ).
Un trattato di pace finale non fu mai negoziato e la zona non occupata fu occupata dalla Germania e dal suo alleato italiano a Case Anton in seguito all’invasione del Nord Africa francese da parte degli Alleati nel novembre 1942.
L’articolo 19 dell’armistizio franco-tedesco obbligava lo stato francese a consegnare alle autorità tedesche qualsiasi cittadino tedesco sul territorio francese, che sarebbe poi stato frequentemente deportato in un campo di concentramento (clausola “Resa su richiesta”). Wilhelm Keitel ha assicurato verbalmente che ciò si sarebbe applicato principalmente a quei profughi che avevano “fomentato la guerra”, un eufemismo per ebrei, e specialmente ebrei tedeschi che fino ad allora avevano goduto di asilo in Francia. Keitel fece anche un’altra concessione, che gli aerei francesi non avrebbero dovuto essere consegnati ai tedeschi.
La delegazione francese, guidata dal generale Charles Huntziger, cercò di ammorbidire i termini più duri dell’armistizio, ma Keitel rispose che avrebbero dovuto accettare o rifiutare l’armistizio così com’era. Data la situazione militare in cui si trovava la Francia, Huntziger “non aveva altra scelta” che aderire ai termini dell’armistizio. Il cessate il fuoco entrò in vigore alle 00:35 del 25 giugno 1940, più di due giorni dopo, solo dopo che fu firmato un altro armistizio tra Francia e Italia, il principale alleato tedesco in Europa.
Immagine d’apertura: vagone su cui fu firmato l’armistizio
Bibliografia e fonti varie
- Basil Liddell Hart, Storia militare della seconda guerra mondiale, Mondadori, Milano 2004, pag. 119
- Antologia diplomatica – La crisi dell’Europa (1914-1945), a cura dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, pag. 146
- Shirer, William, The Rise and Fall of the Third Reich: A History of Nazi Germany, (Ascesa e Caduta del terzo Reich: una storia della Germania nazista) Simon & Schuster, 2011, ISBN 978-1-4516-5168-3 p. 742ù
- Gates, Eleanor. End of the Affair: The Collapse of the Anglo-French Alliance, 1939–1940 (1980)
- Jackson, Julian. France: The Dark Years, 1940–1944 (2001) ch 6
- Lacouture, Jean. De Gaulle: The Rebel, 1890–1944 (1984; English ed. 1991), ISBN 084190927X
- Potts, William J. The German-French Armistice of June, 1940, and the German Armistice Commission, 1940–1942 1966.
- Shirer, William. The Collapse of the Third Republic (1969)