La nonna e la nipotina sono nel giardino di casa. La bambina gioca con un grosso e mansueto cane giallo; l’animale si lascia fare di tutto, si lascia tirare la coda e le orecchie, si lascia cavalcare come un piccolo pony; si mette a pancia in all’aria quando la bambina lo accarezza e vi si sdraia sopra. La nonna con un occhio legge la rivista e con l’altro segue le prodezze della nipotina e la tranquilla accondiscendenza del cane. Ora la donna si alza e chiede: «diamo la pappa a Kim?». Il cane drizza le orecchie, conosce il suo nome e la parola «pappa». La bambina già corre verso il garage dove c’è il sacco con i croccantini. La nonna prende il sacco e si avvia verso la ciotola del cane che le saltella pesantemente accanto, dal muso gli cola un filo di saliva; la bambina sgambetta davanti a loro. Il cane ha fame e nella sua mente affiorano sensazioni antiche, di quando era un lupo e con i suoi simili, in branco, predava le gazzelle nella prateria. Individuava la preda più debole, la più inerme, la più lenta, è l’istinto del cacciatore che è stato in quei tempi remoti che ora affiora nella sua mente: in questo momento è un lupo. Ed ecco che ora la bimba inciampa e cade. Eccola la preda da ghermire. il cane le si avventa sopra, la addenta tra nuca e collo e la finisce. La nonna lancia un urlo e sviene; accorrono i vicini.
Il cane si è rifugiato in fondo al garage, è emerso dal suo sogno di lupo, ha le orecchie basse e lo sguardo impaurito, sa di aver commesso un terribile sbaglio e si aspetta l’inevitabile punizione.
Una belva simile, oscena, feroce e assetata di sangue abita il cuore degli uomini ed i segnali rivelatori del suo risveglio sono molteplici.
Teodoro di Leva