Il Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale IGP si conferma una certificazione solida e con una filiera stabile nonostante le difficoltà legate all’aumento dei costi di produzione, alla diminuzione del potere di acquisto del consumatore e alla concorrenza di carne di filiere convenzionali a prezzi minori. È quanto emerge dai dati relativi al 2023 registrati dal Consorzio di tutela, che guarda al futuro con nuove prospettive per consolidare sempre di più una certificazione che nell’anno appena concluso ha celebrato i 25 anni dall’assegnazione della IGP da parte dell’Unione Europea come primo marchio di qualità per le carni bovine italiane, avvenuta nel 1998.
I dati 2023 parlano di 18.619 capi bovini certificati Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale IGP, con un importante aumento rispetto ai 18.311 del 2022, che rappresenta anche il dato più alto degli ultimi otto anni. L’aumento si deve per intero all’incremento dei capi di razza Chianina (circa + 500 capi). Oggi la filiera del Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale IGP è rappresentata da 3.134 allevamenti (dislocati nell’area compresa fra Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Lazio, Marche, Campania, Abruzzo e Molise), 997 macellerie, 77 mattatoi e 123 laboratori di sezionamento.
Qualità e territorio: binomio vincente. “Il trend positivo della certificazione Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale IGP – afferma il direttore del Consorzio di tutela, Andrea Petrini – indica una filiera stabile di fronte alle grandi difficoltà che stanno colpendo il nostro settore su più fronti. In particolare, i nostri allevatori stanno affrontando costi di produzione sempre più alti che non sono compensati da un pari aumento del prezzo di vendita. A questo si aggiunge l’attuale crisi economica, con un conseguente minore potere di acquisto che ‘premia’ le filiere di prodotti ‘convenzionali’ a discapito di filiere certificate DOP e IGP”.
“Nonostante ciò – aggiunge Petrini – la tenuta della domanda di questa carne sul mercato consolida l’attenzione verso un prodotto in cui il legame stretto tra qualità e territorialità rappresenta da oltre 25 anni l’elemento cardine per la tutela e la valorizzazione delle tre razze tipiche dell’Appennino Centrale – Chianina, Marchigiana e Romagnola – ed è sinonimo di qualità e di garanzia per tutta la filiera, dagli allevatori ai consumatori. Inoltre, sono in costante aumento le autorizzazioni rilasciate dal Consorzio per l’utilizzo della denominazione sui prodotti trasformati, quali ragù, hamburger, salumi, paste ripiene, e su quelli pronti a cuocere, che oggi assorbono una fetta importante del prodotto certificato Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale IGP”.
Un anno difficile per la Chianina. “Non è tutto oro quel che luccica – continua ancora Petrini – Il 2023 è stato un anno particolarmente difficile per la Chianina e per gli allevatori di questa razza. L’elevato valore di mercato della Chianina nel periodo ‘pre crisi’ ha determinato negli ultimi due anni un aumento delle consistenze della razza con un conseguente aumento di capi in stalla pronti alla macellazione. Una parte di questi sono stati assorbiti dalla filiera del Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale mentre altri, usciti da questa filiera senza trovare collocazione equivalente sul mercato, hanno favorito una diminuzione del prezzo di vendita con un conseguente calo anche del valore di mercato, sia dei vitelli da ristallo che dei vitelloni in certificazione Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale”.
Il Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale ha ottenuto nel 1998 il riconoscimento di IGP, Indicazione Geografica Protetta, ed è stato il primo marchio di qualità per le carni bovine fresche approvato dall’Unione Europea per l’Italia. Questa IGP certifica la carne prodotta dalle razze bovine tipiche dei territori dell’Appennino centrale (Chianina, Marchigiana e Romagnola), nate e allevate nelle aziende sottoposte alle verifiche sul rispetto del disciplinare di produzione, rientranti nell’area tipica e venduta esclusivamente nei punti vendita autorizzati. La filiera è interamente controllata a garanzia del consumatore.