Lo abbiamo già incontrato quando abbiamo raccontato l’esposizione che fece della bandiera rossa sul “campano” di Carmignano, il Primo Maggio 1944. Ma chi era in realtà Bogardo Buricchi?
Era nato alla Serra di Carmignano il 23 ottobre del 1920, il padre Aquilino lavorava da operaio presso la fattoria Rasponi di Carmignano; la madre Marina Nunziati faceva la trecciaiola, come molte donne del tempo. Era una famiglia semplice, laboriosa e religiosa. L’infanzia di Bogardo (il fratello Alighiero nasce nel 1925) scorre tranquilla, giochi con gli amici, scuola senza eccellere, ma senza demeriti particolari; naturalmente a scuola riceve un’educazione tipica dei tempi, di esaltazione del fascismo e dei miti nazionalisti della patria, dell’impero, del duce. A tredici anni, nel 1933, decide di entrare in seminario a Pistoia, ma ne esce quattro anni dopo, ancora senza un diploma e con una forte lacerazione interiore che lo porta ad odiare i preti e la Chiesa, ma solo temporaneamente: egli è e resterà un credente fino alla fine. L’anno successivo, dopo lunga sofferenza, causata forse da un tumore, muore sua madre, cui era molto legato, a soli quarantasette anni, provocandogli un forte trauma emotivo.
Con l’aiuto di un sacerdote, da sempre amico della sua famiglia, don Benvenuto Matteucci, consegue il diploma magistrale e trova un lavoro da istitutore, a Firenze, presso un collegio di Piazza Vittoria. In virtù di tale lavoro prese contatto con l’ambiente fiorentino, culturalmente più vivace di quello di Carmignano: con l’entrata dell’Italia nella Seconda guerra mondiale maturò gradualmente una forte avversione al fascismo; dopo l’8 settembre 1943 avrebbe dovuto arruolarsi nell’esercito della RSI (dopo un paio di rinvii per estrema gracilità fisica era stato dichiarato abile), ma non si presentò e, dal gennaio 1944, divenne un renitente ricercato.
Nel frattempo, aveva costituito la squadra, aveva messo assieme I ragazzi di Bogardo, e aveva iniziato a compiere azioni di sabotaggio alle linee di comunicazione. A metà febbraio, aveva organizzato lo sciopero dei contadini carmignanesi, riuscendo ad ottenere che circa trecento di loro confluissero in piazza per protestare contro la disposizione che maggiorava di quindici chili la quota di grano che ciascuna famiglia doveva conferire all’ammasso. Una delegazione di contadini era stata ricevuta dal podestà, ma questi il giorno dopo era fuggito. Per evitare le ritorsioni della Banda Carità, la squadra di Bogardo, il 2 marzo, aveva incendiato e distrutto con l’esplosivo l’ufficio comunale degli accertamenti agricoli, per far sparire i documenti sul raccolto, senza i quali non era possibile calcolare l’ammasso supplementare.
Giuseppe Gregori