I #cinesi hanno evitato l’epidemia. Almeno a Prato, dove avevano già chiuso tutto già prima del #lockdown, e nel resto della Toscana. Fra gli #stranieri in generale, che sono ormai una parte importante della popolazione toscana, si contano soltanto 6 morti per #Covid-19. E si ammalano soprattutto coloro che lavorano nelle Rsa. Guardare agli immigrati, in definitiva, ci aiuta a capire meglio l’impatto dell’epidemia sulle diverse classi di età e professioni.
I dati emergono da un’analisi dell’Agenzia regionale di sanità, che ha cercato di rispondere a una domanda frequente, specie all’inizio dell’epidemia: i migranti si ammalano meno degli italiani?
«I dati riferiti alla Toscana sembrano confermare che la giovane età e la mancanza di comorbidità dei cittadini stranieri rappresentano fattori protettivi nei confronti dell’infezione da SARS-CoV-2 – osserva Fabio Voller, coordinatore dell’Osservatorio di Epidemiologia di Ars Toscana – nonostante questi cittadini abbiano lavorato in ambienti particolarmente attaccati dal virus, come le Rsa e gli ospedali».
Quanti sono gli stranieri positivi in Toscana per Sars-CoV-2?
In Italia, al 1° gennaio 2019 la popolazione straniera residente era l’8,5% della popolazione totale dei residenti, e in Toscana, che rappresenta ancora un territorio in grado di attrarre la stabilizzazione di cittadini stranieri, la percentuale raggiunge l’11,2%.
Alla data del 27 aprile 2020, sulla piattaforma dell’Istituto superiore di sanità, sono state registrate in Toscana 8.017 infezioni da Sars-CoV–2 sulla base dei dati raccolti dai servizi di igiene e sanità pubblica dei dipartimenti di Prevenzione. Su 8.017 casi considerati (l’87,6% dei casi totali rilevati dall’Unità di crisi della Regione Toscana e trasmessi alla Protezione civile a quella data), 6.781 risultano a carico di cittadini italiani (84,6%), 347 interessano cittadini stranieri (4,3%), mentre per 889 (11,1%) la cittadinanza risulta mancante. In linea con quanto osservato fra gli italiani, il rapporto di genere maschio/femmina vede le donne più coinvolte dall’infezione ma, a differenza di queste ultime, le straniere risultano in percentuale maggiore (straniere: 60,5%; italiane: 53,1%).
I paesi di provenienza riflettono le etnie che maggiormente risiedono in Toscana, ad eccezione di quella cinese. I dati, infatti, mostrano ben 64 nazionalità presenti nella casistica toscana; la figura mostra come il 18,4% dei casi Sars-CoV-2 positivi provengono dall’Albania, il 15,3% dalla Romania, il 14,1% dal Perù, il 5,5% dalle Filippine e il 3,7% dal Brasile India e Marocco. Solo 11 i casi che sono riconducibili a Paesi con un sistema economico sviluppato.
Fra i cittadini cinesi (che ricordiamo rappresentano il 13% dei residenti stranieri in Toscana) è stato registrato soltanto 1 caso. Quest’ultima informazione risulta oltremodo interessante, alla luce del fatto che la città di Prato ospita una delle più grandi comunità cinesi d’Europa e che, dato l’esordio dell’infezione, sembrava destinata a diventare un epicentro di Covid-19.
I dati registrati sulla piattaforma dell’Iss
Venendo alla composizione socio anagrafica della popolazione straniera positiva per Covid, l’età media dei Sars-CoV-2 positivi è di 45,9 anni (italiani: 60,9 anni) con soltanto il 4,2% delle infezioni registrate fra gli over 70 (italiani: 36% hanno più di 70 anni). Fra le possibili spiegazioni, la giovane età della popolazione straniera residente che in Toscana ha un’età media di 34,6 anni, costituisce una delle ipotesi più accreditate. Trattandosi di persone giovani, non stupisce nemmeno la presenza di un minor numero di comorbidità (in particolare patologie croniche come il diabete, l’ipertensione, la broncopneumopatia cronica ostruttiva e l’insufficienza renale) che interessano soltanto il 18,2% degli stranieri (italiani: 32,4%).
Venendo alle conseguenze più gravi di salute, al 26 aprile 2020, sono 6 decessi per infezione da Sars-CoV-2 nella popolazione straniera. Rispetto agli italiani, l’indice di letalità, ovvero il numero di decessi sul numero di casi, è molto più basso fra gli stranieri (1,7% vs. 8%) con valori che, in linea con l’andamento italiano, risultano più elevati nel genere maschile (maschi: 2,9%; femmine:1%). L’età mediana delle persone decedute è 77 anni (italiani: 83 anni). Per quanto riguarda le comorbidità, soltanto 2 delle persone decedute presentavano almeno una patologia cronica concomitante (stranieri: 33,3%; italiani: 68,3%).
Analizzando il tempo trascorso tra la data d’insorgenza dei sintomi e la data di esecuzione del prelievo o del ricovero, è possibile riconfermare che il Sistema sanitario regionale, in accordo con la sua impostazione universalistica, ha un approccio improntato all’equità di trattamento su tutta la popolazione. Nel primo caso la mediana è di 4 giorni mentre fra l’esordio dei sintomi e il ricovero è di 5 giorni (sovrapponibile al dato italiano).
Pochi sintomi per la maggior parte di stranieri e italiani
Nel complesso, gli stranieri positivi in condizioni meno gravi, ovvero gli asintomatici, i pauci-sintomatici e i pazienti con sintomatologia lieve, rappresentano l’84,7% del totale (italiani 78%), il 14,1% sono coloro che si trovano in uno stato clinico severo (italiani 18,5%) mentre l’1,2% è in condizioni critiche (italiani: 3,5%).
La giovane età di questa popolazione e le migliori condizioni di salute spiegano anche il minor ricorso al ricovero ospedaliero sia in reparti di degenza ordinaria (stranieri 15,3%; italiani 24%) che di terapia intensiva (stranieri 1,7%; italiani 2,1%).
Si ammalano gli stranieri che lavorano nelle Rsa
Fra gli stranieri, 81 persone hanno contratto l’infezione sul luogo di lavoro e, di queste, 57 risultano operatori sanitari che operano prevalentemente all’interno di Residenze sanitarie per anziani (46). Dato che sono soprattutto le donne provenienti dai Paesi dell’est Europa e sud America (Perù) a svolgere professioni di natura assistenziale (in prevalenza agli anziani), l’informazione riguardante il luogo di contagio spiega, in parte, il maggior coinvolgimento del genere femminile fra gli stranieri provenienti da questi Paesi. «I dati riferiti alla nostra regione – è il commento di Fabio Voller, coordinatore dell’Osservatorio di Epidemiologia di Ars Toscana – sembrano confermare che la giovane età e la mancanza di comorbidità dei cittadini stranieri rappresentano fattori protettivi nei confronti dell’infezione da Sars-CoV-2, nonostante questi cittadini abbiano lavorato in ambienti particolarmente attaccati dal virus, come le Rsa e gli ospedali».
L’approfondimento sul sito di Ars