Da un piccolo insetto a una stellina creata in laboratorio, fino a nuove applicazioni per migliorare la vita quotidiana. È il cammino di un colore (o non colore) bianco, bianchissimo, ottenuto dai ricercatori dell’Università di Firenze insieme ad alcuni colleghi cinesi.
Ma cominciamo dal principio.
Cinque anni fa un piccolo insetto, un coleottero asiatico del genere cyphochilus, ha stupito il mondo dei ricercatori: il segreto del candore eccezionale del coleottero è da ricercare nella particolare struttura che riveste l’insetto. Il suo corpo è infatti ricoperto da microscopiche scaglie di un bianco particolarmente intenso pur avendo uno spessore estremamente minore di quello, ad esempio, di un foglio di carta. Rispetto ad un semplice foglio di carta, infatti, le scaglie sono organizzate internamente con una fitta rete di filamenti sottilissimi, centinaia di volte più sottili di un capello, che riescono a diffondere la luce in modo molto efficiente.
Una procedura che avviene spontaneamente in condizioni ambientali, ha ora portato alla realizzazione di un bianco addirittura superiore all’esempio naturale. L’ha formulata un team composto da ricercatori dell’Università di Firenze (Dipartimento di fisica e astronomia, laboratorio europeo di spettroscopia non lineare), insieme all’Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica e all’Accademia delle Scienze di Pechino.
Come nel caso del rivestimento del coleottero, che è composto da un polimero chiamato chitina, anche per il nuovo materiale è stato scelto di usare un polimero – il polistirene – più comunemente detto polistirolo e conosciuto dai più nella sua forma espansa. La struttura realizzata dai ricercatori è ottenuta a temperatura ambiente in un’atmosfera ricca di vapore acqueo tramite un processo noto come separazione di fase, cioè la separazione che avviene spontaneamente in una miscela di polistirene dissolto e acqua.
«Per capire meglio può essere utile pensare all’esempio di un semplice miscuglio fra acqua e olio», spiegano i componenti Unifi del team, Lorenzo Pattelli e Diederik Wiersma – I due liquidi non sono amalgamabili fra loro, tanto che subito dopo averli mescolati, l’olio forma delle gocce isolate in sospensione nell’acqua, che poi si riuniscono insieme, separando di nuovo completamente l’acqua e l’olio (separazione di fase).
«Tra lo stato iniziale della miscela e quello finale completamente separato esistono tutta una gamma di stati intermedi in cui le perline di olio cominciano a fondersi formando via via strutture sempre più estese. Seguendo questo esempio, potremmo dire che la miscela tra acqua e polistirene si comporta come quella tra olio e acqua – continuano i ricercatori – Uno dei risultati della ricerca è stato quello di riuscire a regolare le dosi dei due materiali e la velocità di evaporazione dell’acqua per far sì che il processo di separazione di fase si arresti ad uno stato intermedio, dove la separazione non è ancora avvenuta completamente e le due fasi formano una struttura particolarmente interessante dal punto di vista ottico».
Il risultato, una volta evaporata completamente l’acqua, è una architettura di polistirene composta da una rete di microscopici filamenti e tunnel collegati fra loro: una struttura cosiddetta “bicontinua”, cioè in cui sia i tunnel che i filamenti attraversano tutto il materiale intrecciandosi, ma senza interruzioni.
«Questo tipo di struttura – è particolarmente interessante anche perché ad oggi, a livello industriale, il colore bianco viene tipicamente ottenuto con l’aggiunta di nanoparticelle che, se inalate, sono potenzialmente dannose per la salute, mentre nel nostro caso abbiamo una struttura unitaria non composta da parti separabili – commentano Pattelli e Wiersma Queste caratteristiche fanno ipotizzare per il polistirene super bianco una molteplicità di utilizzi: dalla produzione di vernici più ecologiche a tessuti termoregolanti, dalla realizzazione di pannelli solari più efficienti a quella di schermi ultrasottili e flessibili».
Tramite misure ottiche, i ricercatori hanno calcolato la bianchezza e la brillantezza del nuovo materiale confrontandola con quella del coleottero e giudicandola addirittura superiore. Hanno inoltre scoperto il suo potenziale carattere super-idrofilico. «Se immerso in acqua, ma basta anche il vapore acqueo contenuto in un respiro, il materiale diventa temporaneamente trasparente, suggerendo altre possibili applicazioni per sensori di umidità o per monitorare otticamente l’espirazione».