La caduta di Costantinopoli, termina definitivamente l’impero romano.

Il 29 maggio 1453 avviene la caduta di Costantinopoli, conquistata dall’esercito del sultano ottomano Mehmet II, con essa ha definitivamente termine l’Impero romano d’oriente, ultimo erede diretto dell’impero romano.

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Originariamente fondata come Bisanzio dai coloni greci di Megara nel settimo secolo avanti cristo, nel 330 dopo cristo fu rifondata dall’imperatore Costantino I come Nuova Roma per essere la nuova capitale dell’impero romano. Dal 395, anno della morte dell’imperatore Teodosio e della conseguente divisione definitiva dell’impero in Oriente e Occidente, la città fino alla conquista ottomana è stata capitale dell’Impero romano d’Oriente, comunemente meglio noto come Impero bizantino. Nonostante Costantino la avesse definita Nuova Roma, il nome della città divenne presto per tutti Costantinopoli, la città di Costantino, nome che ufficialmente non cambiò fino al 1930, quando Ataturk lo abolì definitivamente in favore del termine turco Istanbul, il quale significa semplicemente “la città”.

L’impero romano d’oriente (impero bizantino) nel XV secolo

Costantinopoli, con le sue Mura teodosiane costruite dall’omonimo imperatore Teodosio, al momento dell’assedio ottomano nel 1453, aveva la cerchia di mura più sicura ed impenetrabile d’Europa (e del mondo conosciuto), gli ottomani disponevano però di uno strumento bellico all’assoluta avanguardia: il mostro-cannone di Umbar, capace di 5 colpi al giorno ma in grado di sgretolare le Mura teodosiane con palle di granito di 63 centimetri pesanti 350 kg; per ironia della sorte questa portentosa invenzione bellica venne inizialmente proposta ai bizantini che in pieno decadimento la rifiutarono per l’alto costo. Oltre all’avanzata tecnologia, che non fu però del tutto efficace nel distruggere i possenti bastioni bizantini, gli ottomani avevano dalla loro parte anche i numeri: il rapporto tra bizantini e ottomani era di uno contro cento salvo poi aumentare di un terzo, durante il protrarsi del conflitto.

Bandiera dell’impero romano d’oriente (impero bizantino) nel XV secolo
L’assedio in un manoscritto di fine 1454 conservato alla Bibliothèque nationale

La città, che rappresentava la vera potenza su cui poggiava tutto l’Impero Bizantino, è stata la città che subì più assedi in assoluto nella storia dell’umanità, capitolando una sola volta durante la Quarta crociata nel 1204 quando venne conquistata con l’inganno dagli eserciti crociati accolti come alleati ma che poi avevano deciso di razziarla; non avevano come obiettivo la conquista dell’Impero orientale, e furono cacciati dalla città nel 1261. Nei due secoli seguenti le dimensioni dell’impero furono gradualmente ridotte dalle forze ottomane. Nel 1453, l’impero bizantino era ormai ridotto alla sola Costantinopoli ed una porzione del Peloponneso e Tessaglia.

L’assedio iniziò col 2 aprile 1453. Il 6 aprile il giovane e ambizioso sultano Mehmet II, da poco salito al trono, attaccò la città sia dalla terra che dal mare con un esercito di 80.000 uomini mentre i difensori erano circa 7.000 uomini. Nel porto della città erano all’ancora 26 navi da guerra bizantine, la flotta ottomana ne contava 200. Al disperato grido di aiuto di Costantinopoli risposero solo una squadra di catalani, napoletani (tra i quali perse la vita, sotto le mura della città di Costantinopoli, il duca di Venosa Gabriele del Balzo Orsini), veneziani e 700 genovesi guidati dal Nobile Condottiero e Capitano Genovese Giovanni Giustiniani Longo.

Mehemt II aveva chiesto la resa all’imperatore bizantino Costantino XI Paleologo, offrendosi di risparmiare lui e tutti gli abitanti della città e di nominare Costantino stesso suo governatore. Costantino rifiutò, rispondendo al sultano con questo celebre messaggio: “Darti la città, non è decisione mia né di alcuno dei suoi abitanti; abbiamo infatti deciso di nostra spontanea volontà di combattere, e non risparmieremo la vita“. L’imperatore Costantino morì poi l’ultimo giorno di assedio combattendo l’assalto ottomano con la sua guardia personale.

La città fu razziata dalle truppe ottomane il giorno successivo alla conquista, in un quadro di ampie e incontestabili distruzioni, di violenze di ogni genere, di razzie, numerose chiese in realtà sfuggirono alla furia delle truppe vincitrici e alla trasformazione in moschee.
La grande chiesa dei Santi Apostoli – seconda solo a Santa Sofia – fu riconsegnata poco tempo dopo al Patriarca Gennadius e divenne la nuova sede del patriarcato.

Il cannone dei Dardanelli, lanciato da Munir Ali nel 1464, è simile ai bombardamenti usati dagli assedianti ottomani di Costantinopoli nel 1453 (collezione British Royal Armouries).

In seguito alla conquista, sotto la dominazione ottomana la città ebbe una rinascita, e conservò il carattere cosmopolita dei secoli precedenti.

Qui di seguito il testo completo in italiano dell’ultimo discorso di Costantino XI ai soldati prima della caduta della città, come riportato da Giorgio Sfranze nella sua Cronaca

Nobilissimi capitani, illustri demarchi e generali, valorosi commilitoni e tutti voi miei onorevoli e fedeli sudditi!

Sapete bene che l’ora è giunta: il nemico della nostra fede vorrebbe opprimerci ancora più crudelmente dalla terra e dal mare con ogni mezzo a sua disposizione, per paralizzarci se potrà, come un serpente in procinto di sputare veleno; ha fretta di divorarci, come un leone selvaggio.Per questa ragione vi scongiuro di combattere da uomini con cuori coraggiosi, come avete già fatto fino ad oggi, i nemici della nostra fede.

Io affido nelle vostre mani questa illustre e rinomata città, Regina delle Città e vostra patria.Sapete bene, fratelli, che condividiamo quattro ragioni per le quali preferiamo la morte alla sopravvivenza: primo, la nostra fede e devozione; secondo, la nostra patria; terzo, l’imperatore, unto dal Signore; e quarto, i nostri parenti e amici.

Bene, fratelli, se dobbiamo combattere per una di queste ragioni, sarà ancora più degno morire per tutte e quattro.

Se Dio concederà la vittoria agli infedeli a causa dei miei peccati, metteremmo a rischio le nostre vite per la santa fede, che Cristo ci ha donato con il suo sangue. Questa è la causa più importante per la quale combattere. Quale profitto c’è nel guadagnare l’intero mondo e nel perdere la propria anima? In secondo luogo, saremmo privati di una così rinomata patria, insieme alla nostra libertà. Terzo, perderemmo un impero una volta conosciuto ma oggi umiliato, piccolo ed esausto, e sarebbe governato da tiranno e un uomo empio. Quarto, saremmo separati dai nostri carissimi figli, mogli, parenti.

Sono oggi cinquantasette giorni da quando il vile infedele, il Sultano, ci ha tagliati fuori dal mondo esterno, e per tutto il tempo non ha smesso di assediarci giorno e notte con ogni mezzo a sua disposizione. Ma, con la grazia di Cristo nostro Signore, che tutto vede, il nemico è stato più volte respinto, fin’ora, dalle nostre mura con vergogna e disonore. E ora ancora, fratelli miei, non vi allarmate se una piccola sezione del muro è caduta a causa del martellamento e delle esplosioni dei cannoni, poiché come potete vedere, l’abbiamo riparata rendendola il più possibile. Noi stessi abbiamo affidato tutte le nostre speranze alla gloria invincibile di Dio.

I Turchi confidano nelle loro armi e nei loro cavalli, nella potenza e nei numeri; ma noi crediamo nel nome del Signore, nostro Dio e Salvatore, e in secondo luogo nelle nostre armi e nella forza garantiteci dal potere divino. So che le innumerevoli orde degli infedeli avanzeranno contro di noi, come loro costume, violentemente, sicuri di sé, con audacia e forza così da sopraffarci e renderci esausti per la durezza dello scontro. Tenteranno di spaventarci con alte grida e con innumerevoli urli di guerra. Ma vi sono ormai familiari questi loro espedienti, e non vi è bisogno che aggiunga altro. Continueranno così a lungo, e faranno piovere innumerevoli pietre e altri proiettili su di noi con le loro catapulte e i loro cannoni, dall’alto, come sabbia dalla riva del mare. Ma spero che tali cose non ci danneggino: poiché io vi guardo e mi rallegro grandemente, e nutro i miei pensieri con la speranza che noi siamo, seppur pochi, tutti guerrieri veterani ed esperti, forti e coraggiosi, e voi uomini siete ben preparati. Proteggete bene la testa con gli scudi in battaglia. Tenete il vostro braccio destro, armato di spada, ben proteso davanti a voi tutto il tempo. I vostri elmi, pettorali e armature sono pienamente sufficienti, insieme alle altre armi, e si dimostreranno molto efficaci in combattimento. I nostri nemici non hanno e non usano tali equipaggiamenti. Voi siete protetti dentro le mura, mentre loro avanzeranno senza copertura e con fatica. Per queste ragioni, miei commilitoni, state pronti e saldi, e restate valorosi, per pietà di Dio. Prendete esempio dai pochi elefanti dei Cartaginesi e come questi disperdevano la numerosa cavalleria dei Romani, con il loro rumore e il loro aspetto. Se una bestia stupida ne mette un’altra in fuga, noi, padroni dei cavalli e degli animali, possiamo fare sicuramente meglio contro i nostri nemici, in quanto sono anche peggio che stupide bestie. Scagliate i vostri giavellotti e le vostre frecce contro di loro, colpiteli con le vostre spade e lance. Immaginate di star cacciando un branco di cinghiali selvatici, così che gli infedeli apprendano che non hanno a che fare con stupidi animali ma con i loro signori e padroni, i discendenti dei Greci e dei Romani.

Sapete bene che questo empio Sultano, nemico della nostra santa fede, ha violato senza alcuna ragione il trattato di pace che avevamo con lui e ha rotto i suoi numerosi giuramenti senza pensarci due volte. Improvvisamente, è apparso e ha costruito il suo castello sugli stretti di Asomaton, così da danneggiarci giornalmente. Poi ha dato alle fiamme le nostre fattorie, i nostri giardini, parchi e le nostre case, mentre uccideva e rendeva schiavi tutti i nostri fratelli cristiani che riusciva a trovare. Ma si è comportato amichevolmente con gli abitanti di Galata, e questi se ne compiacciono, ignari della storia del figlio del contadino che, cuocendo alcune lumache, diceva loro: “Oh stupide creature, etc.”E allora, fratelli miei, da quando ha iniziato l’assedio e il blocco, ogni giorno apre la sua grande bocca cercando l’opportunità per divorare noi e questa città, che il tre volte benedetto Costantino il Grande fondò e dedicò alla santissima e castissima Madre di Dio, nostra Signora, Maria, l’eterna vergine. Diventò la Regina delle Città, lo scudo e il supporto della nostra patria, il rifugio dei cristiani, la speranza e gioia di tutti i Greci, l’orgoglio di tutti coloro che vivono sotto il sole d’Oriente. E questo infedelissimo uomo vorrebbe portare sotto il suo dominio questa città che una volta era l’orgoglioso centro del mondo, come se volesse raccogliere una rosa da un campo.

Questa città, che ha conquistato, posso ben dirlo, tutto l’universo, che ha sottomesso sotto i suoi piedi il Ponto, l’Armenia, la Persia, la Paflagonia, le terre delle Amazzoni, la Cappadocia, la Galazia, la Media, la Colchide Iberica, il Bosforo, l’Albania, la Siria, la Cilicia, la Mesopotamia, la Fenicia, la Palestina, l’Arabia, la Giudea, la Bactria, la Scizia, la Macedonia, la Tessaglia, l’Ellade, la Beozia, la Locride, l’Etolia, l’Acarnania, l’Acaia, il Peloponneso, l’Epiro, l’Illiria, i Parii che vivono lungo l’Adriatico, l’Italia, la Toscana, i Celti e i Galati, la Spagna fino a Cadice, la Libia, la Mauritania, la Maurusia, l’Etiopia, il Sudan Nero, la Numidia, l’Africa e l’Egitto. Ora, quest’uomo vorrebbe rendere questa città schiava e mettere il giogo alla Signora delle Città; le nostre sante chiese, dove era venerata la Santa Trinità, dove lo Spirito Santo è stato glorificato con inni, dove gli angeli sono stati sentiti con il loro canto la divinità e la parola di Dio fattasi uomo, ora egli le vorrebbe trasformare in santuari per l’adorazione della sua blasfemia, in santuari del pazzo e falso profeta, Maometto, in stalle per i suoi cavalli e cammelli. Allora, fratelli e compagni d’armi, ricordatevi di questo così che la vostra memoria, la vostra fama e la vostra libertà saranno eterne.”Poi si voltò e si rivolse ai Veneziani, che stavano alla sua destra:“Nobili Veneziani, miei carissimi fratelli in Cristo, uomini coraggiosi, combattenti veterani ed esperti! Tante volte, per grazia divina, avete elargito morte alle orde dei figli di Hagar con le vostre spade scintillanti, tanto che il loro sangue scorreva a fiumi dalle vostre mani. Quest’oggi vi esorto a essere i difensori di questa città, presa tra i disastri di questa guerra, con tutto il cuore e l’anima. Sapete bene che è sempre stata per voi una madre e una seconda patria. Ancora una volta vi scongiuro, agite in quest’ora come fedeli amici, compagni cristiani, e fratelli.”

Poi si voltò rivolto verso tutti e disse:“Non c’è tempo per discorsi più lunghi. Affido solamente il mio umile scettro nelle vostre mani, che possiate salvaguardarlo con buona volontà. Vi imploro e vi prego di esibire, se avete un po’ di affetto per me, i dovuti onore e obbedienza ai vostri comandanti, demarchi e centurioni, ognuno in accordo al suo rango, reparto, e dovere. Sappiate anche questo: se manterrete i miei ordini nel vostro cuore, prego Dio che saremo liberati dalla sua attuale, giusta minaccia. In secondo luogo, la corona adamantina vi attende in paradiso. E voi sarete degnamente ricordati sulla terra per l’eternità.

Immagine d’apertura: Mehmed il Conquistatore entra a Costantinopoli, dipinto di Fausto Zonaro

Bibliografia e altre fonti

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