la scuola di hagaz in eritrea

Caritas Prato sostiene i vescovi dell’Eritrea contro la chiusura di scuole e cliniche cattoliche

Eritrea sempre più stretta nella morsa di una durissima dittatura militare, capace addirittura di sconfinare negli instabili territori della vicina Etiopia per recuperare di forza i propri profughi e ricondurli nel territorio e sotto il regime di Asmara. La stretta del regime è sempre più forte e coinvolge da tempo le istituzioni di carattere assistenziale ed educativo fondate dalle missioni cattoliche nel Paese. Una questione drammatica alla quale è sensibile, in Italia, il mondo cattolico pratese.

La Caritas diocesana di Prato a sostegno dei Vescovi dell’Eritrea contro la chiusura forzata e il sequestro di venti scuole cattoliche da parte del Governo. Negli ultimi anni, nel Paese africano c’è un vero e proprio attacco da parte dello Stato nei confronti della Chiesa e delle sue opere compiute a favore della popolazione: prima sono state chiuse o nazionalizzate le cliniche sanitarie gestite da congregazioni religiose o dalle Eparchie (le diocesi dell’Eritrea), adesso è il turno degli istituti scolastici cattolici. La chiusura delle scuole superiori è iniziata nel 2018 mentre adesso è il turno delle altre istituzioni educative, dagli asili alle medie primarie. «La nostra preoccupazione è forte per questa situazione e ci sentiamo direttamente coinvolti perché tra le scuole chiuse o in via di chiusura ci sono anche quelle realizzate con il contributo delle nostre realtà locali di Prato e Firenze», dice Mario Lanza,
condirettore della Caritas diocesana e presidente di Chebì onlus, associazione che da vent’anni porta avanti progetti umanitari in Eritrea.

Il rapporto tra Prato e il martoriato Paese del Corno d’Africa, dove da trent’anni è al potere una spietata dittatura militare, nasce nei primi anni duemila grazie all’interessamento della Caritas e con la nascita di gruppi missionari come Shaleku, l’associazione Madonna della Fiducia e la già citata Chebì onlus. «Fino al 2017 siamo sempre riusciti a inviare alle nostre missioni dai due ai tre container all’anno pieni di generi alimentari, arredi scolastici, medicine e materiale sanitario – dice ancora Lanza –, poi siamo stati bloccati dalle autorità locali. Negli ultimi tempi, non senza difficoltà, abbiamo potuto far arrivare qualche aiuto di tipo economico».

L’Eritrea è uno dei Paesi più poveri del mondo, negli ultimi venti anni sono scappate almeno un milione di persone su una popolazione totale di cinque milioni. Il servizio sanitario e scolastico fornito da religiosi, come le suore Figlie della Carità, ed Eparchie è importante se non fondamentale in zone nelle quali non c’è
assolutamente alcun sostegno da parte dello Stato. La scuola di Hagaz, per esempio, è nata con il contributo della Caritas di Prato e di Shaleku e si trova a Keren, un territorio del tutto privo di servizi. «Anche questa struttura è destinata a chiudere, per questo abbiamo deciso di rilanciare la denuncia pubblica dei vescovi eritrei», conclude Lanza.

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