Qualcuno diceva che non c’è niente di più triste di una messa in cui prega solo il sacerdote. Non sarà proprio così, ma certo è che oggi le chiese sono poco frequentate. Non vale più l’adagio secondo il quale il centro del paese è la chiesa e il centro della chiesa è la messa della domenica.
L’etnologo e antropologo Marc Augé fa notare come a livello globale venga praticata una religione unica e senza dei, celebrata in stadi da ventidue giocatori e un arbitro davanti a una folla che può raggiungere la cifra di 50.000 individui. Un evento seguito «con la stessa fede da milioni di praticanti a casa, talmente a conoscenza dei dettagli della liturgia che, apparentemente senza scambiarsi una parola, si alzano, gridano, strepitano o si rimettono a sedere allo stesso ritmo della folla riunita in uno stadio».
Un fenomeno sociale il calcio, mette prontamente in guardia Marc Augé, difficile da definire. Fino dalle sue origini intreccio di sacro e profano (le chiese sono all’origine di club storici come Aston Villa e Bolton Wanderers, dove giovani sacerdoti, che avevano praticato il calcio, credevano alle sue virtù morali e fisiche, ma anche i pub, dove si può discutere prima della partita e dopo cenarvi e farsi una bevuta, hanno altresì contribuito al formarsi di numerosi club); elite e popolo (i club sorti grazie alla passione dei giovani delle classi medie che volevano continuare lo sport praticato a scuola e i club costituiti dagli operai di una determinata azienda); dilettantismo e professionismo (giocare per giocare o giocare per vincere?).
Olè, olè, olè Saint Etienne! cantano i tifosi del Saint Etienne sull’aria dell’ Ave Maria.
Gli stadi (con in più l’amplificazione dei media, in particolare la televisione) come i luoghi dove si compiono ancora dei grandi rituali, gesti ripetitivi che sono anche delle iniziazioni, in cui l’attesa si colma con la celebrazione stessa: «alla fine del tempo regolamentare le sorti saranno decise ma il futuro sarà esistito – frammento di tempo puro, grazia proustiana ad uso popolare. Questo futuro condannato velocemente all’anteriorità ridiventa possibile a scadenze regolari. È probabilmente caratteristico di un’epoca e di una società che questi frammenti di tempo bastino alla nostra felicità».
Marc Augé è noto per le sue ricerche in Africa occidentale e sulla dimensione cosmopolita che accomuna i popoli coloniali e l’occidente; tra i suoi titoli Un etnologo nel metrò e Nonluoghi. Introduzione a una antropologia della surmodernità.
Marc Augé – Footbal
Il calcio come fenomeno religioso
EDB 2017
Lorenzo Mercatanti