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La mia verità (Maria Debora Zucca)

Il treno mi riportava a casa finalmente, correva sulle rotaie ma avrei voluto frenare la sua corsa, perché più correva, più mi avvicinavo a casa, alla mia famiglia. Non che non volessi stare con loro, la mia famiglia è una grande famiglia, una di quelle che ti stanno sempre vicino, che si preoccupano per qualsiasi cosa, che ti supportano in tutto. Avrebbero supportato la mia scelta ora? Non sapevo che pensare, il mio sguardo verso il finestrino guardava fuori ma immaginava allo stesso tempo i loro visi, le loro facce di fronte alla mia verità. Ero partita a 18 anni a Pisa per studiare, avevo scelto Storia dell’Arte, mi piaceva l’atmosfera dei musei, l’immergermi completamente e profondamente nelle opere, domandandomi che cosa stesse pensando in quel momento l’autore, per creare qualcosa di così meraviglioso! I miei mi fecero partire, perché avevano capito la mia passione, il mio desiderio di approfondire tutto questo, ed io felicissima avevo intrapreso questo cammino. Riuscì nel giro di 5 anni a conseguire la mia laurea, poi ebbi un’occasione più unica che rara, collaborare ad un progetto di restauro e conseguire un master per diventare restauratrice. Dopo alcuni anni grazie a questa grande possibilità, trovai lavoro in un laboratorio come restauratrice e tutt’ora è qui che lavoro. A casa sono tornata poche volte, sia lo studio che il lavoro mi occupavano talmente tanto tempo che le occasioni di scendere giù in Puglia, paese mio di origine, erano veramente poche. Mio padre mi ha sempre accolto, interessandosi della mia situazione finanziaria, per lui era importante che avessi sempre il denaro per fronteggiare le spese, mia madre era più affettuosa si preoccupava della mia salute, alimentazione e naturalmente dei miei studi. Ogni volta che tornavo mi chiedevano se avevo un ragazzo, ma io ho sempre sorvolato su questi argomenti, spiegando loro che il tempo libero era veramente poco, e che era molto più importante dedicarsi alle attività di studio o di lavoro. In un certo senso li capivo, avevo ormai trent’anni, età da matrimonio e figli, quindi cosa aspettavo? Durante il mio master conobbi una collega, Daniela, avevamo la stessa età, molte cose in comune, e la passione per l’arte. Abbiamo iniziato a frequentarci come amiche, passavamo molto tempo insieme, alla fine ci siamo rese conto che eravamo importanti l’una per l’altra, e da persone mature abbiamo parlato molto chiaramente dei nostri sentimenti, di ciò che provavamo l’una per l’altra. Abbiamo continuato a frequentarci, a condividere gran parte dei nostri momenti lavorativi e non, fin quando abbiamo preso la decisione di vivere insieme. Ci vogliamo bene, ci curiamo l’una dell’altra, e abbiamo bisogno delle nostre tenerezze. Non sapevo come definirlo io tutto ciò, come l’avrebbero capito e definito i miei? Il treno correva sempre più veloce, presto sarei arrivata, ad un tratto senti prendermi la mano: Daniela era con me, su quel treno, la portavo a casa dei miei per fargliela conoscere. Avevo detto loro che sarei arrivata con un’amica, e loro come al solito si erano già dati da fare per farla sentire a proprio agio, come fanno con tutti. La guardai e le sorrisi. La mia famiglia avrebbe capito? Finalmente arrivammo in stazione, a prenderci era venuto mio fratello più piccolo, mi abbracciò fortissimo, e mi diede un bacio: «ah quanto ci manchi sorellina!!». Anche loro mi mancavano, ero contenta, l’aria del mio paese mi dava conforto e mi faceva sperare in una risoluzione felice! Si perché dentro la vivevo con grande ansia e paura. Facemmo il viaggio in macchina, con mio fratello che faceva il terzo grado a Daniela. Quando finalmente arrivammo, era già pronto il pranzo, uno di quelli che stai a mangiare per tre giorni di seguito!
Tutti diedero subito importanza e attenzione a Daniela, la coccolarono con i manicaretti, le facevano i complimenti, era tutto bellissimo. Beh piaceva, perché era una persona adorabile, simpatica, divertente. Poi dopo un poco i complimenti e i ringraziamenti vennero rivolti a me: complimenti per la mia carriera, per i miei sacrifici, e per tutto ciò che ero riuscita a costruire. Il mio sorriso era fisso, sorridevo e pensavo come sarebbe cambiato il clima se avessi parlato chiaramente, non so se sarei riuscita ancora per molto a celare la mia preoccupazione. Ma mia madre che mi conosce molto bene, nonostante abbia lasciato la casa dei miei giovanissima, mi prese in disparte e mi chiese: «cosa c’è? Tu sei preoccupata! Allora non vuoi dirmi cosa ti preoccupa!». La guardavo e cercavo nei suoi occhi già un’approvazione, ma dalla mia bocca non uscivano parole. Daniela ad un certo punto, si è avvicinata a noi e sorridendogli gli ha detto: «credo di essere io la causa della sua preoccupazione. Noi ci vogliamo bene, e vogliamo vivere la nostra vita insieme!». Mi sentì il cuore a mille aspettando la risposta di mia madre, ma nel suo viso, non notai sorpresa o stupore, era come se lo sapesse già. Mi prese tra le mani il viso, mi baciò e mi disse: «figlia mia ti voglio bene e la tua felicità e la mia felicità». Poi rivolta a Daniela le disse: «prenditi cura di lei, so che lo farai, e spero che siate felici insieme». I miei occhi iniziarono a lacrimare e piansi come una bambina. Gli altri vedendomi piangere chiesero subito cosa era successo. «Niente», – disse mia madre – «la gioia di rivederci, e per noi sarà una gioia avere in casa una figliola in più, Daniela farà parte della nostra famiglia!» Fu a quel punto che scattò un grande applauso, mentre io continuavo a piangere, Daniela mi sorrideva abbracciandomi e la mia famiglia era ancora li ad accogliermi, supportarmi e preoccuparsi per me. Credo sia stato il giorno più bello della mia vita, temevo e sbagliavo, la mia famiglia era la cosa più bella che avevo insieme a Daniela, la mia vita sarebbe stata ancora più piena, e finalmente non ci sarebbe più stata la mia verità nascosta, ma me stessa, quella di sempre, e la mia famiglia quella di sempre.

Maria Debora Zucca

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