Fra tre giorni ricorre il settantesimo anniversario della Liberazione dall’occupazione nazifascista. In montagna a combattere per la libertà si trovarono uomini tra di loro molto diversi, per cultura e fede politica, ma accomunati da un unico obiettivo, riscattare l’Italia dal buio del ventennio fascista e darle finalmente una Costituzione Democratica e Repubblicana. La Carta Costituzionale affonda le sue radici nella lotta partigiana, è in mezzo ai pericoli che quella scelta comportò che cominciò a germogliare, ispirata dai valori che dettero origine alla resistenza. Oggi siamo alla vigilia di una revisione della legge elettorale che combinata con le modifiche Costituzionali già approvate realizza un indubbio arretramento democratico.
C’è una distanza abissale tra quegli uomini, operai, studenti, contadini, intellettuali che dettero origine alla nostra democrazia e, l’attuale classe politica, non solo per tensione etica e morale, dedizione al bene comune, ma anche per spessore e cultura politica.
In questo anniversario, proprio in ragione del rischio che corriamo legato alla revisione della Carta si dovrebbero ricordare tutti i martiri per la libertà che per essa sono caduti. Questo è impossibile, l’elenco sarebbe troppo lungo. Possiamo però prendere, con la forza dei versi di Salvatore Quasimodo, come simbolo del sacrificio di tutti quello della famiglia Cervi a cui dedicò una poesia indimenticabile,
“scrivo ai fratelli Cervi
non alle sette stelle dell’orsa: ai sette emiliani
dei campi. Avevano nel cuore pochi libri
morirono tirando dadi d’amore nel silenzio.”
Questi versi sono sufficienti per rievocare il sacrificio dei tanti che trassero forza per restituirci dignità e libertà “da questo umanesimo di razza contadina.”
Mi auguro che la memoria dei “sette emiliani dai campi” faccia breccia nel cuore di una classe politica mediocre e come una sorta di illuminazione laica riesca ad evitare una brutta legge elettorale e una pericolosa riscrittura della legge Fondamentale dello Stato.
Manuele Marigolli