Raccontare una delle tante stragi naziste compiute in Toscana, quella che per Prato è sempre presente nelle celebrazioni del 6 settembre e ogni giorno tra le viuzze del piccolo borgo di Figline. Lo fa il giornalista Ciro Becchimanzi, nel romanzo L’agguato, con l’intenzione di approfondire una storia che molti conoscono solo a sommi capi, vista la scarsità di fonti a disposizione. La storia è quella dei 29 partigiani catturati e impiccati dai nazisti proprio nel giorno della liberazione, il 6 settembre 1944, della città di Prato.
L’Agguato è in uscita in questi giorni su iniziativa dell’editore fiorentino Jolly Roger e contiene un’introduzione del sindaco Matteo Biffoni e due contributi storici di Enrico Iozzelli, responsabile didattica Museo e centro di documentazione della deportazione e della resistenza di Prato e di Matteo Mazzoni, direttore Istituto storico toscano della resistenza e dell’età contemporanea. Nel volume di Ciro Becchimanzi anche alcuni scatti del fotografo pratese Endrio Corrado.
Il libro sarà presentato giovedì 25 aprile, alle ore 18, al Museo della deportazion Insieme all’autore saranno presenti il sindaco Biffoni, la presidente della Fondazione museo della deportazione e resistenza Aurora Castellani, Iozzelli e Mazzoni.
«La storia dei 29 partigiani impiccati a Figline nel settembre del ’44 mi ha sempre incuriosito e appassionato – racconta Becchimanzi – Fin dal 1989, quando appena arrivato a Prato risiedevo proprio a due passi dal luogo dell’eccidio. Come tanti pratesi, poi, ho quasi sempre partecipato alla fiaccolata del 6 settembre e lì, più volte, mi sono chiesto quanto si conoscesse realmente di quella strage, quanto i giovani sapessero di come si erano svolti i fatti, di come era, insomma, la città in quegli anni tragici della guerra e dell’occupazione nazifascista. Cominciai quindi a cercare fonti, scritti e saggi storici: tra questi una vecchia pubblicazione del Comune di Prato, un piccolo opuscolo dal titolo “Come si muore per l’Italia libera”, che riportava la trascrizione di diari e racconti orali. Mi venne quindi l’idea di provarne a farne un breve romanzo, intrecciando diverse vicende di quei giorni, sempre con l’assillo di non eccedere in fantasia. Spero che questa mia velleità possa risultare utile a riaccendere i riflettori su quella strage, che fu il tragico epilogo di una rappresaglia crudele quanto inutile da parte di un esercito ormai sconfitto. Che possa, quanto meno incuriosire i giovani, in questi tempi così difficili, dove i valori come libertà e antifascismo, che altre generazioni avevano nel dna, sono messi in discussione, a volte oltraggiati e calpestati. Anche per questo ho voluto dedicare questo libro alla memoria di Lorenzo Orsetti, partigiano della libertà del terzo millennio. Voglio ringraziare – conclude – tutti coloro che hanno reso possibile la pubblicazione ed in particolare la Fondazione Museo della Deportazione e Resistenza, alla quale andrà parte dei ricavati delle vendite».
Il 5 settembre 1944. I partigiani della Brigata Buricchi ricevono l’ordine dal Cln di scendere a Prato perché le truppe alleate sono alle porte. Ormai a pochi chilometri dalla città, vengono attaccati dai tedeschi. Il grosso della Brigata riesce a sfuggire all’agguato, ma una trentina di uomini, quasi tutti giovanissimi, vengono catturati e poi giustiziati per impiccagione nel piccolo borgo di Figline. Forse ci fu una soffiata? Una spia vendette il segreto dell’ordine impartito dai capi del Cln o più semplicemente il Comando partigiano non aveva scelto il percorso migliore per la discesa della Brigata su Prato? Alcuni sfollati sono costretti dai tedeschi ad assistere al massacro per lasciare traccia della loro crudeltà. Una storia vera, ricostruita attraverso i pochi scritti lasciati dai testimoni diretti ed indiretti di una delle tante stragi naziste in Toscana.