Il primo dicembre 1970 viene approvata in Italia con il voto del partito comunista, dei partiti socialisti e del partito liberale la legge sul divorzio, legalizzandolo.
La legislazione sul divorzo in Italia ha una storia lunga, che risale a prima dell’Unità.
Il primo stato moderno della penisola italiana a consentire nella propria legislazione il divorzio fu il Regno d’Italia napoleonico (1805-1814), il quale emanò il cosiddetto “Codice civile napoleonico” il 5 giugno 1805. Esso fu seguito, sempre durante la dominazione napoleonica della penisola italiana, dal Regno di Napoli che, sotto il governo di Gioacchino Murat, emanò lo stesso codice. Questo, fra le altre cose, consentiva il divorzio e il matrimonio civile, fra le polemiche che tali provvedimenti suscitarono nel clero più conservatore, che vedeva sottratto alle parrocchie il privilegio della gestione delle politiche familiari risalente al 1560. Benedetto Croce riuscì a trovare, per tutto questo periodo, non più di tre casi di divorzio: un po’ per l’impopolarità dell’istituzione, un po’ perché i giudici, minacciati di scomunica, frapponevano ogni possibile difficoltà.
Dopo l’Unità d’Italia de 1860 nel corso dei decenni ci furono molti tentativi di introdurre il divorzio nella legislazione del nuovo stato, ma fallirono tutti.
Una proposta di legge per l’istituzione del divorzio venne presentata per la prima volta al Parlamento italiano nel 1878. A prendere l’iniziativa fu un deputato del Salento, Salvatore Morelli, noto per le sue doti di uomo integerrimo e per essere stato precedentemente rinchiuso in un carcere borbonico sotto accusa di cospirazione. Da tempo si occupava di problemi sociali ed in particolare di quelli riguardanti la famiglia. Dopo la sua morte, avvenuta nello stesso anno in cui il suo secondo tentativo di introdurre la legge fallì, il divorzio trovò altri fautori, e progetti di legge in suo favore vennero presentati nel 1882, nel 1883 e, dopo un periodo di silenzio, comparirono ancora nel 1892 per opera dell’onorevole Villa. Bisognò aspettare il 1902 perché si avesse l’impressione che una legge divorzista stesse realmente prendendo forma. Infatti in quell’anno il governo di Giuseppe Zanardelli presentò un disegno di legge che prevedeva il divorzio in caso di sevizie, adulterio, condanne gravi ed altro, ma anche questa volta il disegno di legge fallì con 400 voti sfavorevoli contro 13 a favore. Nel 1920 ci fu battaglia fra i socialisti (che dichiaravano che in certi casi il divorzio «in virtù dei soli principi religiosi non si può rigettare») e il Partito Popolare Italiano, cioè i cattolici. Più tardi Mussolini, coi Patti Lateranensi del 1929, si pronunciò contro e dovettero passare 34 anni prima che la legge sul divorzio venisse riportata in discussione.
Il 26 ottobre 1954 il deputato socialista Luigi Renato Sansone presentò alla Camera un disegno di legge per l’istituzione del cosiddetto piccolo divorzio, applicabile solo ai matrimoni con scomparsi senza lasciare traccia, condannati a lunghe pene detentive, coniuge straniero in presenza di divorzio all’estero, malati di mente, lunghe separazioni fra i coniugi o tentato omicidio del coniuge. La proposta non fu nemmeno discussa e fu ripresentata il 12 giugno del 1958 da Sansone, assieme a Giuliana Nenni, al Senato. Neanche al Senato vi fu una discussione sul disegno di legge che pur aveva alimentato un vivace dibattito nel Paese.
Nel 1965, in concomitanza con la presentazione alla Camera dei deputati di un progetto di legge per il divorzio da parte del deputato socialista Loris Fortuna, iniziava la mobilitazione del Partito Radicale per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema dell’istituzione del divorzio in Italia. Soprattutto dopo il 1969, insieme alla Lega italiana per l’istituzione del divorzio (LID), il partito si mobilitò con grandi manifestazioni di massa e una continua azione di pressione sui parlamentari laici e comunisti ancora incerti.
Il primo dicembre 1970 il divorzio venne infine introdotto nell’ordinamento giuridico italiano; nonostante l’opposizione della Democrazia Cristiana, del Movimento Sociale Italiano, della Südtiroler Volkspartei e dei monarchici del Partito Democratico Italiano di Unità Monarchica, con i voti favorevoli del Partito Socialista Italiano, del Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria, del Partito Comunista Italiano, del Partito Socialista Democratico Italiano, del Partito Repubblicano Italiano e del Partito Liberale Italiano, venne approvata la legge 1º dicembre 1970, n. 898 – “Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio” (la cosiddetta legge Fortuna-Baslini), risultato della combinazione del progetto di legge di Loris Fortuna con un altro pdl presentato dal deputato liberale Antonio Baslini; La nuova legge stabiliva che «il giudice pronuncia lo scioglimento del matrimonio […] quando […] accerta che la comunione spirituale e materiale tra i coniugi non può essere mantenuta o ricostituita».
Gli antidivorzisti, quindi, si organizzarono per abrogare la legge attraverso il ricorso al referendum: nel gennaio del 1971 venne depositata in Corte di cassazione la richiesta di referendum da parte del “Comitato nazionale per il referendum sul divorzio”, presieduto dal giurista cattolico Gabrio Lombardi, con il sostegno dell’Azione cattolica e l’appoggio esplicito della CEI e di gran parte della DC e del Movimento Sociale Italiano.
Dopo il deposito presso la Corte di Cassazione di oltre un milione e trecentomila firme, la richiesta superò il controllo dell’Ufficio centrale per il referendum e il giudizio di ammissibilità della Corte Costituzionale.
Il 12 maggio 1974, con il Referendum abrogativo del 1974, meglio conosciuto come Referendum sul divorzio, gli italiani furono chiamati a decidere se abrogare la legge Fortuna-Baslini che istituiva in Italia il divorzio: partecipò al voto l’87,7% degli aventi diritto, votarono no il 59,3%, mentre i sì furono il 40,7%: la legge sul divorzio rimase così in vigore e lo è tutt’ora.
Immagine d’apertura: 1970, Fortuna e Baslini festeggiano l’approvazione della legge sul divorzio
Bibliografia e fonti varie
- Diana De Vigili – La battaglia sul divorzio. Dalla Costituente al Referendum.–
- Giambattista Scirè – Il divorzio in Italia. Partiti, Chiesa, società civile dalla legge al Referendum Bruno Mondadori Editore , Milano 2007.
- Code civil des Francais, Parigi, 1804.
- Codice di Napoleone il Grande (PDF), Firenze, Molini, Landi e Comp., 1806.