Ci rivediamo lassu

Lemaitre: «Il popolo italiano non è un buon modello per l’Europa»

Una Montecristo in gonnella compie una spietata vendetta su chi ha causato la rovina della sua famiglia, aiutata da una sorta di moschettiere. Solo che questo non accade nel Settecento o nell’Ottocento. L’autore è un contemporaneo, Pierre Lemaitre, che con la sua conversione al romanzo storico popolare ha conquistato conquistato con Ci rivedremo lassù il Prix Goncourt nel 2013. Lo scrittore francese conferma il passaggio – almeno per il momento – alla narrazione storica, con il seguito del precedente romanzo, I colori dell’incendio ( Mondadori), uscito in libreria il 4 settembre, nel quale si seguono ancora le vicende della famiglia Péricourt, e in particolare di Madeleine, alla morte del padre.

Come mai la conversione al romanzo storico?
Non è una scelta voluta. Quando ho scritto “Ci rivedremo lassù” avevo in mente un poliziesco ambientato nel periodo dopo la prima guerra mondiale, ma mi sono reso conto che il codice genetico di questa storia non era quello di un romanzo giallo e per questo ho scelto di sacrificare molte pagine già scritte e cambiare genere. Un giallo richiede per la sua struttura molte costrizioni: inchieste, indizi, piste false, ma scrivere senza questa struttura mi dava l’impressione di una gran libertà. Come essere in discesa.

Come si spiega il successo di questa sua reinvenzione del romanzo popolare?
La letteratura ottocentesca lavorava più sul piacere del lettore che sul suo interesse, mentre quella del Ventesimo secolo si è focalizzata sullo scrittore, come in Proust, che ha vinto il Goncourt come me e per questo ritengo collega di ufficio. In seguito si è ricominciato a sperimentare il piacere della lettura, che è molto antico. Basta pensare alle Mille e una Notte e a Omero. Gli antichi comprendevano il mondo tramite le storie.

Il suo ultimo romanzo è straordinariamente pieno di personaggi privi di scrupoli, cinici e manipolatori. E’ la sua idea della natura umana?
Hitchcock diceva “Migliore il cattivo, migliore il film”. Credo che farcire un romanzo di personaggi malvagi sia un modo per renderlo piacevole e interessante.

I suoi romanzi precedenti sono contraddistinti anche da violenze, sevizie, persone mutilate.
Mio padre era disabile, e ho vissuto con lo spettacolo di un uomo rovinato.

Parliamo della protagonista, Madeleine. La scelta di un personaggio femminile è casuale o legata in qualche modo al quadro attuale?
Fra le risonanze che vi sono tra ieri e l’oggi vi è il sentimento che la caduta possa avvenire in qualsiasi momento. Gli anni Trenta, che ho scelto come sfondo del romanzo, con la crisi americana incombente, ne sono un simbolo. La maggioranza dei francesi, rispondendo a un sondaggio, non ha escluso di potersi trovare senza fissa dimora. Ormai il rischio della caduta è permanente.
Gli anni Trenta sono romantici, caratterizzati dalle due dimensioni della bellezza e della passione insieme alla distruzione. Quel periodo storico è molto fragile e al tempo stesso contraddistinto da donne bellissime.

A un certo punto del romanzo uno dei protagonisti, il giornalista André, si vede chiedere se il blocco Italia – Francia possa essere una soluzione efficace contro l’alleato tedesco e se creda all’Italia. Lei crede all’Italia?
Credo all’Italia, ma non a quella di oggi. Amo il popolo italiano ma non quello che sta diventando oggi. Sono attento alla sua evoluzione e non vorrei che si pensasse che oggi l’Italia è un buon modello per l’Europa.

Crede che la vendetta possa essere una risposta politica?
Lo è nel mio romanzo e nel quadro degli anni Trenta. Ma generalmente sono pochissimi i politici all’altezza del loro ruolo. Le persone sono generalmente caratterizzate da pulsioni egoiste. Per me una risposta giusta è quella della sinistra radicale. Io sono un privilegiato, tra i pochi scrittori che possono vivere bene grazie al mio lavoro, ma voto per la gente che porterà via i miei beni facendo però il bene degli altri. Non sono come Houellebecq che dice di non poter votare per la sinistra perché è ricco.

Tornando al genere che fino a poco fa l’ha contraddistinta come autore, in Italia si scrivono veramente tanti gialli, come si fa a distinguere quelli di qualità?
Temo non sia possibile saperlo fino a che non si sia letto il libro, ma vi è sicuramente una cosa da non fare, credere alle quarte di copertina, a cui è molto difficile resistere, salvo che poi si finisce per odiare gli editori per i quali i libri sono tutti dei capolavori. La produzione infinita di gialli, che si verifica anche in Francia, porta al disprezzo per la letteratura popolare.

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