Uno spettacolo nato da una lunga esperienza di teatro in carcere, una storia d’amore senza tempo, tra una madre e un figlio difficile, una testa di legno che intraprende la cattiva strada e alla fine si lancia nella Grande Impresa che lo condurrà tra le braccia di un ingiusto e paradossale destino.
Sabato 9 febbraio alle 21, Livia Gionfrida porta al Teatro delle Donne di Calenzano Gioia, di cui è interprete e autrice. Con questo spettacolo Livia Gionfrida si è aggiudicata il premio dell’Associazione Nazionale Critici di Teatro 2018, tra i maggiori riconoscimenti del settore.
Dialetto siciliano e animazioni video si alimentano di suggestioni letterarie, simboli provenienti dall’immaginario religioso, fatti di cronaca e interviste realizzate in carcere. Ne viene fuori una singolare drammaturgia originale, sospesa tra fiaba e realtà, che ha per protagonisti gli ultimi, i calpestati.
«Da qualche anno ho nella testa l’idea di fare uno spettacolo che parli di morti ammazzati per mano dello Stato – spiega Livia Gionfrida – Non è un argomento facile per me. Lavoro in carcere, dove da molto tempo conduco una singolare esperienza di ricerca teatrale. Ho conosciuto in questi anni molti detenuti e conosco il duro impegno di chi, agenti e operatori, lavora all’interno degli istituti di pena. Il desiderio che ha fatto nascere Gioia non è stato dunque quello di tracciare un facile confine tra buoni e cattivi ma piuttosto quello di raccontare delle storie che in questi anni ho sentito maturare dentro di me».
«Le storie di Stefano Cucchi e di altri che come lui hanno attraversato insieme alle loro famiglie un terribile calvario, le vicende e i crimini commessi lungo la cattiva strada che alcuni detenuti mi hanno raccontato in questi anni, hanno acceso in me la necessità di provare a scrivere questo monologo – prosegue – Il lavoro qui proposto fa parte di un fecondo progetto che ha dato vita a studi autonomi e molto distanti tra loro. Gioia ne rappresenta lo sviluppo e il punto estremo, in cui nascita e morte si incrociano e perdono i contorni. Per questa ultima stesura ho scelto la lingua siciliana, per i suoi colori aspri e rassegnati con i quali volevo descrivere una famiglia qualunque, senza strumenti economici e culturali, senza difesa».
Scene e animazioni di Alice Mangano, dipinti di Nicola Console, musiche e suoni di Andrea Franchi, assistente alla regia Giulia Aiazzi. Spettacolo nell’ambito della rassegna What’s Up che Teatro delle Donne dedica alle nuove realtà teatrali.
Biglietti da 5 a 13 euro, riduzioni per over 60, under 25, soci Coop, Arci, ATC, iscritti ai corsi di formazione, studenti universitari e residenti nel comune di Calenzano.
Prevendite online su www.ticketone.it e nei punti vendita dei circuiti Boxoffice Toscana www.boxofficetoscana.it/punti-vendita.
Teatro Metropopolare ha sede a Prato e dal 2007 lavora stabilmente all’interno della Casa Circondariale La Dogaia, il carcere maschile di Prato diventato per il collettivo una vera e propria residenza artistica. Metropopolare fa parte del Coordinamento Regionale Toscano e del Coordinamento Nazionale di Teatro in Carcere.