Lo sguardo delle donne sulle tragedie e la bellezza del mondo

Ma ci sono anche storie di riscatto sociale delle donne che vivono in realtà sociali non facili: donne che gestiscono piccole attività nello Zambia, donne dalit, o senza casta, che in India lavorano come assistenti sanitarie; le racconta Lynn Johnson, e le fa eco Kitra Cahana con il suo reportage sulle aspirazioni degli adolescenti contemporanei di Austin, in Texas, attraverso le loro esperienze “trasgressive”: un viaggio fra centri di piercing, concerti scatenati, luci notturne.
Ancora in Texas, ma su un altro versante: la comunità religiosa della Chiesa fondamentalista di Gesù Cristo. Qui, per alcuni mesi, ha vissuto Stephanie Sinclair, nonostante la diffidenza di molti degli adepti, per cercare di capire le ragioni di chi tanto facilmente rinuncia al proprio libero arbitrio. Nonostante la comunità sia stata oggetto di indagini di polizia per una vicenda di matrimoni poligami, anche con minorenni, contratti dai capi, dalle fotografie e dalle successive testimonianze non emergono storie di abusi subiti dalle donne che vi abitano. Nonostante siano costrette a fare il bagno vestite, a indossare abiti quasi monacali, e a seguire uno stile di vita lontano dal secolo.
Dare voce a chi non ce l’ha. Questa la missione che si è assunta Lynsey Addario, americana del Connecticut, molto attiva in Afghanistan, altro Paese dove le violenze sulle donne sono purtroppo all’ordine del giorno. Ed è per sfuggire agli abusi coniugali, alle violenze familiari, che tante donne, anche giovanissime, preferiscono il suicidio, praticato per auto immolazione. Fariba, undici anni, è sopravvissuta, pur con terribili ustioni sul corpo, alle fiamme che l’hanno avvolta. Una fotografia che racchiude in sé una scia lunghissima di sofferenze, e che l’eloquente silenzio di uno sguardo spaurito rende ancora più tragica.
Ma l’animo femminile, tradizionalmente vocato all’ottimismo, fa l’impossibile per scoprire e lanciare messaggi che siano altrettanti segni di speranza nel mondo. Da parte sua, Addario ha documentato il faticoso ritorno alla normalità nell’Iraq del dopo Saddam e la missione militare americana. Baghdad dopo la tempesta, realizzato nel 2011, è il reportage sul graduale riaffermarsi di una quotidianità fatta di piccole e grandi gioie, come godersi un film al cinema o la celebrazione di un matrimonio, e di gesti semplici ma gravidi di desiderio di normalità e di pace, come il nutrire i gabbiani sulle rive del Tigri. Uomini e donne che ritrovano sé stessi, dopo un decennio di guerra, che ancora non è completamente finita. E mentre i colleghi uomini inviano in Occidente innumerevoli immagini dai fronti caldi del Paese, le donne sono lì, nelle apparenti retrovie, a raccontare con quale forza l’umanità cerca di riaggrapparsi alla vita. E soprattutto, a raccontare un mondo arabo che non sempre si identifica con l’integralismo religioso.

Anche la bellezza della natura – che la società industrializzata sta sistematicamente distruggendo o mettendo in pericolo -, è patrimonio dell’umanità, nonché fonte di meraviglia, di pace e serenità. Beverly Joubert, attenta alla salvaguardia della flora e della fauna, ha catturato il fascino selvaggio dei leopardi, delle zebre e degli elefanti del Botswana. Diane Cook, invece, ha raccontata la natura in città, con i “tetti verdi” di Chicago e New York, e il recupero dell’ex ferrovia sopraelevata della Grande Mela, divenuto un parco urbano, il cui progetto è stato molto apprezzato alla Biennale d’Architettura di Venezia del 2012.
E ancora, le donne catturano situazioni complesse, come i culti sospesi fra cristianesimo e paganesimo in Venezuela, la vita quotidiana nei poveri villaggi del Nepal, il carnevale di Venezia, il popolo Sami che si sposta fra Svezia e Norvegia, gli Uiguri in Cina.
Probabilmente la fotografia non può cambiare il mondo, ma con la forza dell’immagine che le è propria, più di mille parole può scuotere le coscienze davanti alle tragedie del mondo, può far conoscere angoli nascosti del pianeta, e far innamorare della sua bellezza. Con un tocco di femminilità.

Niccolò Lucarelli

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