Magellano ucciso dai guerrieri nativi di Lapulapu a Mactan

Il 27 aprile 1521 Ferdinando Magellano viene ucciso in una battaglia nelle Filippine sull’isola di Mactan contro i guerrieri indigeni del datu locale Lapulapu.

La spedizione di Ferdinando Magellano, che si concluderà con la prima circumnavigazione del mondo, aveva lasciato la Spagna nell’agosto del 1519 in una missione volta a trovare una rotta verso ovest per le Molucche, le Isole delle Spezie. Il 16 marzo 1521 (calendario giuliano), Magellano avvistò le montagne di quella che oggi è Samar. Questo evento ha segnato il primo arrivo documentato arrivo di europei nell’arcipelago. Il giorno seguente, Magellano ordinò ai suoi uomini di ancorare le loro navi sulle rive dell’isola di Homonhon.

Lì, Magellano fece amicizia con Rajah Kolambu e Rajah Siagu, re di Limasawa, che lo guidò a Cebu. Lì incontrò Rajah Humabon, il Rajah di Cebu. Quindi, Rajah Humabon e la sua regina furono battezzati nella fede cattolica, prendendo i nomi cristiani Carlos, in onore del re Carlo di Spagna, e Juana, in onore della madre del re Carlo. Per commemorare questo evento, Magellano diede a Juana il Santo Niño, un’immagine del bambino Gesù, come simbolo della loro nuova alleanza e tenne la loro prima messa sulla costa.

Come risultato dell’influenza di Magellano su Rajah Humabon, fu emesso un ordine ai capi vicini che ciascuno di loro doveva provvedere alle scorte di cibo per le navi e convertirsi al cristianesimo. La maggior parte dei capi obbedì all’ordine; tuttavia, Datu Lapulapu, uno dei due capi nell’isola di Mactan, fu l’unico capo a mostrare la sua opposizione. Lapulapu ha rifiutato di accettare l’autorità di Rajah Humabon in queste questioni. Questa opposizione si è rivelata influente quando Antonio Pigafetta, cronista del viaggio di Magellano, scrive: “Venere, a ventisei de aprile, Zula, principale de quella isola Matan, mandò uno suo figliuolo con due capre a presentarle al capitano generale e dicendoli come li mandava tutta sua promessa, ma per cagion de l’altro principale, Celapulapu, che non voleva obbedire al re di Spagna, non aveva potuto mandargliela: e che ne la notte seguente li mandasse solamente uno battello pieno de uomini, perchè lui li aiutaria e combatteria”.

Rajah Humabon e Datu Zula hanno quindi suggerito a Magellan di andare sull’isola di Mactan e costringere il suo capo suddito Datu Lapulapu a rispettare i suoi ordini. Magellan vide l’opportunità di rafforzare i legami di amicizia esistenti con il sovrano della regione di Visayan e accettò di aiutarlo a sottomettere il resistente Lapulapu.

Come riporta sempre Pigafetta, Magellano provò a convincere Lapulapu a non combattere:

A mezza notte se partissemo sessanta uomini armati de corsaletti e celate, insieme al re
cristiano, li principi e alcuni magistri, e venti o trenta [dei] balangai, e tre ore innanzi lo giorno
arrivassemo a Matan. Lo capitano non volse combatter allora; ma li mandò a dire, per lo Moro, che se volevano obbedire al re di Spagna e recognoscere lo re cristiano per suo signore e darne lo nostro tributo, li sarebbe amico: ma, se volevano altramente, aspettasseno come ferivano le nostre lance.
Risposero [che] se avevamo lance, [loro] avevano lance de canne brustolate e pali brustolati, e che non andassimo allora ad assaltarli, ma aspettassemo [che] venisse lo giorno, perchè sarebbono più gente.
Questo dicevano, a ciò [che] andassemo a ritrovarli, perchè avevano fatto certi fossi tra le case
per farne cascar dentro.

Illustrazione dal diario di Antonio Pigafetta che mostra Cebu, Mactan e Bohol; con un’etichetta che indica che il “capitano generale” è morto a Mactan (1525 circa)

Pigafetta continua scrivendo di come Magellano dispiegò quarantanove uomini in armatura con spade, asce, scudi, balestre e pistole, e salpò per Mactan la mattina del 28 aprile. Venne in loro aiuto anche un certo numero di guerrieri nativi che si erano convertiti al cristianesimo. Secondo Pigafetta, a causa degli affioramenti rocciosi e del corallo vicino alla spiaggia, i soldati spagnoli non potevano sbarcare su Mactan. Costretto ad ancorare le loro navi lontano dalla costa a causa delle acque poco profonde piene di rocce e barriere coralline, Magellano non poteva portare i cannoni delle sue navi contro i guerrieri di Lapulapu, che secondo Pigafetta contavano più di 1.500. Scrive infatti Pigafetta:

Venuto lo giorno, saltassemo ne l’acqua fino alle cosce quarantanove
uomini; e così andassimo più di due tratti di balestra innanzi [che] potessimo arrivar al lito. Li
battelli non poterono venire più innanzi per certe pietre che erano nell’acqua. Li altri undici uomini restarono per guardia de li battelli. Quando arrivassemo in terra, questa gente avevano fatto tre squadroni de più de millecinquecento persone. Subito, sentendone, ne venirono addosso con voci grandissime, due per fianco e l’altro per contro. Lo capitano, quando viste questo, ne fece due parti e così cominciassemo a combattere. Li schioppettieri e balestrieri tirarono da lungi quasi mezza ora invano, solamente passandoli li targoni fatti de tavole sottili e li brazzi. Lo capitano gridava “non tirare, non tirare”, ma non li valeva niente

Al momento dello sbarco, il piccolo gruppo di Magellano fu immediatamente attaccato dai nativi con una pesante raffica di armi a distanza, composta da frecce, giavellotti di “bambù” con punta di ferro (probabilmente bangkaw di rattan), bastoni induriti dal fuoco e persino pietre. Circondarono la squadra di sbarco di Magellano, attaccando dal fronte e da entrambi i fianchi. La pesante armatura degli spagnoli li proteggeva bene, l’attacco a distanza causò infatti solo una manciata di vittime agli europei, ma era comunque pesantemente demoralizzante per le truppe.

I moschettieri e i balestrieri sulla barca hanno cercato di fornire supporto sparando dalle barche. Sebbene l’armatura leggera e gli scudi dei nativi fossero vulnerabili alle armi a proiettile europee, l’iniziativa ebbe scarso effetto, poiché sparavano da una distanza estrema e i guerrieri nativi li evitavano facilmente. A causa della stessa distanza, Magellano non poteva comandare loro di fermarsi e salvare le munizioni, e i moschettieri e i balestrieri continuarono a sparare per mezz’ora fino a quando le munizioni non furono esaurite.

Magellano, sperando di facilitare l’attacco diede fuoco ad alcune case, ma questo fece infuriare ancora di più gli indigeni. Magellano fu infine colpito da una freccia avvelenata che lo prese alle gambe non coperte dall’armatura, nel momento in cui i nativi caricarono gli europei per un combattimento ravvicinato.

Scrive a riguardo Pigafetta:

Vedendo questo, lo capitano generale mandò alcuni a brusare le sue case per spaventarli.
Quando questi visteno brusare le sue case, diventarono più feroci. Appresso de le case furono
ammazzati due de li nostri, e venti, o trenta case li brusassemo; ne venirono tanti addosso, che passarono con una frezza venenata la gamba dritta al capitano: per il che comandò che se
retirassimo a poco a poco: ma loro fuggirono, sicchè restassimo da sei o otto con lo capitano.
Questi non ne tiravano in altro, se non a le gambe, perchè erano nude. Per tante lancie e pietre che ne traevano non potessemo resistere. Le bombarde de li battelli, per esser troppo lungi non ne potevano aiutare
“.

Molti dei guerrieri attaccarono specificamente Magellano. Nella lotta, fu ferito al braccio con una lancia e alla gamba da una grande spada nativa (probabilmente un kampilan). Coloro che stavano al suo fianco furono facilmente sopraffatti e uccisi, mentre gli altri che cercarono di aiutarlo furono colpiti da lance e spade. Con questo vantaggio, le truppe di Lapulapu hanno infine sopraffatto e ucciso Magellano. Pigafetta e pochi altri sono riusciti a scappare.

Così Pigafetta descrive la morte di Magellano:

Questi, conoscendo lo capitano, tanti se voltorono sopra de lui, che due volte li buttarono lo celadone fora del capo; ma lui, come buon cavaliero, sempre stava forte. Con alcuni altri più de una ora così combattessemo e, non volendosi più ritirare, uno Indio li lanciò una lanza de canna nel viso. Lui subito con la sua lancia lo ammazzò e lasciogliela nel corpo; volendo dar di mano alla spada, non potè cavarla, se non mezza per una ferita de canna [che] aveva nel brazzo. Quando visteno questo tutti andorono addosso a lui: uno con un gran terciado (che è como una scimitarra, ma più grosso), li dette una ferita nella gamba sinistra, per la quale cascò col volto innanzi. Subito li furono addosso con lancie de ferro e de canna e con quelli sui terciadi, fin che lo specchio, il lume, el conforto e la vera guida nostra ammazzarono.
Quando lo ferivano, molte volte se voltò indietro per vedere se èramo tutti dentro ne li battelli:
poi, vedendolo morto, al meglio [che] potessemo, feriti, se ritrassemo a li battelli, che già se
partivano. Lo re cristiano ne avrebbe aiutato, ma lo capitano, innanzi [che] desmontassimo in terra, gli commise [che] non si dovesse partire dal suo balangai e stesse a vedere in che modo
combattevamo. Quando lo re seppe come era morto, pianse.
Se non era questo povero capitano, niuno de noi si salvava ne li battelli, perchè, quando lui
combatteva, gli altri si salvavano ne li battelli.

Tornata precipitosamente a bordo delle navi la rimanente forza spagnola ed eseguito l’ordine di rientro da parte dei quattro Spagnoli che si trovavano a Cebu per mercanteggiare, due nuovi comandanti furono immediatamente nominati, il Portoghese Duarte Barbosa, parente di Magellano, e lo Spagnolo Giovan Serrano.

Nelle ore immediatamente successive alla battaglia accadde che l’interprete della spedizione e schiavo di Magellano, tal Enrique di origini forse malesi, rimanesse chiuso nella sua cabina lamentando l’impossibilità di aiutare nelle normali operazioni di bordo e di scendere a terra a causa di alcune ferite ricevute durante la battaglia. Pigafetta scrive che per questa sua indolenza fu duramente frustato dal nuovo comandante della nave capitana, Barbosa, che lo aveva anche minacciato di portarlo in Spagna come schiavo della moglie di Magellano, Madonna Beatrice. Questo violento trattamento di Enrique – secondo il Pigafetta – determinò la decisione dell’interprete di ordire un tradimento ai danni degli Spagnoli.

L’isola di Mactan nelle Filippine, di fronte a Cebu

Stando alla testimonianza del Pigafetta, dunque, il re di Cebu – che si era convertito forse opportunisticamente al cristianesimo per assicurarsi un forte alleato come gli Spagnoli, ma che aveva visto come essi fossero stati miseramente sconfitti da uno dei due Re della piccola Mactan – accettò di partecipare al tradimento e il giorno del 1º maggio invitò gli Spagnoli a visitarlo nella sua casa, perché avrebbe dato loro le gioie che aveva promesso a Magellano come regalo al re di Spagna. Andarono quindi ventiquattro degli Spagnoli, fra cui Giovan Serrano e l’astrologo della spedizione, San Martin de Seviglia, convinti di trovare degna accoglienza e lauti banchetti. Il Pigafetta non poté scendere a terra perché “tutto enfiato per una ferita de frezza velenata che aveva ne la fronte”.

Dopo qualche tempo, però, un battello tornò di gran fretta alle navi trasportando Gioan Carvaio, compare di Serrano, secondo il quale qualche cosa di poco chiaro si stava preparando a terra; subito dopo, infatti, grandi urla si levarono dalla spiaggia. Immediatamente furono salpate le ancore e, avvicinatesi a terra, le navi cominciarono a bombardare l’abitato di Cebu.

Così terminò la battaglia di Mactan, con Magellano ucciso, una trentina di morti e l’equipaggio decimato a tal punto che, subito dopo, presso la vicina isola di Bohol, i superstiti decisero di affondare, bruciandola, la nave Concepcion per mancanza di marinai.

A seguito di tutti questi eventi, Juan Sebastián Elcano, nuovo comandante della spedizione, condusse fino alle Molucche le due caracche superstiti, la Trinidad e la Victoria, portando a compimento l’intento che era stato di Magellano. In seguito la Trinidad rimarrà bloccata per un’avaria ed Elcano deciderà di veleggiare verso ovest con la Victoria per raggiungere la Spagna. Vi giunse nel 1522, al comando dei diciassette superstiti della spedizione, dopo aver completato la prima circumnavigazione del mondo.

Per le Filippine, la conseguenza della vittoria di Lapulapu su Magellano fu il ritardare di 44 anni la colonizzazione da parte degli spagnoli, sino alla conquista da parte di Miguel López de Legazpi nel 1564–1565. Oggi, Lapulapu è celebrato nelle Filippine come un eroe per la sua resistenza all’imperialismo spagnolo.

Il 27 aprile 2017, il presidente filippino Rodrigo Duterte ha dichiarato il 27 aprile (la data in cui è avvenuta la battaglia di Mactan) come la Giornata di Lapulapu per onorare il primo eroe del paese che ha sconfitto il dominio straniero. Duterte ha anche firmato l’Ordine Esecutivo n. 17 che crea l’Ordine di Lapulapu che riconosce i servizi dei lavoratori del governo e dei privati cittadini in relazione alle campagne e ai difensori del Presidente.

Durante la prima stagione regolare del 14 ° Congresso delle Filippine, il senatore Richard Gordon ha presentato un disegno di legge che propone di dichiarare il 27 aprile come festa nazionale filippina ufficiale da essere conosciuto come Adlaw ni Lapulapu, (Cebuano, “Giorno di Lapulapu” ).

Immagine d’apertura: una rappresentazione della battaglia di Mactan nel santuario di Magellano, un parco commemorativo sull’isola di Mactan nella città di Lapu-Lapu a Cebu, nelle Filippine

Bibliografia e altre fonti

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