L’11 gennaio 630 d.C il fondatore e profeta dell’Islam Maometto conquista La Mecca, otto anni dopo essere stato costretto a fuggire dalla città.
Nel 622 d.C Maometto era stato costretto a fuggire dalla città della Mecca dove aveva vissuto a lungo, a causa della ostilità dei Quraysh, la tribù di mercanti politeisti signori della città e ostili alla nuova religione monoteista che stava predicando.
Il profeta era fuggito nella vicina città di Medina, dove inizialmente si ritenne un profeta inserito nel solco profetico antico-testamentario, ma la comunità ebraica di Medina non lo accettò come tale in quanto non appartenente alla stirpe di Davide. Nonostante ciò, Maometto predicò a Medina per otto anni e qui, fin dal suo primo anno di permanenza, formulò la Costituzione di Medina (Rescritto o Statuto o Carta, in arabo Ṣaḥīfa) che fu accettata da tutte le componenti della città-oasi e che vide il sorgere della Umma, la prima Comunità politica di credenti.
A seguito dell’esodo musulmano, i Meccani requisirono tutte le loro proprietà nella città. Impoveriti e senza entrate, i musulmani avviarono necessariamente aperte ostilità armate contro Mecca, razziando le sue carovane. A giustificare tali ostilità era innanzi tutto il desiderio di vendicare quanto essi stessi avevano subito per anni dagli Arabi politeisti nella loro città natale ma anche, e non secondariamente, di acquisire benessere, potere e prestigio in attesa di realizzare l’obiettivo finale di conquistare La Mecca.
La conquista della Mecca avvenuto nel 630 fu quindi la conclusione di un lungo conflitto armato tra i musulmani di Maometto e i politeisti della città, confronto la cui prima significativa battaglia, la battaglia di Badr, risaliva al 624.
L’Accordo di al-Ḥudaybiyya del marzo 628 aveva comportato anche una tregua decennale tra i politeisti meccani e i musulmani di Medina. L’uccisione però un ventennio prima di un beduino dei B. Nufātha, clan appartenente ai B. Bakr b. ʿAbd Manāt b. Kināna, da parte dei B. Khuzāʿa (una famiglia dei Quraysh), pur apparentemente risolto con il pagamento del “prezzo del sangue”, non aveva mai sopito del tutto i rancori tra i due gruppi. L’uccisione quindi, alla fine del 629, di un arabo dei B. Khuzāʿa, tribù ora alleata con Maometto, da parte di un arabo dei B. Bakr (alleati ai Quraysh), ebbe effetti ben più gravidi di conseguenze di uno dei non rari omicidi dovuti alle frequenti dispute intertribali, dal momento che essa comportava automaticamente la rottura della tregua raggiunta in margine all’Accordo di al-Ḥudaybiyya. A nulla servì una delegazione meccana guidata dallo stesso Abū Sufyān b. Ḥarb, giunta a Medina per convincere i musulmani della estraneità dei Quraysh all’episodio. L’Accordo di al-Ḥudaybiyya contemplava infatti la fine della tregua anche in caso di violazione da parte degli alleati dell’una o dell’altra parte e Maometto fu inamovibile.
Le truppe dei musulmani ammontavano a circa 10mila unità, acquisite grazie alle varie alleanze intessute da Maometto negli anni con altre tribù della regione, mentre i Quarysh potevano contare su meno di 4mila unità.
La resistenza dei Quraysh fu quindi molto esigua e l’11 gennaio Maometto aveva già conquistato la città. Dopo la vittoria si recò con l’amico e seguace Abū Bakr sulla spianata dove sorgeva la Kaʿba (all’epoca al culto della divinità maschile di Hubal).
Qui toccò la Pietra Nera col suo bastone ed effettuò il ṭawāf (circuambulazione) mentre gli astanti pronunciavano il takbīr (un movimento del corpo), e dispose la distruzione di tutti gli idoli rimasti al suo interno, ivi compreso l’idolo di Hubal.
Immagine d’apertura: la Ka’ba oggi
Bibliografia e fonti varie
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- W.M. Watt, Muhammad at Medina, Oxford, Clarendon Press, 1956.
- C. Lo Jacono, Maometto, Roma-Bari, Laterza, 2011. ISBN 978-88-420-9550-7