Maurizio Landini ha lanciato la sua proposta di coalizione sociale. L’idea è interessante, ricostruire un blocco sociale, partendo dalla rete delle organizzazioni della solidarietà, per contrastare le politiche del governo guidato dal segretario del Pd Matteo Renzi. Il “Prode di Rignano”, con il jobs act e la cancellazione di fatto dello Statuto dei Diritti dei Lavoratori, attraverso l’abolizione dell’articolo 18, ha deciso di attaccare frontalmente le libertà dei lavoratori, il loro diritto di auto organizzarsi nei posti di lavoro, dentro un sistema di garanzie. Neppure la Confindustria sperava in tanto. Con questo atto il PD ha rotto definitivamente con la storia e i valori della componente maggioritaria che lo ha fondato. Attardarsi a non riconoscere questo fatto come fa la componente della sinistra PD è sbagliato. Le scelte di Matteo Renzi hanno reciso le radici che tenevano il partito legato al movimento operaio.
Molti tra i militanti che hanno fondato il PD avevano inteso traghettare nella nuova forza politica le migliori esperienze della sinistra italiana, mantenendo inalterato il profilo di un partito legato ai valori del lavoro e dei diritti, confermando il suo legame con il movimento sindacale, in particolare con la Cgil. Oggi di tutto questo non è rimasto traccia, oggi della sinistra e dei suoi capisaldi si è perso ogni riferimento. Il PD ha fatto una inversione ad U, roba da ritiro della patente, senza un congresso, senza una discussione. Il giovane nocchiero ritiene che confrontarsi sia roba vecchia, che rallenta, che non consente di essere veloci. Discutere nel nuovo corso è una perdita di tempo, basta che lo sappia il comandante dove portare la nave, l’equipaggio deve ubbidire, non interessarsi della rotta e dell’approdo. Di fatto il “Prode di Rignano” ha trasformato il PD da partito di centro sinistra a forza neo centrista. Questo ribaltone valoriale non riguarda unicamente i diritti sul lavoro, ma anche altri aspetti decisivi per il Paese, come la qualità della nostra democrazia. Si sta operando una riforma costituzionale che stravolge la nostra Carta, nata dalla Resistenza, che trasferisce poteri enormi nelle mani dell’esecutivo senza i necessari contrappesi. Si alterano e sbilanciano gli equilibri con il legislativo e il giudiziario. Di fronte a questo scenario non è sufficiente una coalizione sociale. Certo è utile come punto di osservazione critico, per non essere tutti omologati dentro il pensiero unico, per rilanciare una visione che superi il rigorismo, per difendere il perimetro pubblico, per riaffermare l’idea del bene comune, ma non basta. I soggetti che Landini ha invitato a discutere sono portatori di istanze sociali e devono necessariamente porsi il problema di come queste vengono tradotte in azione politica dentro le assemblee elettive: nei Consigli Comunali, nei Consigli Regionali, nel Parlamento. Sarebbe sbagliato se i soggetti sociali cambiassero la loro natura e divenissero essi stessi direttamente partito, ma dovrebbero porsi il problema su chi rappresenta chi nelle istanze istituzionali. Perciò dovrebbero lavorare per favorire la nascita di una nuova formazione che sia lo strumento politico di queste istanze. Un soggetto che recuperi le diverse anime che hanno attraversato la storia e le diaspore della sinistra italiana e rivitalizzi la loro storia in nuovo inizio, stare sul territorio e dare voce, rappresentanza, ai bisogni del blocco sociale di riferimento che dovrebbe avere nel lavoro il proprio cardine. Finalmente non partire dal leader, ma dalle cose da fare. L’ambizione è grande e condivisibile ma va chiarito un punto, se si vuole ridare speranza ad una sinistra dispersa, va occupata la prateria che il PD ha lasciato libera a sinistra. Questo spazio va occupato in modo strutturato, il blocco sociale di riferimento necessita di certezze e non è facendo gli extraparlamentari che si difendono meglio gli interessi di chi ha pagato il prezzo più alto di questa maledetta crisi.
Manuele Marigolli