Con Pietro Folena autore del libro “Enrico e Francesco” e Michele Ventura
Metti una sera due dirigenti storici della sinistra italiana, Pietro Folena e Michele Ventura, ruoli di primo piano e più volte deputati, dal Pci, al Pds ai Ds, un po’ o tanto lontani dal Pd e molto ormai dalle vicende della politica attiva, nel circolo 29 Martiri di Figline, luogo simbolo della Resistenza pratese e della sua Liberazione, a parlare di Enrico Berlinguer e dei suoi “pensieri lunghi” ripercorsi in un libro da Folena, che da segretario della federazione del Pci di Padova era in quel lontano giugno del 1984, dietro il palco sul quale il segretario comunista si accasciò, colpito dal malore che lo portò alla morte: ne viene fuori una serata solo apparentemente un po’ agè, di sicuro attraversata da sapori antichi, cucinati però sul presente e sul futuro, per dare corpo al “bisogno di sinistra” (Folena) e ad una “forza neosocialista” (sempre Folena), che metta termine nella logica dell’autore ma anche del suo interlocutore all’inverno della sinistra italiana, a “l’evaporazione”, per stare al titolo della parte conclusiva del volume “Enrico e Francesco/Pensieri lunghi” (edizione Castelvecchi), su “come e perché è stato disperso” il suo patrimonio.
Vasto programma intellettuale e di ricerca, verrebbe da dire, se Folena, con un’operazione ardita, quasi annullando il tempo, non avesse tentato di mettere in relazione dialogica, “rigorosamente su scritti e di questi leader”, che lui stesso in premessa del libro definisce “impossibile”, il segretario del Pci, caduto nel pieno della battaglia politica, durante un comizio (una morte che suscitò un’eco grandissima), e Francesco, il Papa che proviene non dal centro dell’Occidente, e che quindi in affinità con Berlinguer, può “andare oltre, nella costante critica alla società e ai privilegi, nell’attenzione agli ultimi e al lavoro”
«Berlinguer, anche quando ha spinto il Pci, con la strategia del compromesso storico, verso il governo, è stato sempre coerente con l’idea di una azione trasformatrice, che non si identificasse mai col governo»: nelle parole, pronunciate da Ventura, nella sala del circolo Arci, davanti ad una platea di volti temprati dagli echi di esperienze meno ravvicinate, ma anche attuali come il segretario del Pd di Prato Marco Biagioni, c’è tutto il senso della serata, dell’improduttività dell’”opzione moderata” eseguita dai dirigenti della sinistra italiana, europea ed internazionale, dopo la caduta (1989) del Muro di Berlino e la ”fine della storia” (Fukuyama), e della necessità di riannodare percorsi originali e innovativi con le proprie radici, che poi nella testimonianza di Folena è “L’ultimo Berlinguer”, il capitolo aggiunto alla nuova edizione de “I ragazzi di Berlinguer”. Il Berlinguer, per dirla con Folena a Figline, che consente di “ridare autonoma alla politica, di non pensare che la politica consista nei talk show con i soliti ospiti che girano dall’uno all’altro, che non si affida al solo mercato e che ricomincia a pensare nuovamente al “sole dell’avvenire” aprendosi a pensieri altri, ma soprattutto coltivando l’amore per gli altri, l’amore per il popolo, perché questo è stato ed è l’essenza del socialismo».
ll Berlinguer che nel 1983 va ad Assisi ad incontrare i frati del Sacro Convento, e ricorda che Francesco, nel pieno della crociata, raggiunse il campo saraceno e il Sultano, per predicare “la pace in nome di Cristo e degli uomini”, il Berlinguer della “questione morale” come crisi profonda della politica e dei partiti, il Berlinguer che scorge la rivoluzione femminile e invece di emancipazione usa quasi sempre il termine “liberazione”, il Berlinguer sempre dalla parte del lavoro ma che intuisce le possibilità della rivoluzione telematica, a suo tempo solo agli inizi, come fattore di progresso umano, il Berlinguer che si cimenta con la “crisi del mondo” e inizia a prefigurare forme di governo planetario, il Berlinguer che coglie la questione ambientale e il superamento di “un sistema in cui i caratteri distintivi sono lo spreco e lo sperpero”.
“Il tempo è drammaticamente poco” scrive Folena nelle ultime righe del libro per evitare anche nel nostro Paese una definitiva “rottura definitiva”. La speranza, e qui Berlinguer-Folena torna a Papa Francesco, al suo esempio “che dimostra che un’altra Chiesa è possibile”.