Con la Nazionale fuori dai mondiali c’era da inventarsi qualcosa, da passare l’estate. Qualcosa per morire e rinascere dietro al pallone. È nato un cortometraggio, protagoniste due squadre azzurre, formate da vecchi e nuovi italiani. Un film per una storia di calcio, di quelle che soltanto dal calcio e con il calcio possono nascere. Andate a vederla, domani, al Teatro di Rifredi.
Il cortometraggio si chiama Il mondiale in piazza e sarà proiettato sabato 27 aprile, in occasione dell’ultima recita dello spettacolo di Michele Santeramo Storia d’amore e di calcio. Il corto è stato diretto da Vito Palmieri, regista dal percorso artistico concentrato su piccole grandi opere filmiche dai temi di forte attualità, ha curato la regia dei cortometraggi proiettati nello spettacolo di Michele Santeramo il quale, dal conto suo, ha firmato con lui la sceneggiatura di Il mondiale in piazza.
La storia parte appunto dall’esclusione della Nazionale azzurra ai mondiali di calcio 2018. In un paese del sud Italia, un gruppo di ragazzi non si scoraggia e decide di organizzare un mondiale parallelo, da giocarsi lì, in piazza, tra l’Italia e le altre nazionali composte da immigrati. Alcuni di loro però sono nati in Italia, e si sentono quindi italiani al cento percento. Come fare? La soluzione è una sola: giocheranno due Italia. E vediamo chi vince.
«Milioni di italiani hanno pianto e sofferto per la mancata qualificazione dell’Italia ai Mondiali di Russia 2018. Per la prima volta, dopo sessant’anni, è venuto a mancare il più tradizionale appuntamento calcistico, rara occasione di unità nazionale: da lì, una sensazione di improvviso smarrimento, che accomuna tutti i cittadini italiani, persone nate e vissute in Italia, che hanno condiviso percorsi scolastici, abitudini e stili di vita. A prescindere dal colore della pelle o dal nome che i genitori hanno dato loro. Da questa riflessione è nata l’idea del cortometraggio “Il Mondiale in piazza”, che ho voluto ambientare nel sud dell’Italia, a Bitonto, mia città d’origine, dove convivono tante comunità diverse di immigrati stabilmente residenti sul territorio, tra cui numerosi giovani di seconda generazione», ha scritto e spiegato Vittorio Palmieri.