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Museo Novecento Firenze | CECILY BROWN. Temptations, Torments, Trials and Tribulations | dal 30 settembre 2023


“Nel momento in cui c’è un’immagine chiara, la mente si assesta. E io non voglio che si stabilizzi. Mi piacciono l’inquietudine, l’apertura e l’ambiguità che ci sono quando c’è un continuo cambiamento in corso”. –
C. Brown

Il Museo Novecento al centro dell’attenzione nazionale e internazionale con la nuova mostra di Cecily Brown “Temptations, Torments, Trials and Tribulations”


Nell’ambito della terza edizione della Florence Art Week, le sale al piano terra del Museo Novecento tornano ad ospitare, dal 30 settembre prossimo e fino al 4 febbraio 2024, un focus sulla pittura contemporanea presentando le opere di una delle sue più talentuose esponenti, la pittrice inglese Cecily Brown che più di ogni altra ha saputo reinventare il rapporto tra l’arte contemporanea e la grande arte figurativa dei secoli scorsi. Protagonista in questo periodo di una mostra personale al Metropolitan Museum di New York, l’artista espone i suoi lavori per la prima volta a Firenze al Museo Novecento e in Palazzo Vecchio, in quella che si preannuncia come la mostra più sofistica ed emozionante dell’anno.

La mostra personale dell’artista, nata a Londra nel 1969 e residente a New York dal 1994, raccoglie oltre trenta lavori, tra cui dipinti e opere su carta, per lo più inediti, nati da una riflessione attorno alle Tentazioni di sant’Antonio soggetto ampiamente indagato dagli artisti nei secoli, come il giovanissimo Michelangelo Buonarroti, che, secondo Giorgio Vasari, si misurò con la riproduzione a colori di un’incisione di Martin Schongauer. Nei suoi dipinti la Bronw cerca un dialogo con la storia dell’arte, ma la tradizione figurativa viene messa a servizio del linguaggio moderno, tanto astratto quanto espressivo, con una pittura sempre sontuosa, vibrante eppure controllatissima.

Il titolo scelto da Cecily Brown per questa mostra fiorentina, “Temptations, Torments, Trials and Tribulations”, evoca la vita di ascesi, battaglie spirituali e privazioni del santo. In via del tutto eccezionale verrà esposta, nella cappella al piano terra del Museo Novecento, una versione su tavola di epoca rinascimentale delle Tentazioni di Sant’Antonio, di collezione privata, che, come quella attribuita al giovane Michelangelo – oggi conservata al Kimbell Art Museum di Fort Worth in Texas e databile tra il 1487 e il 1489 -, deriva dalla medesima incisione di Martin Schongauer. Un’occasione assai rara per poter osservare l’immagine che ha ispirato Cecily Brown insieme ai risultati del suo dialogo con la composizione.

Alimentata da una profonda conoscenza della storia dell’arte e dei suoi maestri, Cecily Brown si cimenta con un soggetto della tradizione senza indugiare nel fascino della citazione, ma rendendo Antonio Abate in perturbanti e originali composizioni, innervate di forza e colore. Impastati di energia fisica, i dipinti sono dominati da un turbinio di invenzioni formali, astratte e figurative allo stesso tempo, in cui pennellate vorticose generano un caos ordinato, che dissolve i confini temporali e spaziali e trasmette a poco a poco un inaspettato senso di armonia, equilibrio e sottile sensualità. Da quello che a prima vista appare un ammasso confuso e magmatico di pennellate, emergono improvvise lacerazioni cromatiche. Dal profluvio di colori affiorano corpi, animali, dettagli anatomici, oggetti ed elementi di vegetazione. La perturbante emozione suscitata da questa orgia di colori e forme è come una cascata di suoni di diverso carattere e intensità, una danza meravigliosa in cui le figure nascono e si disfano in fluide correnti di impasto pittorico. Mentre gli occhi non trovano pace nel groviglio di colori, nelle orecchie si mescolano note di diversa durata, timbro e umore, e la pittura diviene un’esperienza che coinvolge tutti i sensi. Ora lenta e grave, la pennellata si fa larga e vivace, frenetica, ebbra, scatta via rapida o scivola adagio. L’immagine si crea attraverso stratificazioni e un reticolo di linee, tra grovigli e sgocciolature, un repertorio di gesti che non perde mai l’orientamento, la freschezza, l’immediatezza, una ‘prestezza naturale’ che nel rinascimento era sinonimo di “sprezzatura”.

Per Brown la tela bianca non è un campo di battaglia, un’arena in cui combattere contro la Storia e la Realtà, – come era considerata dai padri dell’Espressionismo astratto. Ogni suo dipinto nasce abbandonandosi al gioco dialettico di analisi e rapimento, provandosi in una reinterpretazione delle immagini precedenti, sia storico-artistiche che di cultura popolare, e coinvolgendo in un processo pittorico vicino alla performance, corpo e anima, cuore e mente, sensi e immaginazione. Le sue Abstract narratives (narrazioni astratte), come le ha definite, non abbandonano mai del tutto la figurazione e mettono in discussione e ironizzano sulla mascolinità storicamente legata all’ Espressionismo astratto e alle sue mitiche figure esplorando le infinte potenzialità della forma e del colore, vitalità, carnalità e sensualità. Una freschezza di pulsante ispirazione e trascendenza gestuale che la Brown mantiene sempre viva, ritornando più volte sul dipinto, in modo da ritrovare sempre quell’intensità e connessione del gesto ideale tra corpo e anima, tra sensi e mente, tra istinto e ragione. Così riesce a mantenere spontaneità e freschezza di ispirazione, lavorando su più tele contemporaneamente in modo da poter sperimentare diverse possibilità compositive.

In mostra, ampio spazio è riservato anche alle stampe [litografie] e ai disegni, quest’ultimi una pratica quasi quotidiana che l’artista utilizza per studiare e interiorizzare fonti, immagini e soggetti che si ritrovano nei dipinti. In alcuni disegni l’artista si è lasciata ispirare dalla celebre incisione di Martin Schongauer con le Tentazioni di Sant’ Antonio, la sua struttura iconografica e figurativa lascia posto a un gioco di linee e tracciati che trasfigurano l’immagine originale in una nuova apparizione pittorica che trasuda di nuove sensazioni e pulsioni: tentazioni, tormenti, paure e tribolazioni, come recita il titolo della mostra, libere adesso di esprimersi con gioiosa passionalità.

L’esposizione prosegue nel Museo di Palazzo Vecchio dove all’interno del Camerino di Bianca Cappello, amante del Duca Francesco I de’ Medici, Brown presenta una sola tela, esercizio di presa di coscienza di diversi livelli di realtà e visibilità. Spoglio di arredi e decorato solo con una volta a grottesche, il Camerino custodiva collezioni e piccoli preziosi della nobildonna Bianca Cappello oltre a una piccola feritoia che le permetteva di osservare in segreto, dall’alto, ciò che accadeva nel Salone dei Cinquecento, luogo dei ricevimenti ufficiali del Palazzo. L’ambiente dissimula dietro una serie di deliziose scene mitologiche a carattere erotico la sua segreta funzione, che poteva essere funzionale a incontri segreti. Il viluppo dei colori quasi nasconde un corpo nudo femminile disteso su un manto di pennellate, che si aggiunge in questa metamorfosi di tempo e spazio alle personificazioni a grottesca delle Tre Grazie, di Andromeda e di Leda.

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