Una varietà di Brassica Rapa Pekinensis, perfettamente acclimatata alla piana di Prato-Firenze

Le verdure altre che Linneo nominò in latino (e le ricette del futuro)

A chiunque paventi intrusioni di specie aliene invasive o geneticamente modificate è utile ricordare che il cavolino verde cinese – come l’ho chiamato per comodità – è coltivato già da decenni nell’Unione europea, specialmente in Spagna, a uso delle chinatown di Londra, Parigi, Amsterdam.
I suoi semi sono facilmente acquistabili online, su ebay o in siti specializzati, in Europa.

Invito le lettrici e i lettori a vincere la diffidenza e a integrarlo nella propria dieta, in quanto si tratta di un ortaggio dalle ricchissime proprietà nutritive e universalmente riconosciuto come super food, alle stregua dei broccoli per capirsi.

Lo stesso vale per i cavoli recentemente descritti come anomali in quanto “grossi come ceste da basket”.

Spero che l’angoscia di fronte alla diversità botanica possa ancora una volta venire ridimensionata dal fatto che uno scienziato svedese nominò questo ortaggio 300 anni fa: brassica rapa pekinensis. Questo cavolo bianco, come propongo di chiamarlo, è una variazione resistente al freddo del cavolino verde cinese, creato per arricchire la dieta delle popolazioni del nord della Cina; e questo avveniva quando ancora la piana di Firenze, Prato e Pistoia era una palude. Il cavolo bianco è chiamato in cinese bai cai (pronuncia “bai zai”, dove bai vuole appunto dire bianco) ed è oggi diffuso in tutto il mondo. In Europa centrale è coltivato almeno dagli anni Sessanta, ad esempio nell’ex Germania dell’est.

Proseguiamo con un altro ortaggio dalle interessanti proprietà organolettiche e nutritive, quello che in cinese è chiamato jie cai (pronuncia: “gie zai”).
Provate il “jie cai fan”, con il riso, è un grande piatto! Oppure saltatelo voi stessi in padella con italianissime salsicce, vi stupirete della sua somiglianza con le cime di rapa, anche se il suo gambo è tenero (quindi si mangia) e leggermente dolce. Propongo di chiamare questo ortaggio mostarda verde (dall’inglese green mustard), un suono più amichevole rispetto alla denominazione linnneiana brassica juncea.

Un altro interessante ortaggio invernale è quello che qui nella piana è chiamato hao cai, una variante di crisantemo di cui si mangia la foglia. Non preoccupatevi delle implicazioni luttuose di questo fiore, perché in Asia ha ben altri significati. Saltatelo in padella con olio d’oliva, aglio e un pizzico di sale, il suo sapore floreale e leggermente balsamico farà vibrare le vostre papille gustative come mai prima.

Potrei continuare elencando molte altre verdure, poiché la biodiversità che questi nuovi antichi contadini hanno introdotto segue il ciclo delle stagioni coerentemente con le indicazioni della medicina tradizionale, che vede nel cibo e nell’armonia con la natura la possibilità di prevenire la malattia. Ed ecco che d’estate saranno le innumerevoli cucurbitacee, identificate in cinese con il carattere gua, le grandi protagoniste degli orti e della tavola, per depurare i corpi con le loro proprietà diuretiche e rinfrescarli nella calura estiva: si gua, don gua, pu gua, nan gua, juan gua… Sono tutte denominate anche in latino, già da alcuni secoli.

La prossima volta che leggerete di verdure anomale chiedetevi: anomale per chi?

I pomodori dovettero sembrare dei frutti inquietanti agli occhi degli europei, quando sbarcarono dal nuovo mondo, e le alloctone patate furono per secoli rifiutate dai contadini che le consideravano il pane del diavolo, crescendo sotto terra. Se dovessimo fare pulizia etnica della nostra dieta verremmo catturati in una spirale regressiva, riducendoci a mangiare cavoli, selvaggina e qualche frutto.
L’oggetto di queste persecuzioni non sono infatti realmente i cavoli lussureggianti della piana, la posta in gioco è molto più grande: è l’identità stessa di una collettività in trasformazione.
Un seme straniero trasforma (simbolicamente) la terra in cui germoglia in un elemento instabile, capace di generare frutti terrificanti o splendidi, a seconda del punto di vista. Spero che la nostra collettività riesca a fare un salto in avanti, abbracciando la variegata bellezza del tempo in cui viviamo. Buon appetito.

4. Fine

LEONE CONTINI

Please follow and like us:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *