Il 15 giugno 1648 viene firmata la pace di Vestfalia che pose termine alla sanguinosa guerra dei trent’anni, un conflitto religioso svoltosi nell’Europa Centrale tra il 1618 e il 1648 che causò tra gli 8 e i 12 milioni di morti.
La guerra dei trent’anni fu una serie di conflitti armati che dilaniarono l’Europa centrale tra il 1618 e il 1648. Fu una delle guerre più lunghe e distruttive della storia europea. La guerra può essere suddivisa in quattro fasi: boemo-palatina (1618–1625), danese (1625–1629), svedese (1630–1635) e francese (1635–1648). Molti storici riconoscono l’esistenza di un quinto periodo oltre ai quattro canonici: il “periodo italiano” (1628-1631), corrispondente alla guerra di successione di Mantova e del Monferrato.
Il conflitto ebbe inizio quando il Sacro Romano Impero cercò d’imporre l’uniformità religiosa sui suoi domini, in violazione del principio del “cuius regio eius religio” della pace di Augusta del 1555 il quale stabiliva il diritto dei principi dell’impero di mantenere nel proprio dominio la religione che desideravano. Gli stati protestanti del nord, indignati per la violazione dei loro diritti acquisiti nella pace di Augusta, quindi si unirono formando l’unione evangelica. L’impero contrastò immediatamente questa lega, percependola come un tentativo di ribellione, suscitando le reazioni negative di tutto il mondo protestante. La Svezia intervenne nel 1630, lanciando un’offensiva su larga scala nel continente. La Spagna, intenzionata a piegare i ribelli olandesi, intervenne con il pretesto di aiutare il suo alleato dinastico, l’Austria. Temendo l’accerchiamento da parte delle due grandi potenze degli Asburgo, la cattolica Francia entrò nella coalizione a fianco della Germania protestante per contrastare l’Austria.
Fu un conflitto particolarmente terribile, caratterizzato da gravissime e ripetute devastazioni di centri abitati e campagne, da uccisioni di massa, da operazioni militari condotte con spietata ferocia da eserciti mercenari spesso protagonisti di saccheggi, oltre che da micidiali epidemie e carestie, fu una catastrofe epocale, in particolare per i territori dell’Europa centrale.
La pace di Vestfalia fu firmata in due località separate a causa dei dissidi tra i cattolici e i protestanti. Dapprima si riunirono i cattolici a Münster e successivamente i protestanti a Osnabrück. Riguardo alla questione religiosa fu confermata la pace di Augusta, fu estesa la tolleranza anche ai calvinisti, e fu stabilito che i sovrani dovessero rispettare le minoranze religiose e che i beni ecclesiastici in possesso dei protestanti fino al 1624 non fossero restituiti alla Chiesa cattolica. I provvedimenti attinenti agli aspetti ecclesiastici includevano il divieto di persecuzione religiosa in Germania e la riaffermazione della pace di Augusta. Se però un principe si fosse convertito ad altra religione, non avrebbe più avuto alcun diritto sulle proprie terre (misura atta a controllare la diffusione della Riforma). La pace di Vestfalia determinò così la fine di un lungo periodo di guerre di religione: i successivi conflitti armati in Europa furono intrapresi per motivi di ordine esclusivamente politico.
Riguardo l’assetto interno dell’impero, venne riconosciuto agli stati membri lo “ius belli ac pacis“, ossia il diritto di guerra e pace, che garantiva loro di avere una propria politica estera pressochè completamente indipendente.
Degno di nota per un conflitto che fu l’ultimo religioso in europa, il paragrafo 52 dell’articolo V del trattato di pace, denominato Itio in partes, consiste nell’eliminazione della religione come elemento centrale dei conflitti politici, separando dunque il campo religioso da quello statale:
«Nelle faccende religiose e in tutti gli altri affari, dove non si può considerare lo stato come un unico corpo, come anche negli stati di confessione cattolica e augustea che si dividono in due parti, un solo accordo divida la lite, senza badare alla pluralità di voti. Ciò che invece si basa sulla pluralità di voti, nelle faccende che riguardano tutti quanti, poiché non è stato possibile decidere questa cosa nel presente incontro, è rimandato ai prossimi incontri.»