Come per la maggior parte dei casi nel nostro vocabolario, la parola Pasqua racchiude – ed esprime- con la propria etimologia il suo significato più profondo.
Considerata la massima solennità dell’anno liturgico cristiano, il giorno della resurrezione di Cristo affonda le sue radici nella Pasqua ebraica, la festività con cui si celebra la liberazione del popolo ebraico.
Per quanto incerta, la sua etimologia deriva dalla tradizione biblica del verbo ebraico pesah (trasformato poi nel greco páskha e nel latino pascha) – probabilmente con il significato di «passaggio» del popolo ebraico dalla schiavitù in Egitto alla Terra promessa attraverso il Mar Rosso, oppure con quello di «passare oltre» riferito al Dio d’Israele che nella notte dell’uccisione dei primogeniti egiziani risparmiò quelli ebrei. Un’altra ipotesi collega il termine pascha con il verbo greco páschein, «soffrire», riferendolo quindi alla passione (páthos) di Cristo.
Quindi, sulla scia della tradizione giudaica, ma trasformata profondamente nei significati, la Pasqua cristiana celebra – già dalla sua etimologia – il «passaggio» dell’uomo dalla schiavitù del peccato all’entrata nella Chiesa, e quello di Cristo «da questo mondo al Padre» (cit. Agostino).
Espressioni oggi comunissime sono nate dall’uso comune o dall’impiego di alcuni scrittori della parola Pasqua: dal boccaccesco «dare la mala Pasqua» – ovvero «affliggere qualcuno» – ad «avere la Pasqua di domenica» – quando accade un fatto che si desidera – secondo un antico proverbio, o «essere felici come una pasqua».
Agnello pasquale
La locuzione agnello pasquale si riferisce alla Pasqua cristiana richiamando le sue origini ebraiche.
Nel giudaismo l’agnello pasquale era uno degli elementi rituali principali in tale celebrazione tanto che la stessa parola «pasqua» era diventata sinonimo di agnello pasquale: da qui le espressioni «immolare la pasqua», «mangiare la pasqua» che troviamo anche nel Nuovo Testamento. Il riferimento rimanda al rituale di immolare l’animale per celebrare l’agnello il cui sangue valse agli ebrei la salvezza dal flagello con cui Dio colpì l’Egitto.
Veicolando la tradizione ebraica e reinterpretando i significati, la Pasqua cristiana festeggia il sacrificio di Cristo, suo salvatore, che si è immolato – come l’agnello pasquale – per la salvezza del suo popolo. Tramite la passione Gesù acquisisce il significato salvifico e da qui deriva il tema della Pasqua come salvezza.
Sebbene gli usi soliti, come in tutte le tradizioni più consolidate – soprattutto nelle festività – tendono a essere tramandati nel tempo, tuttavia la pratica del sacrificio dell’agnello pasquale sta subendo – sempre di più – un significativo arresto; sintomo che la nostra società moderna, al di là delle credenze spirituali, sta maturando una diversa sensibilità in tali ambiti.
Elisa Cesarini