Perché così tanti morti da coronavirus nel Nord Italia e soprattutto in Lombardia? Guido Silvestri, scienziato italiano negli Usa dove insegna Patologia alla Emory University di Atlanta, dirige la Divisione di Microbiologia e Immunologia allo Yerkes National Primate Research Center ed è membro dell’Emory Vaccine Center, prova a spiegarlo passando in rassegna le 5 ragioni plausibili.
Ragioni che possono essere le seguenti: presenza di molte infezioni non diagnosticate, temperatura e umidità, età avanzata della popolazione, aspetti sociali, sovraccarico delle strutture sanitarie. Meno plausibili sono invece altre 4 ragioni: erronea attribuzione di decessi a Covid-19, stato più avanzato della pandemia, inquinamento ambientale, mutazioni genetiche dei virus.
L’analisi «contiene più domande che risposte», premette l’esperto, fondatore con il virologo Roberto Burioni del Patto trasversale per la scienza, ma è utile a «ragionare insieme su un dato che è al contempo importante, sorprendente e allarmante». scrive in un lungo post su Facebook.
«Da diversi giorni la mortalità per Covid-19 è altissima in Italia ed è quasi completamente concentrata nel Nord e Centro-Nord – dice – Infatti al 21 marzo ci sono ‘solo’ 145 decessi, pari al 3% del totale, nelle regioni dal Lazio compreso in giù, nonostante queste comprendano il 45% circa della popolazione italiana. La mortalità nel Nord Italia è alta non solo in termini assoluti ma anche come ‘indice crudo di letalità’, calcolato come rapporto tra decessi e numero totale dei casi confermati – spiega ancora – Questo indice è del 9% in Italia – ricorda lo scienziato – ma in Lombardia è addirittura del 12,3%» e la regione«accoglie oltre il 64% dei decessi italiani per Covid-19, nonostante rappresenti solo il 16,7% della popolazione italiana. Per mettere questi numeri in prospettiva».
Silvestri elenca «come questo indice di letalità si comporta in altri Paesi colpiti da Covid-19, calcolato su dati del Csse della Johns Hopkins University: Iran 7,5%; Spagna 5,4%; Regno Unito 4,4%; Cina 3,7%; Francia 3,6%; Olanda 3,5%; Giappone 3,4%; Belgio 2,4%; Grecia 2%; Usa 1,32%; Corea del Sud 1,16%; Canada 1,1%; Svizzera 0,95%; Brasile/Cile/Argentina 0,89%; Australia 0,65%; Paesi scandinavi 0,63%; Singapore 0,46%; Germania 0,35%; Malaysia 0,34%; Austria 0,26%; Paesi del Golgo 0,21%».
Per quanto questi dati siano in certi casi da prendere con le molle (Cina, Iran, eccetera) – puntualizza – il trend sembra molto chiaro».
Ma da cosa dipende?
Ecco i 9 fattori esaminati da Silvestri.
1) PRESENZA DI MOLTE INFEZIONI NON DIAGNOSTICATE. «È possibile che il vero ‘denominatore’ nel calcolo della letalità sia molto più grande. Per esempio, i casi di infezione da Sars-CoV-2 in Lombardia potrebbero essere 10 volte di più di quelli confermati, cioè 255.000 anziché 25.500 casi. In questo caso, ovviamente, la letalità ‘reale’ sarebbe dell’1,23% anziché del 12,3%, quindi nella media degli altri Paesi». Per l’esperto, tuttavia, «su questo punto si potrà fare chiarezza solo con indagini virologiche e/o sierologiche a tappeto. Conclusione: motivo plausibile, ma che al momento non si può confermare».
2) ERRONEA ATTRIBUZIONE DI DECESSI A COVID-19. «Il ragionamento secondo cui ci sarebbero molte morti ‘con’ Sard-CoV-2 e non ‘per’ Sars-CoV-2. Al di là della sottigliezza grammaticale e del fatto che le cause di morte non sono sempre in bianco e nero, non sono a conoscenza di dati che possano indicare che le morti da Covid-19 siano contate diversamente in Italia da altri Paesi. Conclusione: motivo poco plausibile».
3) STATO PIÙ AVANZATO DELLA PANDEMIA. «Secondo questo ragionamento, in Italia ci sarebbero più casi gravi perché la pandemia ha avuto una durata più lunga (è partita prima). L’argomento, avanzato da Yashka Mounk della Jhu in realtà è debole perché altre pandemie (Cina, Korea, Giappone, eccetera) sono iniziate prima dell’Italia e non c’è al momento ragione di pensare che con il passare del tempo il numero di casi gravi aumenti in modo notevole. Semmai – considera Silvestri – i dati cinesi suggeriscono che la mortalità tende a scendere col progredire della pandemia, probabilmente perché i medici ‘imparano’ a gestire meglio i casi più gravi. Conclusione: motivo poco plausibile».
4) FATTORI AMBIENTALI: TEMPERATURA E UMIDITÀ. «Questo potrebbe spiegare in parte le differenze tra Nord e Sud Italia, come le differenze con altre regioni ‘calde’ del globo (America Latina, Golfo, Sud-Est Asiatico, Australia). Non si spiegano però le differenze con Paesi ‘freddi’ come Canada e Scandinavia. Conclusione: motivo poco plausibile come causa ‘unica’, ma plausibile come co-fattore», avverte Silvestri.
5) FATTORI AMBIENTALI: INQUINAMENTO AMBIENTALE. «L’ipotesi – ricorda il docente – appare in uno studio della Società italiana di medicina ambientale (Sima) a firma di L. Setti dell’Università di Bologna e G. de Gennaro dell’Università di Bari. L’ipotesi può essere interessante in teoria, ma i dati sono correlativi e non è chiaro se ci sia un nesso di causa-effetto. Conclusione: motivo al momento poco plausibile, meriterebbe più studi».
6) ETÀ AVANZATA DELLA POPOLAZIONE. «È noto come l’Italia sia un Paese con molti anziani ed è altrettanto noto che gli anziani sono ad alto rischio di mortalità da Covic-19. L’ipotesi potrebbe spiegare differenze di mortalità con Paesi ‘giovani’ ma, ovviamente, non con Paesi di simile composizione anagrafica (Giappone o Francia). Conclusione: motivo poco plausibile come causa ‘unica’, ma plausibile come co-fattore».
7) ASPETTI SOCIALI. «Si parla molto del fatto che i nonni italiani siano più a contatto dei giovani che in altri Paesi e per questo sarebbero più a rischio di infezione (e quindi di mortalità che, come noto, è alta negli anziani). L’ipotesi è interessante – commenta lo scienziato – ma dovrà essere confermata con studi virologici e/o sierologici che dimostrino come in Italia la percentuale di anziani infettati sia più alta che in altri paesi. Conclusione: motivo non implausibile che meriterebbe più studi».
8) SOVRACCARICO DELLE STRUTTURE SANITARIE. «Qui si ritorna al famoso grafico dello ‘tsunami’ vs. ‘mareggiata’ popolarizzato da Pier Luigi Lopalco. Secondo questo modello – ricorda l’italiano negli Usa – la presenza di un numero molto alto di casi concentrato in un breve lasso di tempo porta a un sovraccarico del Servizio sanitario che risulta in una impossibilità a curare i pazienti nel modo più appropriato per carenza di personale, letti, apparecchiature, eccetera, causando così una più alta mortalità. Conclusione: motivo plausibile che merita studi epidemiologici approfonditi».
9) MUTAZIONI GENETICHE DEL VIRUS. «È un’ipotesi, o meglio, una speculazione, avanzata senza alcun dato virologico di supporto. Conclusione: motivo implausibile sulla base dei dati attualmente disponibili».
«Al momento non sappiamo perché la letalità ‘cruda’ da Covid-19 sia così alta nel Nord Italia. Però questo non deve scoraggiarci, perché la scienza parte sempre dall’ignoranza – cioè dal riconoscere le cose che non si sanno – per poi avanzare delle ipotesi che possano spiegare il fenomeno e quindi programmare esperimenti o studi che possano testare queste ipotesi», conclude Silvestri.